Medio Oriente, sale la tensione
Proseguono le operazioni di ricerca degli assassini di Eyal, Gilad e Naftali in Cisgiordania. E contestualmente proseguono gli scontri tra forze di sicurezza israeliane e militanti palestinesi così come, dalla Striscia di Gaza, incessante è il lancio di razzi verso il Sud del paese e in particolare verso la città di Sderot: azioni cui sono seguite le reazioni dell’esercito. Gli ultimi venti di tensione sono oggi raccontati da tutti i principali quotidiani: nel sottolineare gli spostamenti di truppe di Tsahal verso Gaza, Davide Frattini del Corriere della sera riporta le dichiarazioni di un portavoce dell’esercito. “Non sono i preparativi a un’operazione militare. Vogliamo mandare un messaggio ad Hamas – afferma il portavoce – deve fermare il bombardamento, nelle prossime 24 ore vedremo se ha capito”.
Oggi dovrebbe essere intanto il giorno del funerale di Mohammed Adu Khadeir, il 17enne palestinese barbaramente ucciso nelle scorse ore da ignoti. Tante le piste che si rincorrono in queste ore: dall’ipotesi vendetta a un regolamento di conti tra palestinesi per la presunta omosessualità del giovane. “La polizia israeliana ancora non ha un movente – scrive Maurizio Molinari sulla Stampa – ma per i feddayn di Shuafat, il quartiere dove vive la famiglia Abu-Khadeir i colpevoli sono ben noti”. A infuocare gli animi (e gli scontri che sono seguiti a Gerusalemme Est) anche il gran muftì di Gerusalemme, che ha dichiarato: “Questo bambino è stato ucciso dai coloni, che agiscono come gangster”.
“Se poi viene confermato quel che già si sa, ovvero che il povero ragazzino palestinese non lo hanno ucciso dei coloni vendicativi ma è stato vittima di un delitto di famiglia o di vicinato perché omosessuale, caratteristica serenamente ammessa in Israele, considerata un peccato intollerabile tra i palestinesi, credete che qualcuno tornerà indietro sui titoli sparati ieri?”. È la domanda che si pone Giovanna Maria Maglie in un articolo su Libero in viene attaccato il modo in cui la stampa italiana ha scelto di raccontare la vicenda dell’uccisione di Mohammed.
“Quei selfie che invocano vendetta”. È il titolo di un editoriale, dedicato agli animatori del gruppo Facebook (poi rimosso) “Il popolo d’Israele chiede vendetta”, che appare sulla prima pagina di Repubblica a firma di Gad Lerner. Sottolinea il giornalista: “Il sequestro e l’omicidio di Eyal Yifrach, Gilad Shaar e Naftali Fraenkel, così come di Mohammad Abu Khdeir, nel calcolato intento di scatenare feroci pulsioni di vendetta hanno trovato il supporto di Internet come luogo di condivisione dell’odio”. In un successivo passaggio, anticipando possibili critiche al suo intervento, Lerner scrive: “Già mi figuro che per il fatto stesso di avere scritto questo articolo qualcuno mi accuserà di essere un ebreo che odia se stesso (e se invece si trattasse di amore?). Verrà additato il tradimento dei ‘tuoi’. Verrà estratto il bilancino per dimostrare gli squilibri nella sensibilità mostrata: soffri per Mohammad ma dimentichi Eyal, Gilad e Naftali. O viceversa. Perché non scrivi che piovono razzi palestinesi sulle case di Sderot? Come osi impiegare la parola pogrom per le aggressioni estremiste a civili arabi? Sbatti in prima pagina l’inciviltà di un isolato sfogo su Facebook omettendo di precisare che Tzipi Livni, ministro della Giustizia israeliana, ha annunciato un procedimento legale contro i suoi promotori?”. Se la cattura e l’omicidio di ragazzi innocenti è di per sé una raffinata forma di crudeltà in grado di terrorizzare un popolo intero, scrive ancora Lerner, “il passo ulteriore è questa assoluta negazione dell’altro che ne consegue”. Una negazione che, sostiene, verrebbe violentemente veicolata attraverso i social network e i siti dove si fa cattiva informazione.
Nuova luce sulla deportazione degli ebrei di Rodi verso i campi di sterminio nazisti. A consegnare la lista degli ebrei dell’isola greca, al tempo possedimento italiano, furono infatti i carabinieri di stanza in quei mesi. Al Corriere della sera (autore Antonio Carioti) la storica del Cdec e consigliere UCEI Liliana Picciotto commenta: “È una prova ulteriore di come gli uffici di polizia italiana abbiano collaborato alla Shoah, fornendo ai tedeschi gli elenchi degli ebrei da deportare preparari sulla base dei censimenti compiuti a norma delle leggi razziali fasciste. Abbiamo molte liste di vittime compilate sulla base di testimonianze dei sopravvissuti: questa si distingue perché precede la retata ed è stata redatta dai persecutori. Bisogna dire che in alcuni casi la polizia italiana o i carabinieri avvertivano gli ebrei della minaccia, in modo che potessero cercare di nascondersi. Ma a Rodi non avvenne nulla di simile”. Le nuove acquisizioni sono frutto del lavoro svolto negli ultimi mesi dall’Archivio di Stato di Rodi con la collaborazione di Evangelia Xatzald, Eleonora Papone e dello storico italiano Marco Clementi.
Su Avvenire lo storico dell’arte Lorenzo Canova invita a visitare la mostra “Artiste del Novecento. Tra visione e identità ebraica” allestita alla Galleria d’Arte Moderna di Roma con il contributo della Fondazione Beni Culturali Ebraici in Italia e del Museo ebraico di Roma. Scrive Canova: “Conoscere una realtà per molto tempo rimasta in ombra, mettere in luce significative presenze femminili dell’arte del Novecento: una grande mostra romana presenta 150 opere di artiste ebree italiane, in una densa riflessione non solo sulla loro identità di genere, culturale e religiosa, ma anche sul loro ruolo attivo ed effettivo nel panorama artistico italiano del secolo scorso”.
Continua la scia di soldi e sangue nella Roma “nera”. Un tema tornato fortemente alla ribalta dopo l’omicidio del broker Silvio Fanella nel quartiere della Camilluccia. Scavano nei meandri di questa vicenda e del sottobosco di potere dell’estrema destra romana, tra gli altri, Maria Elena Vincenzi e Corrado Zunino su Repubblica.
Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked
(4 luglio 2014)