L’etica dell’informazione, Israele e l’antisemitismo

della pergolaVoglio rassicurare Ugo Tramballi: il testo apparso su questa pagina mercoledì 2 luglio non è stato scritto da un mio omonimo clone, ma da me stesso. La separazione che propone Ugo fra un supposto Sergio buono (che ammonisce contro i rischi della perdita d’identità dello Stato d’Israele come conseguenza dell’erosione degli equilibri demografici) e un Sergio cattivo (che contesta la delegittimazione mediatica del medesimo Stato d’Israele) è mal concepita: si tratta della stessa persona.

Nella sua risposta Tramballi riconosce innanzitutto l’errore che ha fornito l’occasione del mio testo: contrariamente alla sua affermazione, due delle tre vittime israeliane non erano “coloni”. Tramballi non ha verificato, e questo – lo riconosciamo – è cattivo giornalismo. A conferma del già ribadito spunto didattico: quando siamo in disaccordo, ha torto lui.

Con questo non voglio dire che io e Ugo Tramballi dobbiamo sempre e necessariamente essere in disaccordo. Ma è evidente che sia il suo scritto originale, sia la sua risposta creano molti seri problemi e ne risolvono ben pochi. Tramballi, infatti, non recede dalla sua tesi di fondo: nei confronti degli israeliani che si trovano nei territori occupati non solo come residenti ma anche come passanti esiste, di fatto, la licenza di uccidere. E questo, qualunque siano i tentativi di giustificazione, non è accettabile. Per Hamas, poi, dato che tutto lo Stato d’Israele è territorio occupato, la licenza di uccidere vale dovunque, non solo nell’area “C”, o nell’area “A”, ma anche a Tel Aviv. Su questo dettaglio, però, Tramballi non dice una parola e non prende una posizione di distanza, e sia pure sfumata, come ci si aspetterebbe da persona sensibile ai valori della democrazia e dei diritti civili. Ugo concentra invece la sua critica sull’occupazione dei territori, tema su cui io invece nel momento del lutto avevo proposto di rimandare il discorso – dunque non è a me che si rivolge la sua risposta critica ma semmai a un generico interlocutore, forse israeliano, forse ebreo. Ma già che ci siamo, parliamone.

L’occupazione dei territori e la crescente commistione residenziale fra ebrei e palestinesi in Giudea e Samaria, a mio avviso, creano grave danno al programma ideale del popolo ebraico di avere in Israele un proprio centro di riferimento politico e sovrano. Se includiamo tutta la popolazione residente inclusi i lavoratori esteri e i profughi africani e ci riferiamo a una definizione strettamente rabbinica di chi è ebreo – la percentuale di ebrei sull’intero territorio dalla sponda del Mediterraneo al fiume Giordano diminuisce di anno in anno ed è scesa oggi di poco al di sotto del 50%. Anche se escludiamo Gaza siamo di poco al di sopra del 60% di ebrei sul territorio restante. Con dati come questi, se non interviene una divisione fra le due parti, non è possibile in alcun modo considerare Israele uno stato nazionale, ma semmai bi-nazionale. Lo stato nazionale ebraico è possibile solamente su un territorio più ridotto con meno presenza di non-ebrei. Quanto più territorio e più palestinesi si includono nello Stato d’Israele, tanto meno il progetto dello stato ebraico diviene possibile. Il tempo lavora a danno di Israele, e Israele non può esimersi dal partecipare a iniziative concordate che stabilizzino la situazione. Su questo, forse, io e Ugo non siamo tanto in disaccordo.

Ma a questa verità demografica vanno aggiunte due considerazioni. La prima è che, se Ugo Tramballi lo avesse dimenticato, l’occupazione della Cisgiordania è avvenuta il 5 giugno 1967 (io ero a Gerusalemme testimone di quegli avvenimenti) come conseguenza dell’aggressione prima politico-diplomatica e poi militare congiunta dell’Egitto, della Siria, della Giordania e dell’Iraq. La contestazione e la delegittimazione araba di Israele esisteva già PRIMA dell’occupazione dei territori. Nella loro propaganda incendiaria, i seguaci del leader del mondo arabo Gamal Abdel Nasser parlavano di uccidere, di sgozzare, di gettare in mare i sionisti, e annunciavano che Haifa e Tel Aviv erano in fiamme. Dunque la lotta a oltranza contro Israele non può essere attribuita all’occupazione dei territori che è stata solamente una conseguenza della guerra dei sei giorni. Questo è il nodo ancora da sciogliere con i circoli islamici fondamentalisti, incluso Hamas che oggi fa parte della coalizione di governo dell’Autorità palestinese. Il voler ignorare questa persistente, sia pur parziale, negazione dell’esistenza di Israele – di cui l’occupazione dei territori non è la causa bensì la problematica conseguenza – significa non solo demagogia politica ma, devo ripetermi, anche cattivo giornalismo e azione fiancheggiatrice nella battaglia combattuta contro Israele.

La seconda considerazione riguarda il ruolo della nuova mediatica nel dibattito politico. Qui ha ragione Tramballi: anch’io ho commesso un errore. Il suo pezzo sul rapimento dei tre ragazzi è caduto sotto i miei occhi mentre sfogliavo il sito Liquida che a volte riporta gli interventi mediatici in cui vengo citato. E nel suo post del 21 giugno Ugo, appunto, mi nominava. Da lì sono andato a vedere l’originale che, secondo Liquida, era il sito Bocchescucite, e da quest’ultimo io l’ho ripreso. Bocchescucite è un sito di ispirazione cattolica ossessivamente anti-israeliano, e di questo farà bene a tener conto chi oggi si occupa di dialogo ebraico-cattolico. In realtà l’articolo originale di Tramballi era apparso sul suo sito http://ugotramballi.blog.ilsole24ore.com/. Fin qui il mio errore, ma da qui sorge anche un ulteriore serio problema. Visitato il sito originale e reperito l’articolo, vi si leggono in calce i commenti dei lettori. Così, trova spazio indisturbato il seguente commento di tale Marco (22 giugno 2014): “Alla fine ho avuto ragione io Tramb !…il progetto ebraico di una grande israele va avanti a forza di menzogne, uccisioni, furti, sequestri e continuo saccheggio di terre e risorse idriche. Ora per simulare la volontà di continuare nel loro progetto messianico come non inventarsi un bel rapimento in territorio palestinese di tre coloni (terroristi da ogni punto di vista) per giustificare, agli occhi dei governi occidentali ostaggio di lobby ebraiche, un nuovo intervento criminale ai danni del popolo palestinese?”.

Con tutto il rispetto per la libertà di opinione, io credo che esista un dovere civile di selezione dei materiali che vengono fatti circolare in rete, e che in ogni caso devono escludere antisemitismo, pedofilia e istigazione a delinquere. Chi non esercita questa cautela e tollera la presenza di simili vergogne sul proprio sito se ne assume direttamente la responsabilità, siano essi Ugo Tramballi, oppure il Sole24ore, oppure la Confindustria che è editore del quotidiano. Dunque, concludendo questo scambio, io e Ugo rimaniamo irreparabilmente divisi: non solo sulle valutazioni politiche, ma anche sul giudizio morale.

Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme

(7 luglio 2014)