Qui Ferrara – Marrani, il dibattito è aperto
Una storia poco conosciuta al grande pubblico, affascinate quanto dolorosa. Ad aprire questa mattina la terza giornata della Festa del Libro ebraico di Ferrara il convegno “Conversos, marrani e nuove comunità ebraiche nella prima età moderna”, curato dalla professoressa Myriam Silvera, docente dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata. Una tre giorni di lavori, con la partecipazione di studiosi ed esperti di livello internazionale, incentrata dunque sulla figura dei marrani, ebrei della penisola iberica costretti alla conversione al cristianesimo dalle persecuzioni esplose sul finire del XIV secolo. Il percorso di questa realtà lungo i secoli, soggetta alle violenze dell’Inquisizione, ha avuto un evoluzione peculiare, lasciando la propria impronta in diverse parti d’Europa, toccando l’Olanda così come il Meridione italiano. A intervenire questa mattina ai lavori, che proseguiranno nel pomeriggio, Yosef Kaplan dell’Università Ebraica di Gerusalemme (La diaspora sefardita occidentale vista attraverso la storia di Christobal Mendes, converso portoghese del XVII secolo), Pier Cesare Ioly Zorattini dell’Università di Udine (L’Università degli Ebrei e i conversos nella Venezia del Cinquecento) e Claude B. Stuczynski dell’Università Bar Ilan (Il marranesimo come contro-cultura: conseguenze e rischi). A introdurre il convegno, moderato da Myriam Silvera, il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna e il presidente della Fondazione Meis Riccardo Calimani.
Il gran ritorno dei Marrani
Celare la propria identità per evitare le persecuzioni, mantenere il segreto per poter vivere in clandestinità il proprio ebraismo. A partire dalle violente persecuzioni della fine del XIV secolo, a Siviglia e in molte altre città spagnole, migliaia di ebrei dell’antica Sefarad furono costretti alla conversione al cristianesimo. Nacque così la figura del marrano, obbligato a una cristianità esteriore da minacce e violenze ma dentro ancora legato all’ebraismo di cui, al buio, coltivava ancora le tradizioni. Tanto che l’Inquisizione, nella sua opera persecutoria, si adoperò per redigere un manuale per riconoscerli. Come ricorda lo studioso Marco Morselli nella prefazione del libro di Cecil Roth, Storia dei Marrani, gli inquisitori facevano attenzione a chi “il venerdì pomeriggio indossa abiti puliti e festivi e accende candele nuove, se osserva i digiuni di Purim e di Kippur, se mangia pane non lievitato nella settimana di Pesach, se recita berakhot sul vino e sul pane, se osserva la kasherut, se dà ai suoi figli nomi biblici, se li benedice imponendo le mani sul loro capo”.
Il marranesimo e la storia dei conversos sono oggi oggetto di un ampio dibattito storiografico, di cui testimonianza è la due giorni di convegno – a cura di Myriam Silvera (nell’immagine), docente all’Università degli Studi di Roma Tor Vergata – che Ferrara vi dedica all’interno della sua Festa del libro ebraico. Studiosi di ebraismo, storici, rabbini si interrogano su queste figure complesse, che hanno avuto un evoluzione peculiare nel corso dei secoli, lasciando la propria impronta in diverse parti d’Europa, ma in particolare nella penisola iberica così come, storia meno nota, nel Meridione. Il loro ruolo enigmatico e a tratti contraddittorio suscitò nel mondo ebraico del passato diverse polemiche e diffidenze, con i conversos spesso lasciati ai margini o proprio fuori dalle comunità.
Una dimensione di paria che ne rende la storia affascinante quanto tragica. Su di loro scrive lo studioso Martin Kunz: “Se da un lato i marrani rappresentano uno dei capitoli più crudeli e tristi del martirio ebraico sotto il dominio cristiano, essi sono nello stesso tempo uno dei fenomeni più affascinanti dell’inizio dell’età moderna”. Kunz, autore dell’opera I marrani: dramma ebraico, dramma cristiano, ricorda “il loro coraggio, ma anche la loro capacità di adattarsi e di salire alle più alte funzioni dello Stato nemico e della Chiesa che li aveva nullificati, la loro imponente attività economica in tutta l’Europa e nei nuovi territori spagnoli e portoghesi d’oltremare, l’originalità di alcuni pensatori, poeti e uomini di Stato”. Un’impronta che l’autore definisce come una traccia inestinguibile nella storia europea e di cui racconta Myriam Silvera nel presentare il valore del convegno organizzato nel corso della Festa del Libro ebraico. “Un itinerario come quello del rabbino Jacob Sasportas è cosa comune nel panorama dei Sei-Settecento ebraico – scrive Silvera – Originario di Orano, egli passa per Londra, poi per Amburgo, per approdare alla fine dei suoi giorni ad Amsterdam. Se questo è possibile è perché in tutti i contesti che egli attraversa vi è una comunanza linguistica, si esprime la medesima cultura, si hanno le medesime radici. Sono proprio le radici iberiche delle comunità ebraiche di Amsterdam, Amburgo e Londra che consentono di disegnare uno sguardo d’insieme sul Nord Europa ebraico nel corso del Convegno Marrani, conversos e nuove comunità ebraiche nella prima età moderna”.
“In quel contesto – sottolinea la professoressa – emergono anche le comuni preoccupazioni suscitate dalla presenza ebraica nei tre diversi paesi, in ognuno dei quali si pratica in larga maggioranza una diversa declinazione del protestantesimo (luteranesimo, calvinismo e anglicanesimo), che si traducono in un fermissimo divieto a ogni forma di proselitismo imposto agli ebrei locali”. Lo sguardo si apre dunque a realtà diverse da quella di provenienza dei marrani. “Formate da conversos provenienti da Spagna e da Portogallo che fuggono dalle persecuzioni inquisitoriali e/o sono in cerca di nuovi spazi di espansione economica, le comunità di Amsterdam, Amburgo e Londra si caratterizzano in breve tempo per l’efficienza della loro organizzazione interna e per il proliferare di istituzioni educative e assistenziali. Ne sono i migliori testimoni i registri delle deliberazioni dei consigli comunitari delle tre città”.
Puntando la lente sulla storia inglese, Silvera ricorda l’intreccio tra le realtà ebraiche e le vicende storiche d’Oltremanica. “Se le comunità di Amsterdam e di Amburgo nascono a breve distanza l’una dall’altra, la comunità di Londra si forma invece mezzo secolo dopo e – ciò che è più singolare – con uno stretto rapporto di dipendenza rispetto ad Amsterdam. Chi visiti oggi la sinagoga portoghese di Bevis Markt a Londra, costruita sul modello della più imponente sinagoga portoghese di Amsterdam, ne sarà convinto. Ma nei rapporti tra le due comunità è sopratutto centrale la figura del rabbino Menasseh ben Israel che nel 1655, in prossimità del capodanno ebraico, partì da Amsterdam alla volta di Londra per perorare presso Oliver Cromwell il diritto all’insediamento ufficiale di una comunità ebraica. Per l’esame della questione fu creata a Whitehall un’apposita commissione, i cui lavori si conclusero con esiti meno felici di quanto sia Cromwell che Menasseh si aspettassero. Le conquiste ottenute sono dovute soprattutto alle petizioni di conversos spagnoli residenti in Inghilterra che chiedevano la protezione del Commonwealth, minacciati a causa della guerra con la Spagna della confisca dei loro beni in Inghilterra. Si giunse così, attraverso questo singolare itinerario, a un riconoscimento de facto della presenza ebraica”. Lo sguardo poi si volge all’Italia. “Interessante è anche la posizione che la comunità ebraica di Venezia assume in questo rapporto Amsterdam-Londra. Poiché molte delle istituzioni ebraiche olandesi si ispirano alle consorelle veneziane (si pensi per esempio all’associazione che si occupa di reperire una dote per le fanciulle povere) possiamo decisamente affermare che Londra riceve, tramite Amsterdam, una consistente eredità dagli ebrei di Venezia”.
Curatrice del convegno di Ferrara, Silvera sottolinea come le due giornate di studio abbiano come punto centrale l’approfondimento del “contesto storico, spagnolo e portoghese, da cui hanno preso le mosse tutte queste situazioni, grazie alla presenza di studiosi che hanno recato un contributo tanto importante quanto innovativo alla storiografia sull’argomento”. “Se il titolo si richiama sia a ‘marrani’ che a ‘conversos’ – sottolinea poi la professoressa – è perché, se è vero che i marrani sono conversos (nel caso portoghese ‘nuovi cristiani’), non è vero il contrario. Oggi il termine ‘marrano’ è tutto sommato utilizzato tranquillamente a indicare un individuo della cui segreta identificazione con l’ebraismo – ancorché generica, vaga e approssimativa – siamo certi. Il problema, su cui si discute anche a Ferrara, sta nell’individuare quali siano le fonti che consentano tali certezze”.
Pagine Ebraiche, maggio 2014
(28 aprile 2014)