Qui Firenze – “Una nuova prospettiva nel dialogo”

rav leviSi richiama ai più alti valori dell’ebraismo e dell’umanesimo il rabbino capo di Firenze Joseph Levi, premiato oggi con la più alta onorificenza cittadina – il Fiorino d’Oro – per il suo impegno a favore del dialogo interreligioso e dell’incontro tra popoli e culture diverse. Sul portale dell’ebraismo italiano www.moked il testo integrale dell’intervento tenuto nel pomeriggio a Palazzo Vecchio.

Onorevole sindaco Nardella e membri del Consiglio comunale, sua eminenza cardinale Betori, mio caro amico imam Izzedin, amici delle comunità religiose ebraica cristiana e musulmana, autorità, gentili ospiti signori e signore cittadini di Firenze.
Il mio legame con Firenze nasce lontano.
La famiglia Della Pergola, originaria di Pitigliano, abitò a Firenze sin dall’inizio dell’Ottocento.
Mio nonno Giuseppe Levi completò qui i suoi studi rabbinici e universitari un centinaio di anni fa ed ebbe la sua dimora in via dei Pepi 28. Io però, a seguito dei nefasti eventi della seconda guerra, nacqui altrove fuori dall’Italia, in Israele, ed ebbi la fortuna di crescere nella città eterna di Gerusalemme. Conobbi Firenze (come un semplice turista sedotto dalla sua bellezza e dalla magia del suo Duomo e della sinagoga) e la sua cultura del dialogo e di umanesimo attraverso due grandi maestri e modelli di vita: Giorgio la Pira ed Eugenio Garin. Con La Pira ebbi la fortuna di pregare già nel 1969 sulla tomba di Abramo con esponenti ebrei, cristiani e musulmani a Hebron-Al Hallil, incontro che inculcò in me già allora la cultura del dialogo e la visione del rapporto umano come una preghiera. Con Eugenio Garin ebbi più tardi l’occasione di approfondire la conoscenza dell’umanesimo fiorentino e i sui profondi e forti legami con la cultura ebraica del Quattro e Cinquecento.
In tutti questi pellegrinaggi mai ho immaginato di trovarmi un giorno a Palazzo Vecchio per essere onorato con il conferimento del Fiorino d’Oro che lei, a nome della città, ha scelto di conferire a me assieme ai miei illustri amici di strada cardinale Betori e Izzedin Elzir.
Tornai a Firenze su invito della Comunità ebraica, una ventina di anni fa, per ricoprire il ruolo di rabbino capo. Impegnato com’ero già nella cultura del dialogo trovai a Firenze e nella sua Comunità ebraica un terreno fertile per sviluppare e poter contribuire ulteriormente. Nella comunità religiose della città – quella ebraica, quelle cristiane, cattoliche ed evangeliche, e anche in quella musulmana e buddista – trovai subito una grande voglia e disponibilità all’incontro. L’amministrazione comunale e i sindaci che l’hanno preceduta hanno inoltre mostrato sensibilità e volontà politica di fare di Firenze la città del dialogo e della cultura interconfessionale. Ebbi la fortuna di collaborare col cardinale Piovanelli e monsignor Verdon, che mi accolsero benevolmente in città educando con pazienza il pubblico cattolico a conversare in modo concreto con un ebreo senza polemizzare ma con uno spirito di ascolto, facendo conoscere l’etica e l’ottimismo della cultura ebraica al di là delle sterile polemiche che hanno caratterizzato i rapporti fra ebrei e cristiani prima del Concilio Vaticano II.
Ebbi l’occasione di conoscere la signora Manuela Paggi Sadun, che mi presentò a Fioretta Mazzei (la quale mi accolse con braccia aperte a San Marco). Incontro che ha determinato la volontà condivisa fra la Comunità ebraica e gli amici cristiani di dedicare un ciclo d’incontri annuali in suo ricordo sulla storia culturale e sociale degli ebrei, dalla distruzione del secondo Tempio ad oggi.
Con l’aiuto di tante persone e organizzazioni civili e religiose siamo riusciti a dare uno slancio concreto e tangibile alla cultura del dialogo e dell’incontro interreligioso, portando la cultura della nostra città al di là del provincialismo e delle chiusure locali, verso la cultura di una città aperta del 21esimo secolo. Ebbi anche la fortuna, o meglio la provvidenza, di conoscere gli amici musulmani Izzedin Elzir, il professor Bamashmush e altri ancora che seppero apprezzare l’occasione apertasi a Firenze di creare insieme un nuovo modello di dialogo ebraico-musulmano-cristiano che diventò negli anni un modello da proporre ad altre città ed altre realtà europee. E chi sa, con l’aiuto del divino, inshallah, anche al Medio Oriente.
Imam Izzedin, dottor Bamashmush, professor Bontempi, Daniela Misul, Manuela Sadun, padre Jacopozzi, professor Giulio Conticelli, Giulio Boungianni, Enzo Caciolli, amici dell’Istituto Stensen e dell’associazione Dialoghi, del mondo della scienza, della medicina e della bioetica, del mondo buddista e del tempio della pace, di cicli culturali dei comuni limitrofi a Firenze e tanti altri che ho omesso si sono impegnati con lavoro sensibile e minuzioso a creare la rete sempre crescente di rapporti e di dialogo aiutando la nostra società a crescere e vedere oggi nella cultura del dialogo un dato culturale acquisito, offrendo alle nuove generazioni un modello culturale d’un reciproco arricchimento e crescita continua verso un nuovo umanesimo basato sulla dignità di tutti gli esseri umani e le donne della famiglia umana creati ad immagine divina.
Onorevole sindaco, grazie al lavoro collettivo e all’impegno di tute le comunità religiose, la città di Firenze è pronta a mio avviso ad offrirsi di nuovo come una culla di una nuova cultura umanistica. Cultura di curiosità e rispetto sani per le potenzialità dell’uomo. Una umanità che può crescere ancora apprezzando come nani sulle spalle dei giganti del passato (come Dante e Pico della Mirandola) le prospettive sul futuro: variegato e pieno di colori e suoni diversi che, con l’aiuto della presenza divina e la saggezza della leadership umana, presentino una sinfonica armonia dedicata al Signore e alle infinite potenzialità positive del genere umano.
In nome di questa visione mi sono permesso qualche mese fa di proporre a lei e agli amministratori della città di far nascere a Firenze una scuola per l’educazione al dialogo. Tale scuola, organizzata secondo criteri di alta cultura, scientifica e religiosa, di conoscenza storica e di calore umano, di ascolto e crescita del rapporto inter personale, guidata dalle nuove tecniche dinamiche dell’educazione alla risoluzione dei conflitti, potrà offrire ad altri i tesori d’esperienza umana accumulati nella nostra città, riproponendo Firenze come luogo di formazione alla cultura del dialogo, invitando giovani di culture e paesi diversi a perfezionarsi nello studio e nella coltivazione di una cultura ‘larga’ e aperta. Essi diventeranno ambasciatori di pace e dialogo nel mondo a nome della città di Firenze.
Come insegna la tradizione ebraica: Che è il vero saggio? Colui che impara qualcosa da ogni persona, da ogni esperienze umana. Ezehu chachamhalomed mikol adam.
Signor sindaco, viviamo in un periodo difficile dove la cultura dell’ascolto e del dialogo sembra essere rischio. In Africa e in Medio Oriente, In Siria e Iraq, in Israele e Palestina, i nemici della pace prelevano persone innocenti, donne bambini e giovani adolescenti, mettendo a rischio la loro vita e la loro libertà come se fossero oggetti e munizioni di guerra. La vita di chi cerca e vuol costruire la pace è messa a rischio. Ecco perché ancora di più la scelta culturale e politica di offrire Firenze come luogo e centro per l’educazione alla pace e la convivenza basate sul rispetto dell’esperienza umana dell’altro è importante e urgente.
La tradizione ebraica ci insegna: “Non sei obbligato ad offrirti come colui che riesce a risolvere tutti i problemi del mondo, ma allo stesso tempo non puoi esentarti dalla tua responsabilità di migliorarlo”.
Firenze può e deve agire, assumendo su di sé le responsabilità per migliorare il mondo, per allontanare l’odio e il disprezzo e avvicinare le persone e le culture l’una all’altra.
Signor sindaco ed eccellenti ospiti, gli ebrei italiani per secoli hanno messo a disposizione della collettività le loro risorse e sensibilità, la loro scienza e la loro umanità per la costruzione di una società e un’Italia moderna, equa e giusta che rispetta le qualità e le risorse umane di ogni persona. La cultura ebraica, come quella islamica e cristiana, quella laica e quella buddista, ha arricchito in passato e può arricchire ancora in futuro la nostra cultura cittadina e nazionale.
Nel ringraziarla di nuovo dal profondo del cuore per l’onore che ha voluto conferirmi, metto a sua disposizione l’esperienza accumulata in questi anni ringraziando di nuovo la Comunità ebraica di Firenze e i tanti compagni di strada delle altre comunità religiose, scientifiche e civili presenti in città, consapevole che l’onore conferito oggi a noi appartiene a loro.
Prego il Signore dell’universo di benedire la città di Firenze e tutti coloro che si dedicano con benevolenza allo sviluppo della comprensione e dell’amicizia fra le persone, fra i popoli e le nazioni.

Rav Joseph Levi, rabbino capo di Firenze

(24 giugno 2014)