Periscopio – “La leggenda bianca”
Confesso di provare un certo disagio tutte le volte che leggo dei ricorrenti incontri volti a riesaminare, col coinvolgimento congiunto di esponenti della Chiesa cattolica e del mondo ebraico, il ruolo svolto da Pio XII durante la guerra e, segnatamente, nei confronti della Shoah. Un disagio che deriva dalla netta sensazione di essere al cospetto di una sorta di ‘processo’ falsato e forzato, in cui tutti hanno già deciso quale deve essere l’esito finale (assoluzione piena, pienissima, anzi, pubblico encomio ed elogio per l’imputato, con nota di biasimo per tutti coloro che hanno assurdamente osato trascinarlo sul banco degli imputati), e i pochi giurati ancora tentennanti subiscono una fortissima pressione affinché sottoscrivano la dovuta sentenza (ma come fai ancora a dubitare? sei di un’ostinazione tremenda!). La celebrazione di questo processo, com’è noto, è funzionale al raggiungimento di un esito positivo del processo di canonizzazione in corso per papa Pacelli, per il quale pare che si ritenga necessario una sorta di ‘disco verde’ da parte del mondo ebraico, attestante che il Pontefice non ebbe – come molti sostengono, e come tanti elementi starebbero a dimostrare – un atteggiamento debole, se non connivente, nei riguardi del nazismo, e, segnatamente, nei confronti della Shoah. Ma questa delle responsabilità del Pontefice di fronte all’Olocausto non sarebbe altro, secondo un’espressione ormai molto in voga, entrata nella ‘vulgata’ comune, che una malevola “leggenda nera”, destinata inevitabilmente a essere sfatata e smentita.
Riguardo a tale problematica, ho già, in più occasioni, esposto, per quel che vale, il mio pensiero, che si può sintetizzare in due punti essenziali:
1) la canonizzazione di Pacelli non è voluta con spirito anti-ebraico, anzi, il fatto che si desideri una sorta di beneplacito da parte degli ebrei può essere considerato una forma di rispetto, se non di amicizia; si tratta, comunque, di una faccenda esclusivamente interna alla Chiesa cattolica, su cui non è opportuno che si interferisca dall’esterno, e nessuno deve dare autorizzazioni di sorta;
2) se asserire che il papa sia stato un simpatizzante del nazismo può essere considerato una forzatura, molto di più lo sarebbe il presentarlo come un suo aperto oppositore e antagonista. Ci sono mille modi diversi di essere “a favore” e “contro”, e mille posizioni intermedie. Ed è francamente singolare come, per cercare nuovi elementi probatori a tale proposito, si cerchino affannosamente documenti segreti e riservati, che svelerebbero finalmente una presunta ‘verità’ nascosta, trascurando invece quelle che sono state le pubbliche parole e azioni del Pontefice: è tanto difficile ricordare, e paragonare, quello che Pacelli ha detto e fatto contro il comunismo, e ciò che ha detto e fatto contro il nazifascismo? Cosa ha detto il Pontefice sulla Shoah, nei ben tredici anni e mezzo intercorrenti tra la fine della guerra e la sua morte, avvenuta nel 1958?
Ma ciò che soprattutto contesto, in questa sorta di riabilitazione coatta, è il volere fare violenza alla storia, applicando agli anni della guerra categorie e sentimenti che appartengono a epoche successive. Oggi, dopo il Concilio, sussiste, a vari livelli, un prevalente clima di amicizia e vicinanza spirituale tra ebraismo e cristianesimo, e di questo non ci si può non rallegrare. Ma si vuole forse dire che è stato sempre così? Si vuole dire che tutti i papi sono sempre stati amici degli ebrei? Cosa direbbero i riabilitatori di Pacelli se, per esempio, per assurdo, si dovesse riaprire il processo di canonizzazione di Sant’Ambrogio, che rimproverava aspramente l’imperatore per il suo voler punire i cristiani che bruciavano le sinagoghe? Anche lui, come Pio XII, è stato un amico degli ebrei?
Ma si è deciso, comunque, che la “leggenda nera” deve essere debellata, a vantaggio non già della verità storica (della quale pare non importare niente a nessuno, e che comunque, come “atto certificato e notarile”, semplicemente non esiste, e per fortuna), bensì di una candida e benevola “leggenda bianca”. E non sarebbe certo la prima volta che succede. Su tutti i libri di storia, per esempio, si legge che Pio XI, predecessore di Pacelli, avrebbe firmato, nel 1937, una coraggiosa enciclica antinazista, “Mit brennender Sorge’, nella quale, fra l’altro, si sarebbe fatto paladino delle sorti del popolo ebraico minacciato. Lo dicono tutti, è scritto dovunque, quindi deve essere per forza vero, è certamente vero. Nessuno, ovviamente, perde tempo a leggere cosa in quell’enciclica fosse effettivamente scritto, a proposito del popolo ebraico: il quale non veniva mai neanche nominato, se non attraverso un riferimento, nel terzo capitolo, al “misfatto dei crocifissori di Cristo”, al quale questi avrebbe opposto “l’azione divina della sua morte redentrice”. Perché leggere? Perché sfatare un’altra bella “leggenda bianca”?
Francesco Lucrezi, storico
(8 ottobre 2014)