Il linguaggio della partecipazione
Roma. Una compagnia teatrale, dal nome “L’albero della neve”, ha voluto affrontare la coraggiosa impresa di mettere in scena il processo al gerarca nazista Eichmann con uno spettacolo intitolato “Il secchio”. “Trasformare in parole quello che avete passato sulla vostra pelle, ma che riguarda anche noi, era veramente difficile” spiegano gli autori Daniela Coppola e Fabio Salvati “volevamo cogliere l’attualità del discorso e renderlo più divulgativo possibile”. Ed è soprattutto al personaggio di Hanna Arendt che affidano il compito di questa attualizzazione: “Questo è un dibattimento contro un criminale che non immaginava di esserlo, e neppure se ne rende conto ora (…) come se non si spiegasse le ragioni di tanto accanimento contro il suo operato (…) tutto questo che è accaduto ci deve insegnare che è stata l’incapacità di pensare che ha mosso questa tragedia e che è soltanto l’uso del pensiero che previene il male, che non è sempre mostruoso, ma molto spesso tanto più banale di quello che ti aspetti. Non dobbiamo illuderci che – processato e mandato a morte il mostro di turno – abbiamo estirpato per sempre la covata folle che ha generato il male. La fiammata della follia ci mette un attimo a riprodursi quando trova il terreno fertile dell’indifferenza e soprattutto, la linea piatta del pensiero, che niente si domanda e niente lo fa insorgere, purché la sopravvivenza sia assicurata (…) Se non impariamo prima di tutto il linguaggio della partecipazione temo che non saremo capaci di andare molto lontano e che rischiamo di far uscire l’Eichmann che dorme dentro ognuno di noi.”
Ilana Bahbout
(23 maggio 2014)