…dialogo

Il giustificato allarme per il riacutizzarsi dell’antisemitismo non deve a mio parere impedirci di guardare con interesse alla speculare crescita di un aperto e vivace fenomeno che non mi sembra sia stato oggetto di particolare attenzione. Si tratta di quello che sul finire dell’Ottocento avrebbe certo preso il nome di filosemitismo (non che fosse molto diffuso), ma che oggi dovremmo sforzarci di definire e di indagare nei suoi sviluppi contemporanei.
In determinati ambiti (specie sui social networks) si potrebbe nettamente definire con una brutta espressione italiana: filoisraelianismo. Altrove – in più meditati interventi sulla carta stampata o in discorsi pubblici – si è assistito a fondate denunce sull’insorgenza dell’antisemitismo, unite a espressioni di netta simpatia per le comunità ebraiche, per singoli ebrei e per le ragioni di difesa dello stato d’Israele. Non si tratta, credo, dello stesso fenomeno, ma un dato appare inoppugnabile e meritevole di studio: per la prima volta nella storia un settore non indifferente dell’opinione pubblica ha scelto di non astenersi, ma di esprimere giudizi apertamente simpatetici nei confronti della componente ebraica. Inoltre – dato non secondario – in genere le istituzioni pubbliche sono in prima linea nel difendere la propria minoranza ebraica (dico in genere, perché in alcuni luoghi, come ad esempio l’Ungheria o in alcuni ambienti accademici specie inglesi, ahimè non è sempre così). Era già accaduto in passato: nel 1967, di fonte al concreto rischio di una guerra di annientamento contro Israele, furono in molti a manifestare in eventi pubblici la propria vicinanza e il proprio allarme. Ma il fenomeno attuale mi sembra diverso e più complesso. In parte perfino pericoloso, quando si manifesta in parallele e automatiche espressioni di anti-islamismo che se sono giustificate quando riferite all’allarmante sviluppo di fenomeni come il cosiddetto “califfato” dell’Isis, costituiscono al contrario un vero problema se riferite (come spesso capita di sentire) a un’ipotetica automatica contrapposizione fra la civiltà giudaico-cristiana e tutto ciò che è Islam. Su questo punto bisognerebbe attivare riflessioni più profonde: nessun contrasto che prefiguri quello “scontro di civiltà” richiamato qualche anno fa dallo storico Samuel P. Huntington dovrebbe contenere una contrapposizione fra ebrei, cristiani e musulmani descritta e definita come “inevitabile”. E con ogni evidenza chi – difendendo Israele e le sue ragioni – pensa di offrire un servizio demonizzando tutto ciò che è Islam, compie in realtà un’operazione pericolosa proprio per quel mondo ebraico che intende difendere, contribuendo a scavare un solco che al contrario bisognerebbe sforzarsi di colmare.
Riprendere i fili di un dialogo concreto sembra in questo contesto il migliore dei servizi possibile per lavorare a un futuro in prospettiva pacificatrice. E l’occasione della Giornata Europea della Cultura Ebraica sembra il momento adatto per tornare a presentare al mondo l’ebraismo per quel che è, contrapponendo la voce della ragione agli insensati slogan antiebraici che sono riecheggiati in maniera lugubre nelle strade d’Europa fino a pochi giorni fa.

Gadi Luzzatto Voghera, storico

(29 agosto 2014)