Comunicazione in comune

anna segreHo letto con un po’ di rammarico e invidia il pieghevole che informava sul master in Cultura Ebraica e Comunicazione: rammarico per non essere nata vent’anni dopo e non vivere a Roma in modo da poterlo frequentare, invidia per coloro che in futuro potranno occuparsi di comunicazione ebraica avendo a disposizione un ricco bagaglio di strumenti e competenze. Ripenso per contrasto a qual era stato a suo tempo il mio training per fare la direttrice di Ha Tikwà (organo della Federazione Giovanile Ebraica d’Italia): affiancare un paio di volte il mio predecessore, Amedeo Spagnoletto, nell’impaginazione, fare tesoro di alcune sue preziose massime e, soprattutto, essere portata da lui in un luogo inaccessibile in una zona per me sconosciuta di Roma ed essere presentata al titolare della tipografia, un omaccione grande e grosso che si autodefiniva “er terribbile Fabio”. Certo, tutto poco professionale, ma anche – ammettiamolo – divertente e avventuroso.
Penso a quante persone come me ci sono oggi nell’ebraismo italiano, in particolare nelle medie e piccole Comunità ma non solo (non per niente ho fatto un esempio romano), che si sono arrabattate per anni e decenni cercando di acquistare con l’esperienza competenze che non avevano, fidandosi dei saggi consigli dei loro predecessori, sbagliando e imparando dai propri errori. Nella comunicazione (che non significa solo pubblicare giornali ebraici ma anche andare a parlare nelle scuole, guidare i visitatori nelle sinagoghe, allestire mostre, partecipare a dibattiti, fare interviste, ecc.) come in molti altri campi, dall’educazione all’organizzazione di eventi. Possiamo solo rallegrarci se chi si occuperà di queste cose in futuro avrà migliori strumenti e competenze. Ma intanto non sarebbe simpatico se tutto quello che le persone hanno fatto e fanno potesse essere in qualche modo riconosciuto? Il documento governativo “La buona scuola. Facciamo crescere il Paese”, che ho letto in questi giorni, propone di un registro pubblico che documenti le competenze degli insegnanti e i progetti a cui hanno partecipato. Leggendolo mi sono chiesta se non sarebbe possibile tra gli ebrei italiani fare una cosa simile, avere una sorta di elenco che tenga memoria delle esperienze di tutti, non per assegnare titoli formali, ma perché in qualche modo sia riconosciuto l’impegno di ciascuno, senza il quale le Comunità non potrebbero vivere; e poi sarebbe utile poter contattare facilmente le persone, anche in altre città, con esperienze che ci interessano, per chiedere consigli, scambiarsi opinioni, o magari anche solo per condividere storie divertenti.

Anna Segre, insegnante

(12 settembre 2014)