Museo della Shoah all’Eur
Paserman era all’oscuro
La notizia dello spostamento del Museo della Shoah da Villa Torlonia all’Eur appare con grande evidenza sui dorsi romani di tutti i principali giornali. Sul Corriere della Sera, dopo l’anticipazione diffusa ieri, Alessandro Capponi dà voce al presidente della Fondazione Museo della Shoah Leone Paserman, che afferma di essere stato tenuto all’oscuro della delocalizzazione e che si è ieri confrontato a lungo con l’assessore ai lavori pubblici di Roma Capitale Paolo Masini. Nell’articolo anche alcune riflessioni del sopravvissuto Piero Terracina. “La proposta di allestirlo in un’altra sede è partita da me, io pensavo a una struttura provvisoria in attesa di Villa Torlonia. Ma comunque – spiega – mi fa felice il nuovo progetto perché reputo fondamentale, per dare seguito al lavoro di testimonianza fatto negli anni da me e dagli altri sopravvissuti, avere un luogo dedicato, appunto, a tenere viva la memoria”. Terracina dice inoltre di comprendere la contrarietà di Luca Zevi (progettista di Villa Torlonia) ma allo stesso tempo pensa che questa idea “sia un segnale importante dato al Campidoglio”.
Il Museo sorgerà al posto di un centro commerciale di lusso in piazzale Marconi. È quanto scrivono Gabriele Isman e Giovanna Vitale, su Repubblica, sottolineando i nodi più spinosi che saranno prossimamente affrontati in sede deliberativa. “Un’operazione ardita, condotta in gran segreto dall’assessore ai lavori pubblici Paolo Masini con alcuni esponenti della comunità ebraica romana – spiegano – che però rischia di trasformarsi in un pasticcio. Perché se è vero che la fretta è dettata dalla necessità di venire incontro ai desideri degli ultimi sopravvissuti, che da anni aspettano di tradurre un sogno in realtà, diverse sarebbero le controindicazioni”. Tra le controindicazioni poste in evidenza da Repubblica il fatto che la gara d’appalto per edificare il Museo della Shoah su via Alessandro Torlonia è ormai arrivata alle battute finali; la spesa di 15 milioni effettuata dal Comune per acquisire l’area accanto alla residenza di Mussolini, a due passi dalle catacombe ebraiche; il fatto che i 21,7 milioni che il governo Monti escluse dal patto di stabilità e la Cassa depositi e prestiti era pronta a erogare a Roma Capitale per far fronte ai costi dell’opera non sarebbero più utilizzabili. “Mandando in fumo – si legge – nove anni di progetti, varianti urbanistiche e tanti soldi”.
Daniele Nahum, responsabile cultura del Pd milanese, è vittima di un violento attacco sul web per le sue opinioni. Sul Giornale Alberto Giannoni scrive che Nahum è “Ebreo e di sinistra: questo deve risultare intollerabile a chi l’ha insultato per le sue posizioni su lsraele, sinistra e ‘pacifismo a senso unico’. Perché probabilmente si dicono ‘di sinistra’ anche coloro che lo hanno preso di mira. Gli hanno scritto per fargli sapere che vorrebbero vederlo ‘a testa in giù’, o per dargli del ‘nazi-sionista’.” Più degli insulti a preoccupare Nahum è “Il fatto che qualcuno abbia sdoganato la parola sionista come insulto. Il sionismo è una dottrina nobilissima, paragonabile al risorgimento italiano. Non ha niente di razzista, è socialisteggiante. Invece ormai l’antisemitismo c’è ma si maschera dietro l’anti-sionismo». E la preoccupazione è tanta, nonostante il segretario provinciale Pietro Bussolati lo abbia difeso.
In Israele è stato annunciato l’esproprio di 400 ettari di terreni palestinesi in Cisgiordania, nel blocco di insediamenti di Gush Etzion. Si tratta di una zona, ora dichiarata “terra dello Stato” dall’amministrazione civile guidata dall’esercito, che, scrive la Stampa, era “già stata occupata dai coloni.”
Sulla Gazzetta del Mezzogiorno Aldo Baquis spiega che si tratta del modo in cui il governo israeliano intende perpetuare la memoria di tre ragazzi rapiti ed uccisi lo scorso giugno in quella zona da una cellula palestinese legata a Hamas. Nonostante il nome poetico scelto per il progetto Ghevaot significa colline -l’annuncio ha suscitato reazioni molto forti: il leader di Peace Now, Yariv Oppenheimer ha protestato che “Così si pugnala politicamente alle spalle il presidente palestinese Abu Mazer”. Tzipi Livni ha criticato il progetto, ma secondo Baquis si è dichiarata “impotente di fronte al volere delle forze armate israeliane in Cisgiordania.” In un’intervista alla radio militare, la Livni ha parlato di “Un’iniziativa improvvida”, aggiungendo che “Abbiamo bisogno dei palestinesi moderati”.
Della ricostruzione di Gaza discuterà la conferenza sugli aiuti internazionali che Egitto e Norvegia co-presiederanno in settembre, ma le prime valutazioni – Maurizio Molinari, su la Stampa – parlano di 5 miliardi di dollari, e la strada è tutta in salita per le difficoltà economiche in cui versa l’Ue. Gli Stati Uniti hanno garantito un contributo significativo, ma resta da capire capire come si muoveranno Turchia, Qatar e Arabia Saudita.
Su la Repubblica la regista Suha Arraf spiega le sue ragioni: la polemica in corso è su “Villa Touma”, il suo film in concorso a Venezia derivano dalla sua decisione di iscriverlo come palestinese, nonostante sia stato finanziato dal Fondo per il cinema israeliano, a cui aveva diritto, come cittadina della Galilea. Il Messaggero racconta come l’ultimo libro di Martin Amis sia stato rifiutato sia dall’editore tedesco Hansen che dal francese Gallimard. “The Zone of Interest tratta della Shoah, in modo satirico, e lo scrittore inglese si interroga sul “perché” e sulla “spiegabilità” di quanto accaduto durante il nazismo. La critica britannica ha accolto The Zone of Interest come il miglior libro di Amis “degli ultimi venticinque anni” ma mentre in Francia i diritti sono stati acquisiti da Calmann-Lévy dopo il rifiuto di Gallimard, in Germania nessuno si è ancora fatto avanti. Ma l’ipotesi che il tema sia troppo delicato per la Germania è stata scartata dallo stesso Amis.
Ada Treves twitter @atrevesmoked
(1 settembre 2014)