Qui Firenze – Mercati e valori
Luigi Zingales: “Europa o no, è ora di cambiare”

zingalesL’Europa, l’Italia, il futuro. Si apre oggi con l’intervento di Luigi Zingales il seminario “Mercati e valori” organizzato dalla redazione dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità ebraica di Firenze per riflettere sul rapporto tra il mondo dell’economia e della finanza, l’etica e la visione della tradizione ebraica.
Un’occasione per approfondire i temi trattati nell’ultimo libro del professore dell’Università di Chicago pubblicato da Rizzoli “Europa o no. Sogno da realizzare o incubo da cui uscire”, presentato nella grande intervista su Pagine Ebraiche di giugno.
“Il punto fondamentale è che, Europa o no, noi dobbiamo cambiare. I nostri problemi sono strutturali, non nascono dall’euro, possono al massimo esserne stati acuiti. Se l’idea è quella di uscire dalla moneta unica perché questo ci consentirebbe di non farlo, è una soluzione stupida. Detto ciò, è difficile rimanere in questa Europa e nell’euro se non c’è un mutamento da parte dell’eurozona – ha spiegato l’economista – Innanzitutto, e in questo senso sono stati fatti dei passi avanti ma non abbastanza, un’unione bancaria seria, che metta tutti gli istituti nelle stesse condizioni di competitività. Secondo, un’assicurazione contro la disoccupazione pagata e amministrata a livello europeo. Terzo, una politica monetaria meno deflattiva che faciliti il recupero di competitività all’Europa del sud”.

“Verso il futuro, proposte oltre le etichette”

“Se noi diamo a 100 la situazione nel 1999, l’Italia oggi ha un costo per unità di prodotto pari a 135 e la Germania a 105: abbiamo cioè perso trenta punti percentuali di competitività. A questo si può porre rimedio in tre modi, escludendo l’uscita dall’euro e dunque la svalutazione. Da una parte, e sarebbe meraviglioso, aumentare la nostra produttività, qualcosa su cui dobbiamo comunque lavorare, ma di cui non si vedranno i risultati prima di due o tre anni. Un secondo strumento sarebbe la riduzione dei salari nominali dei nostri lavoratori, cosa che secondo me è oggi inconcepibile. La terza soluzione consisterebbe nel fatto che i salari tedeschi aumentino a un livello più alto del nostro. E questo è possibile solo se l’inflazione media è al 2 o 3 o 4 per cento. Se si ferma come adesso allo 0,6 per cento, dove quella tedesca è allo 0,9 e la nostra allo 0,3, per coprire il gap ci mettiamo cinquant’anni. Occorre rendere più flessibile questo aggiustamento”. Luigi Zingales sceglie questo esempio per spiegare a Pagine Ebraiche come l’Europa debba cambiare per tenere conto delle esigenze dei suoi paesi del Sud, Italia in testa. Nel suo ultimo libro appena pubblicato da Rizzoli, “Europa o no. Sogno da realizzare o incubo da cui uscire”, l’economista dell’Università di Chicago con il cuore che batte per la penisola si propone infatti di dare soluzioni precise e ragionate ai problemi strillati dai movimenti populisti in tutto il continente, che però hanno spesso una base di verità. Unione bancaria, assicurazione europea contro la disoccupazione, una politica monetaria meno deflattiva per favorire il recupero di competitività, le priorità enumerate da Zingales, che esprime l’auspicio che la sua opera possa dare un contributo anche per un dibattito più sostanziale e meno idelogizzato, specie in un’epoca in cui certe tradizionali categorie appaiono sempre più svuotate di senso, come quelle di destra e sinistra. “Ognuno le può definire come vuole, però il concetto tradizionale di destra conservatrice e sinistra fonte di progresso mi sembra ormai completamente errato – sottolinea – Di recente ho partecipato a un dibattito insieme al segretario della Fiom Maurizio Landini. Lui difende ogni singolo posto di lavoro, non nell’ottica di garantire lavoro per tutti, ma per proteggere la categoria dei metalmeccanici, come se la metalmeccanica fosse l’unica cosa che conta. Il mio approccio alla questione è basato sulla necessità di un sussidio di disoccupazione per tutti, in cambio della mobilità. Chi è dunque il conservatore tra noi?”. Una differenze che sembra ricalcare, ribaltando la prospettiva, quella di un altro dei cavalli di battaglia di Zingales, la differenza tra l’essere “pro-business” o “promercato”: fautori della concorrenza, della libera iniziativa e dunque dell’ingresso di nuovi soggetti nel mercato che beneficia tutti, piuttosto che invece, della conservazione dello status quo e del potere economico di chi ci è già dentro. L’aspetto che lo studioso definisce “forse il più innovativo della mia posizione, che devo dire Benjamin Netanyahu ha compreso fino in fondo – sottolinea Zingales – Non avevo mai incontrato un politico con una visione economica così lucida”.

Rossella Tercatin, Pagine Ebraiche, giugno 2014

(il disegno è di Giorgio Albertini)

(24 giugno 2014)