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In chiusura del libro di Wa-yiqrà’, Ha-Qadòsh Barùkh Hu’ promette tranquillità e benessere a Israele se seguirà la volontà divina, annunciando anche gravi conseguenze nel caso abbandonasse la strada indicata dalla Torah. In questo contesto, già la prima frase si presta ad alcune considerazioni. Infatti le parole iniziali sono: “Im be-chuqqothày telékhu, we-èth mitzwothày tishmerù wa-‘assithèm othàm…”, “Se nei Miei statuti procederete, e le Mie mitzvot osserverete e le farete”. L’uso dei diversi verbi è evidentemente tutt’altro che casuale, perciò dobbiamo esaminarli con attenzione.
Analogamente ad altri brani della Torah (non ultimo il Decalogo), i verbi “shamòr” (osservare) ed “assò” (fare) rappresentano rispettivamente i precetti negativi e quelli positivi; il verbo “halòkh” (procedere) è quello che si presta a varie interpretazioni. Rashì lo interpreta nel senso di applicazione: “applicatevi alla Torah affinché sappiate come osservare e mettere in pratica tutte le mitzvot”. Senza un’intensa applicazione allo studio della Torah – dice Rashì – non è possibile una corretta osservanza ed una corretta pratica delle mitzvot. Ne consegue che un assiduo studio della Torah è un mezzo valido per ottenere i benefici che Ha-Qadòsh Barùkh Hu’ ci promette e per evitare nefaste conseguenze.
Esiste anche un altro modo d’interpretare. Il verbo “halòkh” è strettamente connesso con un altro termine noto e fondamentale: Halakhà, ossia il sistema di “regole di applicazione” delle mitzvot. Non basta – dice la Torah – osservare le mitzvot, non basta neanche studiare Torah: bisogna approfondire il lato halakhico, entrare nel profondo della logica talmudica, perché solo così si ha la certezza di “camminare” (“halòkh”) lungo la strada della benedizione divina.
Studio della Torah e approfondimento della Halakhà come un processo virtuoso che ci porta a realizzare in modo più completo la volontà di Ha-Qadòsh Barùkh Hu’ (e quindi il nostro amore per Lui) sono pertanto il bagaglio necessario per il popolo d’Israele per percorrere la strada della benedizione.

Elia Richetti, rabbino

(15 maggio 2014)