Qui Torino – Il costo dell’analfabetismo

RARI TorinoIl “Rapporto sull’analfabetismo religioso in Italia”, curato da Alberto Melloni e pubblicato dal Mulino, è stato presentato nella biblioteca del Circolo degli Artisti di Torino, che recentemente ha ospitato anche una sessione di JNet, il seminario che la redazione di Pagine Ebraiche dedica alla presenza ebraica nel mondo della rete e dei social network.
Presentato da Francesca Cadeddu, ricercatrice della Fondazione per le scienze religiose Giovanni XXIII, che ha realizzato il volume, l’interventi del professor Melloni, ordinario di Storia del cristianesimo nell’Università di Modena e Reggio Emilia, titolare della cattedra Unesco sul pluralismo religioso e la pace dell’Università di Bologna e segretario della Fondazione ha messo l’accento sul costo sociale dell’analfabetismo analizzato nel volume. I tanti collaboratori – come ha sottolineato Paolo Naso che è docente di Scienza politica e Giornalismo politico alla Sapienza, dove coordina anche il Master in religioni e mediazione culturale – pur provenendo da ambiti e discipline le più diverse hanno saputo collaborare e integrare le proprie competenze. “Lo scenario italiano è già multiculturale e multireligioso e non sapere nulla delle usanze, delle abitudini e delle tradizioni di chi vive al nostro fianco tutti i giorni, non avere competenze religiose sufficienti per gestire la realtà crea degli incidenti che hanno comunque un costo. Che è umano, sociale, e anche economico, quando ci si trova a dover risolvere a posteriori situazioni di conflitto”. Maria Chiara Giorda, Studiosa di storia delle religioni all’Università di Torino, ha analizzato l’impostazione dei manuali di storia, mostrando come la capacità di mantenere una visione non schierata sia ancora lontana. Dalle crociate che vengono descritte come “caccia agli infedeli” all’uso della parola fondamentalismo sempre al singolare, sono molti i segni che mostrano come l’analfabetismo religioso in Italia sia ancora ben radicato, e come i numerosi studi non riescano a passare nella consapevolezza comune.

Riproponiamo qui il testo sul “Rapporto sull’analfabetismo religioso in Italia” pubblicato sul numero di maggio di pagine Ebraiche.

“È bene che gli altri conoscano il nostro perché”
Lacune e ignoranza, messe a nudo dal Rapporto sull’analfabetismo religioso in Italia

Religione, non ti conosco. L’ignoranza degli italiani in fatto di cultura religiosa è profonda. Sia sulla propria che su quelle degli altri, e dove c’è analfabetismo religioso sono frequenti le incomprensioni. Dove non c’è conoscenza, dove mancano informazioni e un linguaggio comune, un vocabolario appropriato, diventano frequenti gli “incidenti culturali” – come li chiamano gli autori del Rapporto sull’analfabetismo religioso in Italia. Da lì al pregiudizio, e al razzismo, la strada è brevissima. Il volume, appena pubblicato da il Mulino, riporta una situazione preoccupante che non solo è segno di una crescente povertà culturale, ma ha un costo sociale altissimo. I conflitti che si innescano nei luoghi della vita quotidiana, dove il sempre crescente multiculturalismo della società italiana porta al confronto sulle pratiche di ogni giorno, sono uno dei primi effetti evidenti. E come afferma il professor Alberto Melloni, curatore del volume, “ha sempre senso che gli altri conoscano il mio perché”. Docente di Storia del Cristianesimo ed esperto di storia ecclesiale, Melloni sottolinea come la sua scelta, nell’ambito della Fondazione per le Scienze Religiose Giovanni XXIII di Bologna (che ha realizzato il volume, con il sostegno di Fondazione Cariplo e del ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca) sia stata creare un cantiere aperto. Una sorta di laboratorio permanente che non vuole fornire proposte, né soluzioni, ma fare opera di storicizzazione della realtà italiana. “Non mi sono affatto preoccupato dell’appartenenza religiosa degli autori, in moltissimi casi non ne so nulla. Esiste in Italia una rete di studiosi che si occupano di questi argomenti, e il volume ha raccolto i loro contributi”. E continua, con un poco di ironia: “Abbiamo scelto di mettere tutte le bestie nella stessa gabbia. Sociologi, storici, teologi, giuristi e pedagoghi, insieme a operatori ed educatori, tutti hanno contribuito a un’analisi che è decisamente complessa”. Il risultato è una riflessione organica su cosa sfugge al sistema e ai programmi scolastici e sui perché storico-teologici nonché storico-politici di omissioni e lacune, e sugli effetti drammatici e paradossali che questo comporta. Paolo Naso, coordinatore della Commissione studi della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, è docente alla Sapienza di Roma, dove coordina il Master in religioni e mediazione culturale. Nel Rapporto presenta i risultati di un survey sulla religiosità degli italiani, elaborato nel 2013 da GFK Eurisko per conto della Tavola valdese. Il campione, rappresentativo dell’intera popolazione italiana attiva, ha mostrato una conoscenza davvero scarsa di nozioni di base. “Non sappiamo più nulla né della nostra né delle altre religioni – spiega Naso – ed è un problema enorme: le religioni sono chiamate in causa dal più ampio tema della interculturalità. Ignorare o non disporre di chiavi di comprensione della realtà religiosa significa venire meno alla cittadinanza sociale, alle dinamiche delle integrazioni e della semplice convivenza nello spazio pubblico”.
Nel paese in cui il cristianesimo è onnipresente, e ha un influsso su cultura e politica, oltre il 50% della popolazione ha le idee confuse sugli autori della Bibbia. Solo il 16% degli italiani sa mettere in ordine cronologico Noè, Abramo, Mosè e Gesù. Meno di due italiani su dieci sono in grado di citare tutti i comandamenti e il 41% ne conosce uno soltanto.
Per Naso poi la mancanza di conoscenza delle nozioni di base dell’ebraismo evidenzia un problema da non sottovalutare: “Anche in occasione del Giorno della Memoria, per esempio, la scuola sta facendo molto, ma spesso opera male. La conoscenza della Shoah evidentemente non è connessa in alcun modo a una consapevolezza della dimensione religiosa, sociale e culturale dell’ebraismo. Non viene fatto un collegamento fra l’antisemitismo – che purtroppo resta costante e attuale – e la realtà di quello che sono veramente gli ebrei, oggi. Mancano i passaggi logici, oltre a quelli storici.” Con il rischio di una stratificazione di pregiudizi preoccupante.
L’ignoranza lascia spazio alle strumentalizzazioni, e per esempio – ricorda Naso – negli ultimi anni sono state fatte campagne di delegittimazione della presenza islamica in Italia, con la motivazione che i musulmani sarebbero portatori di valori e sistemi di pensiero incompatibili con la nostra società. Esiste anche una generale ma errata convinzione che dopo il cattolicesimo sia l’islam la religione più presente, senza tener conto della fortissima presenza cristiano-ortodossa.
Per gli autori il problema è sistemico, mancano formazione e informazione: un fallimento sia della scuola – l’ora di religione parrebbe irrilevante – che dei media, incapaci di dare uno spazio di normalità alle religioni altre. Il ruolo dell’informazione nel diffondere la cultura delle minoranze è fondamentale e importantissimo. L’incapacità di comprendere e interpretare il pluralismo trasforma il fattore religioso in un vettore di scontro anziché di mediazione e coesione, aggravando un percorso di implosione sociale. Gli esempi concreti di buone pratiche esistono, e – come mostra il Rapporto – sono più frequenti laddove le università si sono occupate dell’argomento. La ricaduta sulla cittadinanza e sulla politica locale è forte, e alimenta aree di consapevolezza e volontà di cooperare e conoscersi. Perché come dimostrano i tanti dati presentati nel volume, non è la religiosità personale a fare la differenza, ma lo studio.

Ada Treves, Pagine Ebraiche maggio 2014

(29 maggio 2014)