“Being Rutu Modan”, Gerusalemme

Rutu Modan, il gattoLa troupe guidata da Giovanni Russo, coordinatore di Lucca Comics, è arrivata in Israele e ha iniziato le riprese del documentario con Rutu Modan, un progetto nato dalla collaborazione fra Lucca Comics, l’Ambasciata israeliana in Italia e Pagine Ebraiche. L’illustratrice e autrice di graphic novel israeliana sarà protagonista della mostra che il più grande festival italiano dedicato al fumetto organizza ogni edizione in onore dell’artista che ha vinto il Gran Guinigi – il premio massimo – l’anno precedente. Giovanni Russo ogni giorno scriverà per Pagine Ebraiche 24 una cronaca dal backstage. Oggi una giornata di riprese a Gerusalemme.

A Gerusalemme, la pace coi gatti

Arriviamo a Gerusalemme al seguito di Rutu, che il mercoledì insegna lì all’accademia di Bezalel. La mattina se ne vola dietro a lei. Il pomeriggio, mentre Rutu resta ad insegnare, ci spostiamo con Hila alla città vecchia per riprendere qualche immagine iconica. La Cupola della Roccia era chiusa per una qualche ragione, per cui ci si avvicina del Muro del Pianto. E da qui in avanti la giornata prende una piega strana. Di fronte al Muro del Pianto, proprio nel camminamento che porta ai cancelli di sicurezza, si sente un miagolio disperato. Un gattino è appeso in condizioni precarie a un sostegno sul muro di fronte, ad almeno cinque metri di altezza. Cosa ci faccia lì è un mistero, come possa uscirne senza cadere altrettanto. Tutti passano col naso all’insù senza poter far nulla, un giovane con la kippah prova ad arrampicarsi ma arriva sì e no a metà strada. Quando passo io il gattino cade. Mi atterra proprio davanti, sulle quattro zampe, ma lui è molto piccolo e il salto molto alto. Rimane fermo lì dove è caduto, e lancia miagolii di dolore. Lo raccolgo senza pensarci due volte, lo tengo per la collottola e lo esamino velocemente: dall’esterno non si vede nulla. Mi siedo su uno scalino lì accanto e comincio ad accarezzarlo per provare a calmarlo. Un po’ alla volta smette di miagolare e ricomincia timidamente a muovere le zampette. Sembra stia bene, e comincia a fare quelle che sembrano fusa miste a brividi. Una signora che mangiava una polpetta me ne dà un pezzo, e lui ci si avventa. Gli do da bere e lui beve avidamente. Appare chiaro che nessuno lì ne sa nulla, che senza madre e in luogo pieno di gatti randagi come la Città Vecchia un gattino così piccolo non ha alcuna possibilità di sopravvivere. E allora lì, di fronte al luogo più sacro per l’ebraismo, con un esserino indifeso che mi è caduto davanti come dal cielo, decido che se dovrà vivere e morire da gatto, come prima o poi sarà, non sarà lì e non sarà perché io non ho fatto il possibile per aiutato. Lo prendo, lo metto nel mio berretto e me lo porto dietro. Se possibile, penso, compro una gabbietta e me lo porto in Italia. Mentre gli altri sono oltre i cancelli di sicurezza a fare qualche ripresa del Muro, io li attendo fuori, e il gattino diventa l’attrazione di decine di turisti e pellegrini. È un diluviare di foto, di carezze, di incitamenti. Arriva anche quella che sembra una benedizione. Più tardi andiamo a mangiare in un localino di hummus e io mi siedo fuori, sempre col gattino nel berretto. Hila chiede se il gatto può entrare, e il gestore sorride e mi invita dentro. Più tardi mi confessa che quello per lei è stato un momento speciale, che non aveva mai parlato veramente col gestore arabo e che quando lo ha visto sciogliersi si è emozionata anche lei. Forse potremmo fare la pace usando i gatti, mi dice. Di ritorno alla macchina un altro signore, palestinese, mi si avvicina e mi dà una scatola per scarpe, che è decisamente meglio del mio berretto. E insomma rientro a Tel Aviv col gattino, che ora è qui con me. Le regole di El Al per volare con un cucciolo prevedono che possa volare solo un animale vaccinato. Ho chiamato un veterinario, che mi ha detto che è impossibile vaccinare un gatto che ha meno di tre mesi perché si creerebbero interferenze con gli anticorpi della madre, che sono ancora dentro al suo corpo. Stando così le cose, pare che non possa portarlo in Italia. A questo punto vi chiedo: mi aiutereste a trovare una casa a Tel Aviv per questo animaletto?

Giovanni Russo, coordinatore di Lucca Comics

(20 giugno 2014)