Anniversari – Nel nome del Rebbe

Schermata 07-2456841 alle 14.23.37Sono arrivati dal Brasile, dalla Francia, dal Congo e dalla Norvegia. Oltre che ovviamente da tutti gli Stati Uniti. Sono trascorsi vent’anni dalla scomparsa di rav Menachem Mendel Schneerson, settimo rebbe del gruppo chassidico Chabad-Lubavitch (dove Chabad è l’acronimo di Chochmah, Binah, Da’at, cioè saggezza, comprensione e conoscenza, e Lubavitch il nome del villaggio russo di origine). Uomini vestiti di nero, secondo gli usi, ma anche tantissime donne, spesso con bambini in braccio, con un’apposita sezione loro dedicata. A raccontare il pellegrinaggio sul luogo di sepoltura dell’ultimo Lubavitcher Rebbe in occasione del ventesimo anniversario dalla sua scomparsa avvenuta il 12 giugno 1994, nella data ebraica del 3 di Tamuz, è stato un lungo servizio il New York Times. Un pellegrinaggio che non si interrompe mai nel corso dell’anno, ma che negli scorsi giorni ha portato all’Old Montefiore Cemetery del Queens a New York decine di migliaia di persone. Un’occasione di preghiera e studio, ma anche di incontro. “E’ un po’ la nostra Coppa del mondo” ha sottolineato Arale Waligora, 60 anni, di San Paolo. Auto, bus privati, trasporti pubblici presi d’assalto per arrivare a Cambria Heights da discepoli del movimento letteralmente da ogni angolo del mondo, in considerazione della missione, diventata uno dei punti fondamentali di Chabad, di inviare giovani coppie in città e paesi più o meno sperduti per ispirare o rivitalizzare la vita ebraica. “Chabad ha sempre mandato in giro degli inviati, sin dai tempi in cui si trovava ancora in Russia, ma negli anni ’50, con il nuovo rebbe, divenne un vero e proprio pilastro. ‘Ufaratza’ è scritto, ‘ti diffonderai’” aveva spiegato a Pagine Ebraiche Bessie Garelik, che con il marito rav Gershon Mendel Garelik, su impulso di Menachem Mendel Schneerson arrivò a Milano nel 1958. Da allora gli shlichim si sono moltiplicati, e se nel 1994 erano mille, oggi sono quattromila, di cui 980 solo negli Stati Uniti, e gli altri sparsi in 84 paesi. Un segno secondo i molti approfondimenti pubblicati in questi giorni sulla stampa israeliana ed ebraica internazionale, di come Chabad abbia saputo superare la crisi della perdita del leader spirituale e carismatico capace di ispirare la rinascita di un mondo chassidico devastato dalla Shoah e di farne un punto di riferimento dentro e fuori i confini della realtà ebraica.
Un fenomeno talmente forte che, con la sua scomparsa, un settore importante di Chabad cominciò a considerare Schneerson la rivelazione del Messiah, provocando profonde critiche nel resto del mondo ebraico e spaccature all’interno dello stesso movimento. Spaccature che oggi sembrano, se non del tutto superate, in gran parte ridimensionate.
“Oggi la maggior parte dei Chabadniks vivono in pace. I ragazzi sono cresciute e le emozioni si sono attenuate” ha spiegato ad Haaretz Menachem Cohen, direttore del giornale Kfar Chabad.
Pochi mesi fa, lo Stato d’Israele ha riconosciuto ufficialmente il lavoro nelle Chabad House oltreoceano come servizio civile alternativo alla leva militare, un altro segno dell’influenza esercitata dai Lubavitch.
Perché come sottolineano in molti, questo anniversario ha rappresentato anche un’occasione per interrogarsi sul presente e sul futuro di Chabad. E la risposta sembra essere decisamente positiva.

Rossella Tercatin twitter @rtercatinmoked

(2 luglio 2014)