Ofra Farhi a Redazione Aperta:
“La cultura è la mia vita”

ofra farhi a redazione apertaÈ arrivato il tempo dei saluti, per Ofra Farhi, addetto culturale dell’ambasciata israeliana in Italia, che sta concludendo in queste settimane il suo mandato. La partecipazione ai lavori di Redazione Aperta, il laboratorio aperto che ogni anno riunisce a Trieste la redazione giornalistica dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane per due settimane di lavoro comune, diventa l’occasione per un bilancio. Quattro anni e mezzo di lavoro intenso, appassionato, che Ofra ha raccontato in un fiato, con l’energia travolgente che la contraddistingue, incantando tutti con il suo pragmatismo. Al suo arrivo in Italia, fortemente voluto anche per le sue radici romane, ha trovato una situazione particolare, in cui la cultura israeliana era nota per alcuni dei suoi protagonisti più famosi, ma non esisteva una programmazione strutturata, e da sei anni non c’era un addetto culturale all’ambasciata.
Una diplomatica molto speciale, capace anche di affermazioni non esattamente diplomatiche: “Sappiamo tutti che quando ci sono problemi di budget la prima cosa che viene tagliata è la cultura, ed è un errore enorme, scandaloso.” Il valore del suo lavoro, del resto, viene ribadito a ogni uscita della newsletter dell’Ufficio culturale dell’Ambasciata, che riporta in cima una citazione di Amos Luzzatto: “La cultura è l’arma più forte della democrazia”. E Ofra Fahri col suo impeto, è riuscita anche a vincere le resistenze dell’ambasciatore che, seguendo le istruzioni arrivate in questi giorni di tensione, non voleva permetterle di fare quello che è stato uno dei tratti chiave del suo lavoro: viaggiare per tutta l’Italia per conoscere e incontrare persone, spiegando a tutti la bellezza della cultura di Israele.
Israele è un paese ricco di musica, danza, letteratura, arte… e di scienza, di eventi culturali, e organizza regolarmente delle giornate speciali in cui presenta tutto il meglio in uno specifico campo. La partecipazione all’“Exposure” sulla danza contemporanea di Luca De Fusco, direttore del Napoli Teatro Festival è un ottimo esempio del suo modo di lavorare: il budget a disposizione per la cultura rende assurdo un approccio da organizzatore di eventi, e si è trattato allora di trovare una maniera per far conoscere le possibilità, per costruire reti, per – come ha più volte ripetuto – “aprire una finestra, a volte piccolissima, una finestrella, a volte più grande, che è mio compito poi trasformare in una porta spalancata”. E questo è esattamente quello che è successo a Napoli: la curiosità di una persona interessata e l’assoluta qualità della danza contemporanea israeliana si sono incontrate e da lì è scaturito un ricchissimo programma che ha portato tre anni fa a Napoli alcune delle migliori compagnie, per un Focus sulla danza contemporanea israeliana che è stato solo l’inizio. “L’investimento economico iniziale così è stato molto piccolo, e al costo di qualche notte in albergo ho ottenuto poi un risultato che credo sia uno dei miei migliori successi.” Quello che non racconta, ma che trapela da tutti i suo discorsi, dai sorrisi, dalla gioia con cui spiega ai presenti la quantità di iniziative portate avanti in questi anni, è che per la parte più importante del suo lavoro ha contato moltissimo la sua personale capacità di costruire rapporti, di creare reti e di contagiare tutti con il suo travolgente entusiasmo. Grazie al suo lavoro infaticabile – e, come tiene a sottolineare lei grazie anche al suo team di collaboratori, sempre troppo pochi ma anche bravissimi a sostenere i suoi progetti – tutti gli italiani interessati all’arte, alla bellezza, alla letteratura hanno la possibilità di godere della cultura israeliana. Che non solo è presente ormai in tutti i principali festival culturali italiani ma anche in una miriade di incontri, concerti, spettacoli e mostre che vanno a comporre un mosaico di iniziative sempre più fitto, sempre più solido, meravigliosa eredità pronta a crescere ancora sotto la guida del prossimo addetto culturale, che arriverà a Roma a settembre. Perché, appunto, “La cultura è l’arma più forte della democrazia”.

Ada Treves twitter @atrevesmoked

(25 luglio 2014)