Qui Milano – Jewish and the city
Moshe e le donne dell’Haggadah

SONY DSCIl ruolo delle donne nell’Haggadah, la leadership del maestro Moshe e la modernità della sua figura, l’Egitto di oggi ovvero le nuove schiavitù. Sono alcuni dei temi toccati negli affollati incontri della domenica milanese, segnata dalla seconda edizione di Jewish and the city, il festival internazionale di cultura ebraica di Milano. Appuntamenti che hanno aperto al pubblico molteplici spunti di riflessione e dato un esempio dell’attualità dei temi legati al mondo ebraico. Non solo conferenze e incontri ma anche laboratori per bambini, musiche e cibi della tradizione ebraica e ancora visite alla Sinagoga Centrale di Milano. Una proposta eterogenea con un doppio filo conduttore: Pesach e il concetto della libertà da una parte – tema di questa edizione di Jewish and the City (13-16 settembre) – la donna, argomento al centro della quindicesima Giornata Europea della Cultura Ebraica celebrata ieri, dall’altra.
Tra gli appuntamenti più seguiti, la lezione di rav Alfonso Arbib, rabbino capo di Milano, che si è soffermato sul ruolo delle donne nella Haggadah. Nel racconto di Pesach, figure di grande rilievo sono Miriam, ricorda il rav, sorella di Mosé, e la figlia del faraone che con le loro scelte salveranno la vita di Mosé. L’esempio della figlia del faraone è particolarmente attuale, sottolinea rav Arbib, “è la prima a liberarsi dalla schiavitù dell’Egitto: si ribella al padre, al faraone, si ribella alla persecuzione contro gli ebrei, ed è la prima che comincia il cammino che poi percorrerà il popolo ebraico verso la libertà con l’uscita dall’Egitto”. Anche rav Roberto Della Rocca, direttore scientifico di Jewish and the City nonché direttore del Dipartimento Educazione e Cultura dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, nel corso dell’incontro “Moshé il condottiero” – cui hanno partecipato Antonio Calabrò, David Fargion e Giovanni Battista Storti – ha fatto riferimento alla figura della figlia del Faraone. “Mosè è indicato nella letteratura rabbinica con dieci nomi ma sarà conosciuto con il nome datogli da Batia figlia del Faraone, che diventerà la madre adottiva del nostro Maestro – ha spiegato il rav – Mosè porta quindi nel suo nome e nella sua identità il valore della riconoscenza per la figlia del suo maggior persecutore che in un momento terribilmente drammatico per il popolo ebraico gli salva la vita. Questo insegnamento fondamentale nella storia dell’Esodo ci indica, fin dagli esordi di questa paradigmatica evoluzione, una nuova etica che mette in grande risalto il gesto di coraggio e di solidarietà di una donna che, pur di salvare un bambino innocente, si mette contro suo padre e il suo sistema, divenendo esempio e metafora di tutte quelle minoranze che agiscono e che rifiutano di omologarsi a logiche totalitarie”. È la prima Giusta tra le Nazioni, sottolinea il rav che poi si rivolge al pubblico, “pensate cosa sarebbe successo se la figlia di Mussolini si fosse ribellata nel 1938”.
C’è chi dall’Egitto, ancora oggi, non è riuscito ad uscire, a liberarsi da una condizione di schiavitù imposta e su cui troppo spesso è caduto il silenzio: sono le donne e gli uomini di cui hanno parlato Don Gino Rigoldi, Alessandro Leogrande, Linda Laura Sabbadini, Tobia Zevi e Gad Lazarov. Sono gli emarginati delle periferie milanesi, sono le donne vittime di violenza e di una cultura machista, sono i braccianti in mano ai caporalati nel Meridione d’Italia.
Ma non è stata solo una giornata per i grandi, è lo dimostra il successo delle iniziative per i più piccoli come il laboratorio scientifico Lievito Microscopico Amico curato Daniela Ovadia e Chiara Segre o quello sull’Haggadah tenuto da Laila Efrati e Michelle Nahum Sembir.

d.r.

(15 settembre 2014)