Eyal, Gilad, Naftali – Ricostruire i fatti
Alle 22.25 del 12 giugno il numero verde della polizia del distretto della West Bank riceve una telefonata. “Mi hanno rapito”, sussurra una voce ma l’operatore non capisce. Prova a richiamare il numero. Tenta otto volte ma il cellulare è sempre occupato. Si consulta con i suoi superiori che lasciano cadere la cosa. Si pensa a uno scherzo e non si fanno ulteriori verifiche. La storia purtroppo è nota. Non è uno scherzo. La chiamata è partita dal telefono di Gilad Shaar, il cui corpo esanime verrà trovato diciotto giorni dopo in un campo a nord di Hebron, assieme a quello di Naftali Fraenkel e di Eyal Yifrah. In questo lungo arco di tempo milioni di persone hanno sperato e pregato di poterli rivedere sani e salvi. Una speranza vana perché i tre ragazzi in realtà erano stati assassinati dai rapitori, due uomini legati al gruppo terroristico di Hamas, poco dopo la tragica telefonata. In queste ore le autorità israeliane stanno ricostruendo i fatti, con l’obbiettivo di assicurare alla giustizia i responsabili dell’efferato crimine.
Giovedì 12 intorno alle dieci di sera Eyal, 19 anni, Gilad e Naftali, entrambi sedicenni, si trovano al Geva’ot Intersection, l’incrocio ad ovest dell’insediamento di Alon Shvut (a nord est di Kfar Etzion, in Cisgiordania). Stanno cercando un passaggio che li porti lungo la strada 367, in direzione Beit Shemesh, da qui raggiungeranno le loro case. A fermarsi è una Hyundai i35, due uomini a bordo. Secondo le autorità israeliane, i due sono Amer Abu Aysha e Marwan Kawasme, due terroristi di Hamas, che vivono e operano nella zona di Hebron (a sud di Gerusalemme), dal 12 giugno irrintracciabili. I ragazzi realizzano in poco tempo chi hanno davanti e parte la chiamata alla polizia. Due minuti e nove secondi dove però a parlare, dopo quel “mi hanno rapito”, è l’operatore. Secondo gli investigatori, i rapitori si accorgono della telefonata e, a sangue freddo, sparano e uccidono i tre ragazzi. “Un omicidio brutale”, afferma il premier Benjamin Netanyahu. L’agire dei due rapitori-assassini si fa confuso, per paura che le autorità siano già sulle loro traccia. Guidano un’altra decina di minuti e cambiano veicolo. Abbandonano la Hyundai e le danno fuoco. I rottami verrano rinvenuti la mattina da alcuni pompieri palestinesi. Per quell’ora le operazioni di ricerca sono già cominciate. Hanno preso avvio dopo la denuncia alle 3.30 del mattino all’ufficio di polizia di Modi’in della scomparsa di Eyal Shaar. A presentarla personalmente è il padre di Eyal. Si sarebbero dunque perse, stando a quanto riportano le autorità e i mezzi di informazione israeliani, cinque ore per dare avvio alle ricerche. Un errore che ha portato ieri alle dimissioni forzate di alcuni ufficiali della polizia di turno durante la chiamata partita dal cellulare di Gilad.
In quel lasso di tempo i due terroristi, di cui l’esercito ha già perquisito più volte la casa ed è impegnato ad assicurarli alla giustizia, hanno proseguito con la nuova auto per poi abbandonare i corpi in un campo nella zona di Hebron, a una ventina di chilometri dal luogo del rapimento. Qui li ritroveranno 18 giorni dopo le autorità israeliane. Qui le speranze si sono infrante, nell’area di Halhul, qui Israele ha appreso che i suoi tre figli non sarebbero tornati a casa per riabbracciare le loro famiglie.
(1 luglio)