Rosh Hashanah, un nuovo inizio ricordando Eyal, Gilad e Naftali
“Chiamati a un nuovo inizio”, titola l’Osservatore Romano in un articolo sulle imminenti celebrazioni delle feste ebraiche di Rosh Hashanah (capodanno) e Kippur. E per spiegare il significato della teshuva, il pentimento, il quotidiano vaticano si affida alle parole del rabbino francese Rivon Kryeger prima, e poi a quelle del presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna. Ampio spazio, inoltre, è dedicato all’editoriale firmato dall’ambasciatore di Israele presso la Santa Sede Zion Evrony: “Al suono dello shofar”, il titolo del corsivo dell’ambasciatore, che si sofferma sul significato di Rosh Hashanah e Kippur e sui riti e usanze della tradizione ebraica ad essi connessi.
“Quanto avvenuto non ci restituisce le tre magnifiche vite spezzate di Naftali, Gilad ed Eyal, ma mantiene la promessa che avremmo punito i responsabili dell’orrendo delitto”. Lo ha affermato Benjamin Netanyahu, primo ministro di Israele, in seguito alla notizia dell’uccisione dei due terroristi di Hamas, considerati responsabili del rapimento e assassinio dei tre ragazzi israeliani lo scorso giugno. I due terroristi, come ricostruisce Maurizio Molinari su La Stampa, sono stati uccisi in un blitz all’alba a Nord di Hebron, in Cisgiordania, dall’esercito israeliano. “Rachel Fraenkel – riporta Molinari – madre di uno dei ragazzi uccisi, ha confessato di ‘non provare reazioni emotive’ dicendosi però ‘sollevata dal sapere che due individui pericolosi e armati non sono più in circolazione e non potranno essere scambiati nella cornice di un accordo politico’”. Agghiaccianti le esternazioni del portavoce di Hamas Hussam Bardan, che parla dei due assassini come “martiri della Jihad”. “Siamo orgogliosi di quanto avete fatto”, continua Bardan nelle sue esternazioni piene di odio e violenza – non vi dimenticheremo perché avete infranto il mito della sicurezza del nemico”.
Dieci milioni di euro sottratti alla Comunità ebraica di Milano dal suo tesoriere in undici anni. Questo l’ammontare della truffa, secondo la magistratura inquirente, emersa pochi mesi fa ai danni delle casse comunitarie. A riportarlo, nelle cronache milanesi, il quotidiano Repubblica che ricorda come a denunciare gli ammanchi sia stata la stessa comunità. “Secondo l’esposto – riporta il quotidiano – solo attraverso uno sportello della Banca popolare di Milano, l’ex ragiunatt nel lasso di tempo analizzato sarebbe passato all’incasso di ben 600 assegni, senza che fossero apposti però i necessari timbri. II denaro veniva giustificato come pagamenti di fornitori, ma in realtà le operazioni sarebbero state del tutto inesistenti”. 2002-2013, il periodo di tempo su cui indaga la procura, eventuali sottrazioni precedenti sarebbero infatti prescritte. “Assunto nel 1975 con la qualifica di ragioniere – ricostruisce Repubblica – da metà degli anni ’90 era stato promosso tesoriere della comunità. Pochi anni e sarebbero sparite le prime somme consistenti dalla cassa”. “I trasferimenti di questo vero e proprio fiume di denaro – continua l’articolo – sarebbero avvenuti al momento senza alcuna complicità interna. Almeno questo si deduce dal numero di persone finite sotto indagine. All’interno della organizzazione della comunità milanese, si sono succeduti anche dei revisori di conti – addetti al controllo proprio dei bilanci – , che però non si sarebbero mai accorti del raggiro”. La Comunità in sede civile ha ottenuto un decreto di sequestro pari alla somma sottratta, i beni però intestati all’ex tesoriere non sarebbero stati tutti identificati e, a quanto riporta il quotidiano, difficilmente il danno quantificato dalla Procura potrà essere interamente recuperato.
“Senza memoria non siamo niente”. Ad affermarlo, sulle pagine romane del Corriere della Sera, Sergio Rizzo in riferimento alla vicenda del Museo della Shoah di Roma. Ricostruendo i fatti a partire dall’approvazione nel 2007 da parte dell’amministrazione Veltroni del progetto per Villa Torlonia di Luca Zevi e Giorgio Tamburini, Rizzo denuncia le lungaggini burocratiche legate alla realizzazione del Memoriale di Roma. Portavoce della protesta per i “ritardi inammissibili”, scrive Rizzo, è il sopravvissuto Piero Terracina che “chiede l’impegno alla posa della prima pietra almeno per il 27 gennaio 2015, settantesimo anniversario dell’apertura dei cancelli di Auschwitz, individuando contestualmente una sede temporanea fino al completamento dei lavori”. “Proposta – ricorda il giornalista – appoggiata fra gli altri anche dall’architetto Zevi”. “Tutto inutile”, scrive Rizzo che riporta come inizi a circolare “la voce che il museo a villa Torlonia non si farà più, e lo spazio per un memoriale dell’Olocausto potrebbe essere ricavato incredibilmente in uno dei palazzi dell’Eur”. Il risultato, denuncia il Corriere, “è che Roma continua a essere l’unica capitale europea, fra quelle colpite dalla tragedia immane delle deportazioni e della furia nazista, a non avere un museo dedicato al ricordo della Shoah”.
Daniel Reichel
(24 settembre 2014)