…cultura

Vorrei ricordare quel che recita l’articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti umani approvata dall’ONU il 10 dicembre 1948: “Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti.” Purtroppo non farei qui fatica a elencare i numerosi luoghi in cui questo articolo viene normalmente disatteso. Anzi, se li elencassi rischerei di stabilire delle graduatorie di maggiore o minore gravità, cosa che non voglio fare. Voglio però sottolineare una particolare situazione che è direttamente correlata alle recenti elezioni europee cui la maggior parte di noi ha partecipato. In Europa da ormai molti (troppi) decenni esercitare in maniera pubblica la religione ebraica è diventato rischioso. Le sinagoghe non presidiate dalle forze dell’ordine vengono danneggiate o attaccate, i cimiteri sono continuamente violati, girare per strada con la kippà può essere a volte pericoloso. Alcune giurisprudenze introducono cavilli che rendono impossibile la macellazione rituale (ad esempio in Danimarca). Lasciatemi dire che questa situazione non può andare avanti così. Non si tratta solo della giusta indignazione per l’attentato al museo ebraico di Bruxelles. Purtroppo sappiamo tutti che di attentati del genere ce ne saranno altri e non è con semplici dichiarazioni di sgomento e solidarietà che si risolverà la questione. L’Europa deve rendersi conto che va avviato un lavoro politico profondo, in cui il diritto di libertà religiosa divenga patrimonio condiviso, in cui sia la società europea stessa a rifiutare come estranea alla sua cultura ogni manifestazione di offesa ai simboli religiosi e alla tranquillità spirituale e materiale di chi vuole appartenere in libertà a una confessione. Non solo leggi (che già sono troppe), non solo polizia e metal detector, non solo intelligence. Si tratta di investire in programmi culturali e sociali le cui risorse non si perdano nei mille rivoli della burocrazia europea (avete mai provato a partecipare a un bando europeo?), ma vadano ad incidere in maniera duratura sulla coscienza civica delle giovani generazioni. Solo così avremo la speranza di poterci recare presto al Beth hakenesset con la stessa tranquillità con cui altri si recano in chiesa, senza doversi sottoporre a perquisizioni, senza dover condividere la sensazione di paura e di allarme che accompagna ogni venerdì sera e ogni shabbat. Un’Europa che non lavori nei prossimi anni in questa direzione è destinata a fallire non a causa dei tassi d’interesse o della deflazione, né a causa dell’ingresso (pur preoccupante) di qualche neonazista in parlamento. Fallirà perché non avrà saputo dare alla sua minoranza più radicalmente e storicamente europeista, gli ebrei, la possibilità di vivere in tranquillità la propria identità religiosa.

Gadi Luzzato Voghera, storico

(30 maggio 2014)