In cornice – Klimt

liberanomeLa mostra “Klimt alle origini di un mito” che è rimasta per qualche mese esposta al Palazzo Reale di Milano, racconta anche di alcune donne ebree della Vienna di inizio Novecento. Da un lato, Klimt si innamorava spesso, tanto che pare abbia lasciato alla sua morte ben 14 figli illegittimi, dall’altro viveva nell’ambiente dei salotti mondani viennesi dominati da abbienti donne ebree, di cui alcune furono sue amanti. La più nota era Adele Bloch-Bauer, figlia di un banchiere viennese sposatasi con un imprenditore, ben più vecchio di lei. Della sua storia di amore con Klimt ci sono rimasti due ritratti espressamente dedicati dal pittore ad Adele, e un terzo in cui Adele fu la modella di Giuditta (in “Giuditta I” del 1901). Colpisce la forza d’animo, ma anche la sfrontatezza della Bloch-Bauer perché i ritratti sono ricchi di allusioni sessuali (triangoli, forme ovoidali), che ogni conoscitore di Klimt nota immediatamente. Ma lei non ebbe nessun problema ad esporli in casa propria e anzi a legare il suo nome a quello del pittore. Del resto, il carattere di Adele emerge bene da Giuditta I, tutto incentrato sulla fortissima sensualità dell’eroina – fra l’altro a seno parzialmente scoperto – che tratta Oloferne e la sua testa come uno dei tanti trofei della sua capacità di seduzione. D’altro canto le donne di Klimt sono spesso forti, dominanti: in Giuditta II, esposto a Milano, e dipinto dopo la fine della storia con Adele, l’eroina è diventata ancor più dura, violenta, quasi una strega ammaliatrice. Forse il dongiovanni Klimt sarà rimasto ferito da Adele.

Daniele Liberanome, critico d’arte

(30 giugno 2014)