J-Ciak – “Kol Nidre” nella Grande Mela

kolnidreFilm perfetto per questi giorni, fin dal titolo. E di fatto “Kol Nidre” venne proiettato la prima volta due settimane prima di Kippur a New York al Clinton Theater, nell’East Side. Era il 7 settembre 1939, una settimana dopo l’invasione nazista della Polonia, e la pellicola portava sullo schermo un’intricata storia d’amore che culmina proprio nel giorno del digiuno. Firmato da Joseph Seiden, uno dei grandi innovatori di quella cinematografia yiddish, il film ci rimanda al tempo in cui la lingua degli ebrei dell’Est era viva, diffusa e protagonista di una grande stagione culturale che il nuovo film di Amos Gitai “Tsili” ci ha da poco riportato alla mente.
Restaurato dal National Center for Jewish Film della Brandeis University, “Kol Nidre” (con nuovi sottotitoli in inglese) sta ora girando gli Stati Uniti di festival in festival sempre riscuotendo forte interesse.
A decretare il successo del film contribuì allora la coppia di protagonisti, Leone Liebgold e Lili Liliana, due attori di Varsavia nella vita marito e moglie, celebri per la loro interpretazione di The Dibbuk. Ma certo la formula di “Kol Nidre” era un tale mix di musica, canzoni, melodie tradizionali, colpi di scena, amori infelici, colpa e redenzione, da accontentare qualsiasi palato.
La storia è quella di Jenny, giovane donna contesa fra due amici d’infanzia che rifiuta di sposare Joseph, destinato a divenire rabbino, e gli preferisce lo scapestrato Jack. Malgrado gli accorati discorsi del padre, la ragazza rinnega l’ebraismo, fugge con Jack, rimane incinta e ben presto si ritrova disperata e senza i soldi per nutrire la sua neonata bambina. L’happy end è quanto mai edificante. Nel giorno di Kippur Jenny, dopo aver lasciato Jack, al suono del Kol Nidre chiede perdono per il suicidio che sta per commettere. Salvata in extremis, ritroverà il padre sul letto di morte e si unirà finalmente in matrimonio al rabbino Joseph (nel frattempo lo scapestrato ha provveduto a togliersi di scena con le sue stesse mani).
Strappalacrime e melodrammatico, “Kol Nidre” mescola molti temi cruciali: dal ruolo della donna, all’identità ebraica, dal conflitto tra generazioni ai rischi dell’assimilazione. Senza trascurare che per i tempi era molto azzardato, tanto che la censura di New York ne cassò una scena considerata sacrilega così il film fu riedito in versione più breve.
Ma ciò che più fa riflettere è il suo background, oggi quasi dimenticato.
Il regista Joseph Seiden, che inizia come proiezionista e cameraman, dagli anni Venti uno dei pionieri della cinematografia yiddish con decine di produzioni brevi e mute che spaziano dalla fiction ai canti liturgici. Nel 1930 giunge a controllare la Rla-Recording Laboratories of America di New York, allora uno dei centri di produzione della cinematografia a base etnica, e negli anni successivi gira numerosi lungometraggi in yiddish tra cui “Love and Sacrifice”, “The Living Orphan”, “Motl the Operator”, “I want to be a border”.
La grande novità è che, proprio alla Rla trova il modo di abbinare il sonoro alle immagini, creando il primo film yiddish parlato: “Style and class”. Al tempo stesso per primo introduce nel cinema yiddish una colonna sonora ottica in “Mayne Yiddishe Mame”. Sono innovazioni importanti, che non trovano però il riscontro che ci si attenderebbe. Il cinema yiddish è allora fatto di pellicole a basso costo e di scarsa qualità, al punto che l’Yiddish Actors’ Union proibisce agli iscritti di recitarvi. Malgrado ciò il genere continua a fiorire e svilupparsi, anche grazie a una concorrenza che dalla Polonia si riduce fino a sparire tragicamente nel nulla.

Daniela Gross

(2 ottobre 2014)