Identità – Jacob Kaplan
Nel 1958 l’allora Primo ministro dello Stato di Israele, David Ben Gurion si è trovato a gestire il fatto che la nozione stessa di identità ebraica era diventata in Israele oggetto di una legislazione che avrebbe avuto implicazioni pratiche cruciali. A cinquanta “Saggi di Israele” Ben Gurion pose la domanda divenuta il titolo del lavoro del professor Eliezer Ben Rafael, che in un e-book intitolato “Cosa significa essere ebreo?” – scaricabile dai siti www.proedieditore.it e www.hansjonas.it – ha messo in luce per la prima volta in Italia quella discussione sistematica sull’identità ebraica. Ogni domenica, sul nostro notiziario quotidiano e sul portale www.moked.it, troverete le loro risposte. Oggi è la volta Jacob Kaplan. Nato a Parigi, nella Prima guerra mondiale si distingue tra le file dell’esercito. Studia alla Sorbona dove ottiene, nel 1919, un primo diploma universitario118 e al seminario rabbinico di Francia dove consegue l’ordinazione nel 1921. È rabbino a Mulhouse e, dal 1929, a Parigi. Durante la Seconda Guerra mondiale è nella Resistenza. Dopo la guerra torna a Parigi e ne diventa Rabbino Capo nel 1950. Eletto nel 1955 Rabbino Capo di Francia, tiene corsi alla Sorbona e nel 1967 è eletto membro dell’Académie des sciences morales et politiques. I suoi lavori comprendono Le Judaïsme et la justice sociale (1937), Le Judaïsme français sous l’occupation, (1945) e Les Temps d’épreuve, sermons et allocutions (1952).
Paris, 22 tevet 5719 (2 gennaio 1959)
Signor Primo ministro,
Rispondo alla Sua lettera del 27 kislev in seguito alla decisione del governo israeliano
del 15 luglio 1958, secondo la quale è stata nominata una commissione composta
dal Primo ministro, dal ministro della Giustizia e dal ministro degli Interni.
Nella Sua lettera Lei scrive che il governo ha deciso che sarà iscritta come ebraica
la religione o la nazione di ogni persona che dichiara in buona fede che è ebrea
e non appartiene a nessun’altra religione… Ma per l’iscrizione allo stato civile di
figli di matrimoni misti si pone un problema quando la madre non è ebrea, non
si è convertita ma è d’accordo con il padre che il figlio sia ebreo: si deve allora
iscriverlo come ebreo, basandosi sull’espressione della volontà dei genitori e sulla
loro dichiarazione in buona fede che il figlio non ha nessun’altra religione oppure
è necessario, oltre l’accordo dei genitori e della loro dichiarazione, una qualsiasi
cerimonia, [perché il figlio possa essere iscritto come ebreo]?
Ecco la mia risposta: il fatto che la lettera sia indirizzata [a destinatari] fuori da Israele
mi sembra stano perché la questione deve essere risolta secondo la Halakhah e il
Gran Rabbinato di Israele è competente e degno di fede in proposito. Il consiglio
del Gran Rabbinato di Israele ha a suo tempo espresso il proprio parere che è quello
della Torah: “Le istruzioni per l’iscrizione allo stato civile sbeffeggiano i fondamenti
dell’ebraismo e delle sue radici e costituiscono un pericolo per l’esistenza e il
carattere specifico del popolo. Esse deformano l’immagine dell’ebraismo e minano
le basi della legge ebraica, santificate sin dai tempi più antichi”. Condivido pienamente
tale opinione.
Sono molto preoccupato non solo per il quesito che Lei pone sull’iscrizione allo
stato civile dei bambini, ma ancora di più per quella degli adulti su cui il governo ha
già preso una decisione. Mi permetto di dire, con tutto il rispetto nei confronti del
governo di Israele, che nessun governo laico è autorizzato a decidere chi è ebreo.
Mai, nel mondo intero, il governo di uno Stato libero ha preso simile decisione.
I soli che possono deliberare in merito sono i capi religiosi, e nel nostro caso, i
Rabbini Capo di Israele; in quanto al governo, il suo [unico] ruolo è decidere chi è
cittadino dello Stato di Israele.
Nella sua lettera Lei scrive che in Israele è vietata qualsiasi forma di coercizione religiosa
o antireligiosa. A mio avviso, non vedo il Gran Rabbinato di Israele esercitare
una coercizione religiosa perché non accetta l’iscrizione come ebreo del figlio di una
donna non ebrea senza che questo si converta; si tratta di una nozione religiosa e il
rabbinato non obbliga nessuno a convertirsi. Non c è perciò coercizione religiosa.
Nella Sua osservazione numero 3, Lei pone l’accento sui matrimoni misti in diaspora…
È vero, in molti paesi questi matrimoni sono sempre più numerosi, ma noi
lottiamo contro di essi con tutte le nostre forze, perché costituiscono un pericolo
enorme per l’esistenza della vita comunitaria nella diaspora. Di conseguenza, con
mio grande rincrescimento, Le faccio sapere che nella mia qualità di Rabbino Capo,
mi trovo nell’obbligo di lottare in favore dell’abrogazione di tali istruzioni se queste
restano valide.
Nella Sua osservazione numero 4, Lei ha anche notato che la popolazione di Israele
non si considera una nazione separata dall’ebraismo, al contrario… Per questa ragione
ritengo che, nonostante ci siano molti fattori che rafforzano il legame tra Israele
e la diaspora, quello più forte resta la religione ed è perciò mio dovere dirle che le
direttive sono contrarie alla religione e che le loro conseguenze sono pericolose e
causeranno la dissoluzione del legame che unisce Israele all’ebraismo della diaspora.
Sono sicuro che Lei, che è stato alla guida della fusione degli esili e il cui nome
sarà conosciuto come quello di una delle personalità più grandi e più notevoli della
storia di Israele, sarà il primo a esercitare un’influenza sui membri del governo israeliano
per l’abrogazione delle direttive, affinché possa continuare l’unità di Israele.
Con tutto il rispetto che Le è dovuto, e con la benedizione sacerdotale di pace,
(18 maggio 2014)