Studenti rapiti, veglia di preghiera in sinagoga
Proseguono senza sosta le operazioni di ricerca dei tre studenti israeliani rapiti nel Gush Etzion e, parallelamente, sale la tensione con alcuni segmenti della società palestinese. Sul Corriere della sera, in un articolo che dà adito a non poche perplessità (si parla ad esempio di studenti “scomparsi”), Cecilia Zecchinelli descrive la rabbia della popolazione di Ramallah. “Al di là dei morti, delle decine di prigionieri in sciopero della fame, delle nuove colonie, è la leadership il problema chiave dei palestinesi. Mahmoud Abbas ha condannato tre volte pubblicamente il rapimento dei giovani ebrei, pur dicendo di non aver visto prove su Harnas, e ha sottolineato la sua collaborazione nelle ricerche e per la sicurezza nei Territori dove i servizi dell’Autorità lavorano a fianco degli israeliani. Dichiarazioni e azioni – scrive Zecchinelli – che gli hanno rivoltato contro la piazza, non solo di Hamas o della Jihad, ottenendo in risposta da Netanyahu altri attacchi personali e l’escalation antipalestinese”.
Dei rischi di una nuova Intifada parla tra gli altri anche Fiamma Nirenstein sul Giornale. “Che succederà adesso – si chiede la giornalista – dopo che in una serie di scontri generati dalla presenza dei soldati nelle strade sono rimasti uccisi due giovani palestinesi? Si spezzerà l’unità Hamas-Fatah, o vedremo una nuova Intifada? Il filo è molto sottile, quasi spezzato, e i ragazzi rapiti non si trovano, ciò che obbliga Israele a continuare le ricerche”.
In queste ore di attesa torna intanto a mobilitarsi l’Italia ebraica. In particolare a Roma, dove ci si riunirà una nuova volta in preghiera dopo aver stabilito un ponte telefonico con la yeshiva e i familiari. In previsione dell’appuntamento di questa sera sono comparsi in molti luoghi della città striscioni e richiami alla solidarietà dell’opinione pubblica. Scrive Marco Pasqua sul Messaggero: “La notizia del rapimento, in poche ore, grazie ai social network, ha fatto il giro del mondo. Su Twitter si è viralizzato l’hashtag ‘Bring back our boys’, che è stato subito sposato da quanti stanno tentando di sensibilizzare l’opinione pubblica su questo dramma”.
Sempre a Roma, grande successo per la piece artistica che David Gerbi ha voluto dedicare alla cacciata degli ebrei di Libia nel ’67 e alla loro positiva integrazione nella Comunità capitolina. Inaugurato ieri alla presenza tra gli altri dell’ex ministro dell’Integrazione Cecile Kyenge, lo spettacolo “I love Libya” sarà in scena al Teatro Sala Umberto fino a metà settimana. Un richiamo sul dorso locale di Repubblica a firma di Stefano Petrella.
Sul Foglio la riproposizione di una densa intervista a Franca Valeri apparsa negli scorsi giorni su Panorama (autore Stefano Lorenzetto). Alla soglia dei 94 anni la grande mattatrice del teatro italiano ripercorre i momenti più significativi della sua carriera ma anche il rapporto con l’identità ebraica e gli anni della legislazione razzista emanata dal fascismo. Alla domanda se si senta legata all’ebraismo Valeri risponde: “Tutto sommato sì. Come mio padre, non sono praticante. Però in famiglia c’era rispetto per questa origine, tant’è che le nozze dei miei furono molto osteggiate, in quanto la sposa era cattolica. Ho il rimpianto di non avere mai visitato Israele. Purtroppo per tutta la vita sono andata soltanto nei luoghi in cui dovevo recitare. Però porto al collo questa (mostra una stella di David che la figlia adottiva le ha portato da Gerusalemme)”.
Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked
(23 giugno 2014)