…musei

A Roma e in Italia ci si arrovella in queste settimane in polemiche museali che raramente hanno a che fare con esperienze concrete. Ancora si discute sul (bel) museo progettato per villa Torlonia e ora forse spostato altrove, ma quel museo doveva già essere pronto da tempo, e a me pare ci si trovi di fronte – in questo come in altri casi in Italia – a vere e proprie occasioni mancate, sia per l’ebraismo italiano, sia per l’Italia e la sua complessiva offerta turistico-culturale. Si sente spesso affermare che la vera lotta all’antisemitismo si fa promuovendo la cultura e la conoscenza del ricco patrimonio tradizionale ebraico, ma non si può rimanere sempre e solo legati all’enunciato: a un certo punto è necessario concretizzare, e se non lo si riesce a fare alla fine siamo colpevoli tutti. Altrove, in Europa, sorgono e si trasformano esperienze straordinarie, che attirano giustamente molto pubblico. Ho già ricordato in un precedente intervento che questo autunno verrà inaugurato il nuovo museo ebraico di Varsavia http://www.jewishmuseum.org.pl/en/about-museum (che peraltro è già molto attivo). Mentre è di questa settimana la notizia del cambio al vertice del Museo ebraico di Berlino http://www.juedische-allgemeine.de/article/view/id/20148 . Il nuovo direttore Peter Schäfer è un docente di Giudaistica di fama internazionale, e non è ebreo. È stato incaricato dallo stato (il museo è governativo) di sviluppare un’esperienza che attualmente conta 700.000 visitatori l’anno. Un risultato straordinario per un museo fortemente dinamico e che continua a rinnovarsi e a proporre importanti e spesso provocatorie esposizioni temporanee. Nella sua intervista al settimanale Jüdische Allgemeine Zeitung Schäfer ha voluto dare il senso di una nuova prospettiva di lavoro: in sostanza afferma che il museo si deve rinnovare per rispondere ai nuovi interrogativi che la società pone. I tedeschi di oggi vogliono sapere che impatto ha avuto la creazione di Israele sull’ebraismo tedesco, vogliono conoscere la storia del sionismo (e quanto ce ne sarebbe bisogno anche in Italia!), e vogliono sapere cos’hanno fatto del loro ebraismo gli ebrei tedeschi emigrati altrove. Nuovi interrogativi, che pretendono risposte documentate. Mi sembra un buon modo di fare musei. Da noi siamo ancora ai preliminari.

Gadi Luzzatto Voghera, storico

(5 settembre 2014)