La minaccia di Hamas: “Bambini armati contro Israele”

rassegnaProseguono le operazioni dell’esercito israeliano a Gaza con il rinvenimento di tunnel sotterranei utilizzati per smistare armamenti e progettare azioni terroristiche. Ieri, nei pressi del kibbutz Nirim, è stato sventato un nuovo attacco a prezzo della vita di due uomini di Tsahal. Le dinamiche dell’azione lasciando intendere come l’obiettivo fosse quello di rapire almeno un soldato e utilizzarlo come ostaggio per futuri scambi di prigionieri. Altri soldati sarebbero caduti durante la notte così come combattenti islamisti e popolazione civile vigliaccamente usata come scudo umano dai leader di Hamas.
Sul Corriere della sera Davide Frattini fa il punto sull’operazione militare: “Dei 10 mila razzi accumulati da Hamas, lo Stato Maggiore calcola che i palestinesi ne abbiano sparati 1705, il 17 per cento. L’aviazione ne avrebbe distrutti il 30-40 per cento così le fazioni sarebbero rimaste con metà dell’arsenale, sufficiente per continuare ancora settimane”.

Maurizio Molinari, sulla Stampa, è andato a raccogliere la voce della leadership di Hamas. Sono in pochi a palesarsi e a parlare: la gran parte dei dirigenti preferisce infatti ripararsi in luoghi protetti ed esporre al fuoco la popolazione. “Dentro una redazione senza insegne, nell’aula di un ateneo deserto, nel cortile del maggiore ospedale e nelle affollate stradine del mercato vicino alla moschea bianca: sono i luoghi dove bisogna andare per tastare il polso a Hamas, determinata a rifiutare ogni ipotesi di cessate il fuoco che non preveda la fine del blocco israeliano alla Striscia, iniziato nel 2007. I personaggi con cui parliamo – spiega Molinari – sono fra le poche voci di Hamas in circolazione, visto che gran parte di leader, vice e comandanti, è alla macchia”. Ad emergere è comunque un senso generale di disapprovazione da parte di chi vede consumato, con gli ultimi sviluppi, quello che non si esita a definire “il tradimento egiziano”.

L’orrore dei bambini kamikaze addestrati da Hamas è intanto sollevato da Fiamma Nirenstein in un nuovo articolo-denuncia sul Giornale. “Hamas, nonostante sia alla fame, assetato, isolato, colpito anche nelle sue strutture strategiche, è in cerca di un risultato che dimostri che lo schieramento jihadista vince”, sottolinea la giornalista. Da qui le parole di un portavoce del movimento, che ieri ha affermato: “Manderemo i bambini armati a combattere contro il nemico sionista”.

Altro fronte critico quello tra Israele e Libano. Dopo i lanci di ordigni degli scorsi giorni da parte di Hezbollah, assume sempre più centralità l’impegno del contingente Unifil incaricato di presidiare il confine tra i due paesi. “In questi giorni – scrive Giulia Aubry sul Messaggero – le attività di controllo e verifica della presenza di armi sono diventate molto più delicate. Solo nella scorsa settimana, in concomitanza con la crisi in corso a Gaza, dieci razzi sono stati lanciati dal Sud del Libano verso Israele, molti provenienti proprio dall’area di competenza Unifil”.

Nelle piazze di alcune importanti città europee tornano a sentirsi slogan violentemente anti-israeliani. Tra le situazioni maggiormente critiche quella registrata a Parigi, dove negli scorsi giorni l’attacco è stato rivolto direttamente alla comunità ebraica (con tanto di sinagoghe assediate e atti di violenza) e dove, in virtù dell’escalation di tensione, le autorità cittadine hanno vietato l’organizzazione di cortei. L’impulso è arrivato dal presidente della Repubblica Francois Hollande, come racconta Stefano Montefiori sul Corriere.

Una riflessione sui molti segnali inquietanti di queste ore anche dal rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni in un’intervista pubblicata ieri, sempre dal Corriere, a firma Gian Guido Vecchi. “C’è un conflitto mediorientale che oppone israeliani e palestinesi. Una larga ma peraltro non esclusiva maggioranza degli ebrei – afferma il rav – sostiene le ragioni di Israele, per motivi storici, di vicinanza, per il fatto che molti hanno parenti e amici là. Ma che lo si voglia far diventare un conflitto tra ebrei e musulmani è qualcosa di aberrante. L’idea che una sinagoga diventi il bersaglio del conflitto nel Vicino Oriente è folle. Lo si trasforma in una guerra di religione”. L’intervento del rav Di Segni arriva dopo l’esposizione di un aberrante striscione sulla cancellata della sinagoga di Vercelli.

Torna sui media, dopo alcuni giorni di oblio, la sanguinaria avanzata del ‘Califfato’ in Iraq e Siria. Una minaccia che si fa sempre più consistente alla luce della scomparsa di intere comunità cristiane, perseguitate dai combattenti dell’Isis al grido di “Convertitevi o vi uccidiamo”. La cronaca di Cecilia Zecchinelli rende l’idea del clima che si respira a Mosul.
“La tomba antica di secoli del profeta biblico Giona distrutta a colpi di mazza. La croce sulla cattedrale di San Efrem sostituita con la minacciosa bandiera nera della jihad. Almeno 11 chiese e monasteri, sui 35 della città, assaltati o bruciati. La lettera ‘n’, iniziale di nasrani, da Nazareth, ovvero cristiano in arabo, dipinta sulle case. E ancora: un’escalation di abusi, arresti, uccisioni. Questo drammatico prologo è culminato, venerdì a mezzogiorno, nell’editto che lascia ai fedeli di Cristo tre possibilità: Convertitevi, pagate la ‘tassa di protezione’ alle corti islamiche, o morite sotto la nostra spada”.

Nuova tragedia del mare al largo di Lampedusa: 19 morti, due migranti in fin di vita. Le vittime sarebbero rimaste intossicate a causa delle esalazioni dei motori nella stiva. Su Avvenire una mappatura che rende l’idea di tutta la drammaticità del tema. Dall’inizio dell’anno sono infatti sbarcati 80mila migranti, 500 sono invece i morti e 6mila i soccorsi nelle ultime 48 ore.

Sull’Osservatore Romano lunga intervista al cardinale Kurt Koch (autore: Nicola Gori). Con riferimento ai rapporti tra ebrei e cristiani, Koch osserva: “La più grande questione è sul come conciliare la convinzione della validità perpetua dell’alleanza di Dio con il popolo d’Israele con la convinzione della novità della nuova alleanza portata da Gesù. Dobbiamo lavorare molto a livello teologico su questo tema e sono contento che anche molti ebrei vogliono riflettere sull’argomento”.

Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked

(20 luglio 2014)