I progetti delle organizzazioni ebraiche
Impegnarsi per l’Africa

ebola - org ebraicheLe organizzazioni ebraiche che operano nei paesi in via di sviluppo sono da tempo ben consapevoli del rischio ebola, e hanno iniziato un monitoraggio della situazione già da mesi. Le febbre emorragica, che dalla primavera ha contagiato più di duemila persone uccidendone almeno la metà sta mettendo sotto pressione soprattutto le associazioni che inviano regolarmente giovani ebrei americani e israeliani a fare periodi di volontariato in Africa.
Ruth Messinger, presidente dell’American Jewish World Service, “Siamo ben lontani dalla normalità, purtroppo”. L’AJWS, che si occupa di diritti umani e combatte per migliorare le condizioni di vita nei paese in via di sviluppo, ha già deciso di non assumersi nessun rischio, e di cancellare il viaggio programmato per il prossimo febbraio che avrebbe dovuto portare sponsor e finanziatori in visita in Liberia. “Nessuno dei nostri volontari lavora nel paese, ma abbiamo una persona che vi lavora e stiamo cercando di raccogliere informazioni precise sulla situazione. Le organizzazioni locali con cui lavoriamo sono molto serie, e le notizie che ci stanno facendo avere sono utili anche per combattere le dicerie che stanno creando il panico nella popolazione. Abbiamo lanciato una campagna di emergenza per raccogliere fondi da destinare proprio a loro, in modo da poter sviluppare un programma di formazione in loco, per diffondere buone pratiche contro il contagio”.
La paura del contagio è arrivata anche in Senegal, che confina con una delle aree maggiormente colpite dall’epidemia, la Guinea, ma Sivan Borowich-Ya’ari fondatore e presidente di Innovation Africa, ha già programmato il suo prossimo viaggio, in settembre. La sua organizzazione utilizza la tecnologia israeliana per portare acqua pulita, cibo e cure mediche a più di 80 villaggi fra Etiopia, Tanzania, Malawi, Uganda e Congo. Sono sei i villaggi del Senegal che verranno appoggiati dal programma nel prossimo futuro e nonostante si tratti di un’organizzazione che non manda volontari a lavorare in loco sono molti i rapporti e gli scambi che coinvolgono i finanziatori. “Nessuno di loro ha fatto passi indietro – racconta Borowich-Ya’ari – ma la preoccupazione per i team che vanno a lavorare nei villaggi è grande, anche se la febbre emorragica al momento sta colpendo in Liberia, Guinea, Nigeria e Sierra Leone, paesi in cui non abbiamo progetti in corso”.
In effetti nessuna delle numerose organizzazioni ebraiche che lavorano in Africa si è fatta prendere dal panico, ma è grande l’attenzione per l’operato delle principali organizzazioni internazionali e per le indicazioni che arrivano dalla Organizzazione Mondiale della Sanità. Peace Corps, per esempio, ha evacuato 340 dei propri volontari dalle zone in cui l’epidemia ha colpito in maniera più violenta, ma Moran Mekamel, che coordina i gruppi di studenti in African Studies che dall’Africa Center della Ben Gurion University of the Negev, in Israele, vanno a fare un semestre in Ruanda e Ghana, pare tranquilla. “Il nostro programma va avanti da diversi anni, e non abbiamo mai avuto problemi: siamo ovviamente attenti a prendere tutte le precauzioni necessarie, e siamo pronti a modificare i nostri piani, ma i ragazzi stanno partendo senza farsi prendere dal panico”. Anche il programma del Joint Distribution Commitee, JDC Entwine, non si ferma, e Michael Geller, che del Joint è portavoce, ha spiegato che il programma in Ghana vedrà dei rallentamenti, e che anche in Etiopia e Rwanda i progetti continuano ad accogliere volontari da tutto il mondo.
L’americana Hila David, che con un gruppo di volontari ha trascorso alcune settimane a costruire una scuola in Africa anche a distanza di tempo ricorda con evidente commozione la gratitudine degli abitanti del villaggio e la sensazione di aver contribuito a migliorarne la vita. “Aver passato un periodo della mia vita in un villaggio in Uganda mi ha cambiata in maniera profonda, e mi auguro davvero che non si fermino i programmi delle organizzazioni ebraiche come l’AJWS, con cui sono partita io, e che il numero di volontari che operano in Africa non si riduca”.
Non se ne parla spesso ma le organizzazioni ebraiche che operano in Africa sono molto numerose, e l’impatto del loro lavoro sulle zone in cui operano e sugli abitanti è notevole. E la forza di volontà con cui si impegnano quotidianamente a migliorare il mondo pare non si stia facendo minimamente intaccare dall’epidemia di ebola. “Proprio ora è il momento in cui hanno bisogno di aiuto – ha commentato uno dei volontari – non possiamo certamente abbandonarli!”.

Ada Treves twitter @atrevesmoked

(20 agosto 2014)