Periscopio – Cause ed effetti

lucreziSecondo un copione ben conosciuto, nel momento in cui si acuisce, di giorno in giorno, di ora in ora, l’aggressione fisica contro Israele e i suoi cittadini, e i nemici dello Stato ebraico si scatenano a rapire i suoi ragazzi, lanciare bombe, missili ecc., si incrementa anche, con cinico e sinistro parallelismo, il variegato fronte mondiale del boicottaggio anti-israeliano. Non c’è praticamente giorno che non si legga di qualche intellettuale, qualche onlus, qualche partito politico, qualche artista che non chieda e ottenga un paio di righe sui giornali per qualche dichiarazione in cui si invita a non andare in Israele, non farci affari, non comprarne i prodotti, non invitarne i cittadini in nessun posto, per nessuna ragione, non ascoltarne mai la voce, in nessun modo. Chiese presbiteriane, vecchi gruppi rock, organizzazioni umanitarie, bocciofile, circoli del tennis, tutti uniti, tutti d’accordo nel chiedere la stesa cosa, in mille lingue diverse.
I boicottatori non sono tutto uguali, tra di loro sono riscontrabili mille differenze di motivazioni, obiettivi, linguaggio. Semplificando al massimo, direi che possono essere divisi in tre grandi gruppi:
a) quelli che, semplicemente e dichiaratamente, odiano Israele, e non vorrebbero proprio che esistesse. Nella speranza e nell’attesa che un giorno, possibilmente prossimo, il mostro scompaia, desiderano, intanto, che scompaiano i suoi libri dagli scaffali, i suoi cantanti dai palcoscenici, le sue squadre dai palazzi sportivi. Diamogli una sberla oggi in attesa di ammazzarlo domani.
b) quelli che non lo odiano in assoluto, non ne vorrebbero addirittura l’eliminazione, ma lo tengono in grande antipatia e devono pure, in qualche modo, manifestare la loro avversione. Per me puoi anche continuare a vivere, ma sappi che sei proprio brutto, prenditi questa sberla così lo capisci.
c) quelli che contro Israele non hanno niente, ma proprio niente, anzi, gli vogliono sinceramente molto bene, ne hanno a cuore la sicurezza, l’avvenire, la reputazione, e perciò, mossi da paterna premura, ritengono loro dovere, come un buon padre di famiglia, contribuire alla sua educazione, usando i dovuti strumenti correttivi. Perciò – come ora non si usa più fare, almeno in alcune parti del mondo, ma come si faceva tranquillamente, dovunque, fino a non molto tempo fa – può essere mollata, talvolta, una sberla, a scopo educativo. Il ragazzino discolo oggi ci può restare male, ma domani capire, e ringraziare.
Le ragioni, come si vede, sono molto diverse, anche se la sberla è sempre la stessa.
A quelli dei gruppi a) e b), naturalmente, non abbiamo niente da dire. Ognuno è se stesso, ognuno vive a modo proprio, ognuno fa il suo mestiere.
A quelli del gruppo c) ci sarebbero, invece, tante cose da dire. La più importante, a mio avviso, sarebbe la seguente: “Cari boicottatori, c’è una cosa, molto importante, che mi pare non abbiate capito. Voi credete che le vostre parole e azioni siano la reazione a qualcosa che non va, e che, col vostro intervento, potrebbe andare meglio. Ma i vostri comportamenti non sono una delle conseguenze del problema, ma una delle cause. Sfogliate rapidamente le pagine di un qualsiasi manuale di storia per la scuola media o il liceo, ripercorrete sommariamente le vicende degli ebrei negli ultimi duemila anni, riflettete un po’ sulle parole e le azioni fatte e pronunciate, nei riguardi degli ebrei, attraverso i secoli. Quante volte vi appariranno, queste parole e queste azioni, come una conseguenza del ‘problema ebraico’, e quante volte come una causa?

Francesco Lucrezi, storico

(25 giugno 2014)