“Iron Dome, ecco come è nato”

rassegnaSituazione ancora critica tra Israele e il gruppo terroristico Hamas al governo della Striscia di Gaza. I ripetuti attacchi dalla Striscia, avvenuti in regime di tregua umanitaria da parte di Israele, hanno portato alla ripresa delle operazioni militari già dalla prima mattinata. La diplomazia è in azione, si lavora per accordi precari. Ma da Netanyahu è arrivato un secco no alla proposta Kerry, ritenuta troppo accondiscendente verso le richieste di Hamas. Ieri lo stesso Netanyahu ha ribadito il punto fermo per l’accettazione di un cessate il fuoco: la smilitarizzazione di Gaza. Sul Corriere della sera Davide Frattini riporta l’atto d’accusa formulato dal premier ad Hamas nel suo consueto giro domenicale di interviste alle emittenti americane: “Non sono in grado di rispettare neppure le tregue che offrono loro stessi”.

Città, quartieri, vite umane: il sistema anti-missilistico Iron Dome continua a svolgere un ruolo fondamentale nella difesa di Israele, bersagliata in queste settimane dal lancio di migliaia di ordigni da Gaza. A Repubblica il suo ideatore, il matematico-ingegnere Danny Gold, racconta sia la genesi della sua intuizione sia la sfida di implementare un progetto in cui non molti, almeno in un primo momento, sembravano credere.

Medici arabi ed ebrei fianco a fianco per curare i civili di Gaza: è l’esempio di umanità fornito dallo staff dell’ospedale di Tel Hashomer. A raccontarlo è Fiamma Nirenstein sul Giornale: “Più che un ospedale, quello di Tel Hashomer è un microcosmo di Israele: ultratecnologico, 2mila pazienti in una città di padiglioni. Girando per le stanze si comprende perché in cambio di Gilad Shalit furono consegnati 1500 terroristi palestinesi. In Israele la vita non ha prezzo”.

Su Repubblica David Grossman denuncia la “bolla d’odio” e quella che definisce, con riferimento ad entrambi i popoli, una “legge della vendetta” che sarebbe in auge da tempo. Tuttavia, nel trauma generato dal conflitto, lo scrittore israeliano individua un possibile input verso il cambiamento. “Non so cosa pensino esattamente i palestinesi in questi giorni, che cosa pensi la gente di Gaza. Sento però – scrive – che Israele sta maturando. Con dolore, con sofferenza, digrignando i denti, Israele cresce. O meglio, è costretto a crescere. Nonostante le dichiarazioni bellicose e i proclami infiammati di politici e di commentatori, al di là delle feroci invettive di energumeni della destra contro chi la pensa diversamente da loro, al di là di tutto questo, il flusso centrale dell’opinione pubblica israeliana sta acquistando lucidità”.

“L’indifferenza che uccide i cristiani perseguitati in Africa e in Medio Oriente”: questo il titolo dell’editoriale di prima pagina del Corriere della sera a firma Ernesto Galli Della Loggia. Nell’articolo si citano episodi paradigmatici e cruenti come, ad esempio, i crimini compiuti dal Califfato a Mosul e in altre città dell’Iraq. Eppure, a differenza di altri focolai della regione, l’interesse verso queste vicende sembra essere riservato a pochi. Si chiede Della Loggia: “Quante risoluzioni i Paesi occidentali hanno presentato all’Onu riguardanti la loro sorte? Quanti milioni di dollari hanno chiesto alle agenzie delle Nazioni Unite di stanziare a loro favore? Sono ormai anni che la strage continua, quasi quotidiana: a decine e decine i cristiani vengono bruciati vivi o ammazzati nelle chiese dell’India, del Pakistan, dell’Egitto, della Nigeria. E sempre nel silenzio o comunque nell’inazione generali”.

Ieri, nel corso dell’Angelus, Bergoglio ha espresso il proprio dolore per varie aree di crisi tra cui la stessa regione mediorientale. “Fermatevi, per favore. Ve lo chiedo con tutto il cuore. E l’ora di fermarsi. Fermatevi, per favore!”, il suo appello (Gian Guido Vecchi, Corriere).

Situazione vicina al collasso anche in Libia, con escalation di scontri a Tripoli e Bengasi.
Ambasciate chiuse, civili in fuga, oltre cento morti sul terreno. E, a destare ulteriori preoccupazioni, una possibile sinergia extranazionale. Si legge sulla Stampa: “La saldatura con quanto sta avvenendo nelle altre terra della Mezzaluna pare un progetto forse folle ma non del tutto impossibile. E il petrolio e i 100 mila sventurati che sono ammassati sulle coste in attesa d’una barca per l’Italia, sono fattori che oggi osserviamo con preoccupazione. La Libia che non c’è più non è solo un problema di Tripoli”.

Si incrina infine il fronte Tavecchio dopo le uscite a sfondo razzista del candidato alla presidenza del calcio italiano. A sfilarsi è adesso la Fiorentina in un comunicato in cui si definisce “non più sostenibile” la sua candidatura. Parole di biasimo anche dal premier Matteo Renzi, che però rivendica l’autonomia delle istituzioni sportive nel prendere una decisione sull’opportunità o meno di una sua nomina (Ettore Intorcia, Corriere dello sport).

Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked

(28 luglio 2014)