Israele: Iron Dome, la “cupola” che salva le vite
Intervistato dalla Cnn, Shimon Peres ha lanciato un chiaro avvertimento: “Un attacco via terra potrebbe accadere presto. Non posso dare una data. Se stanotte si fermassero i lanci di missili, ad esempio, non ci sarebbe nessuno sconfinamento. Ma se continuano, presto o tardi, questa sarà la risposta”. È questa la chiave che viene scelta da molti giornali per ripercorrere le ultime ore di tensione in Medio Oriente. “Israele a Hamas: fermatevi”, titola il Corriere della sera. “Fermatevi o invadiamo Gaza”, la prima pagina di Repubblica. “Israele: basta razzi o invadiamo”, la scelta del Messaggero.
Sotto il fuoco continuo di Hamas, ieri Israele ha vissuto l’incubo di un attacco (sventato grazie a Iron Dome) alla centrale nucleare di Dimona. Inviato a Gaza, Maurizio Molinari racconta il conflitto visto dagli abitanti della Striscia, spesso utilizzati dai terroristi di Hamas come scudi umani per accrescere, con il più aperto disprezzo del valore della vita, la conta dei morti. L’obiettivo di Hamas, sottolinea Molinari, è quello di riuscire in risultato mai raggiunto nemmeno dagli Hezbollah: “Portare la morte a Tel Aviv o colpire la centrale nucleare di Dimona, presa di mira già ieri”. Sul Corriere, Davide Frattini racconta proprio la storia della “cupola di ferro” che ha permesso di scongiurare la caduta di missili sulla popolazione delle principali città israeliane. Anni di ricerche, anni di incertezze. Fino agli evidenti successi delle scorse ore. “Le idee bizzarre e quasi fantascientifiche dei primi abbozzi – spiega Frattini – sono state sostituite da un misto di algoritmi matematici, tecnologia radar, prontezza umana”.
Su Repubblica le riflessioni dell’ambasciatore d’Israele a Roma Naor Gilon, che in una lettera al direttore scrive: “È tempo che la comunità internazionale faccia rispettare le condizioni che essa stessa ha stabilito per Hamas: riconoscimento di Israele, degli accordi precedenti e l’abbandono del terrorismo. È anche tempo che il presidente dell’Autorità palestinese rompa quest’alleanza con Hamas e torni al tavolo dei negoziati con Israele senza precondizioni. L’unica via per giungere a una soluzione concordata di due Stati per due popoli passa attraverso l’unione degli elementi pragmatici contro quelli estremisti e attraverso il negoziato”. In un ‘intervista a Umberto De Giovannangeli dell’Unità ribadisce il concetto: “La nostra richiesta all’Europa, all’Italia e a tutta la comunità internazionale è di premere fortemente su Hamas affinché accetti le tre condizioni fondamentali per il negoziato. Senza di queste, nessun governo di unità palestinese potrà essere legittimato”.
Impegnato a sensibilizzare l’opinione pubblica anche il suo omologo presso la Santa Sede Zion Evrony, che ai lettori di Avvenire scrive: “Immaginate la vostra città, la vostra casa sotto continuo attacco missilistico. Provate a pensare ai vostri figli che, mentre le sirene cominciano a suonare, stanno andando a scuola e hanno solo quindici secondi di tempo per trovare un rifugio. Quindici secondi che possono significare vita o morte. Israele vive una situazione molto difficile e ha il dovere di difendersi da un’organizzazione terroristica, Hamas, il cui unico scopo è quello di distruggerci”.
Nel silenzio generale delle istituzioni, scrive Aurelio Mancuso sul Garantista, “l’unica voce che si leva in Italia è quella autorevole del presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Renzo Gattegna che chiede l’intervento dell’Europa e del governo”. Un intervento senza ambiguità per fermare l’azione criminosa di una compagine di terroristi che, aveva spiegato Gattegna in una nota, “tiene in ostaggio con la prevaricazione la propria popolazione civile per attuare i propri crimini e cerca con ogni mezzo, anche abbietto, di allontanare ogni prospettiva di pace”.
Di pace aveva parlato il presidente statunitense Barack Obama in un articolo pubblicato in esclusiva dal quotidiano israeliano Haaretz. Oggi sul Corriere della sera la traduzione in italiano dei suoi progetti per il Medio Oriente. “Non è mai troppo tardi per seminare i semi della pace, una pace vera e sentita che esiste non solo nei progetti dei leader, bensì nei cuori di tutti gli israeliani e palestinesi. È questo – aveva commentato Obama – il futuro al quale gli Stati Uniti daranno tutto il loro appoggio, come il più grande amico di Israele, l’amico più fidato e più forte”.
Da leggere inoltre, sul settimanale Tempi, la testimonianza dell’educatrice Angelica Edno Calo Livne dal kibbutz Sasa, da sempre all’avanguardia nelle pratiche di convivenza e reciproco rispetto tra giovani di culture, religioni e sensibilità diverse.
La grande forza di Israele è anche quella di andare avanti nonostante le avversità contingenti. Una testimonianza arriva ad esempio dal cantante Asaf Avidan, protagonista questa sera a Roma. “Sono un giramondo, canto per sentirmi vivo” dice in un’intervista a Leggo.
Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked
(10 luglio 2014)