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Le Sheva Mitzvoth Beneh Noach sono l’etica universale dell’umanità secondo la tradizione rabbinica. Queste sette leggi si possono riassumere in tre principi fondamentali: non fare idolatria; non commettere atti crudeli contro le creature; istituisci tribunali.
In merito alla modalità di accettazione di questi sette principi, il Maimonide sembra voler sottolineare che la fede nel D-o unico Creatore dell’universo sia il prerequisito senza il quale non si possa essere considerati Beneh Noach. Rambam – Hilchos Melachim 8:11: “Chiunque accetti su di sé il giogo di queste Sette Mitzvoth ed è scrupoloso nella loro osservanza è chiamato con l’appellativo di Pio tra i Gentili (Chasidei Umot HaOlam) e avrà parte nel mondo a venire (Olam HaBah)”. Questo avviene solo quando l’accettazione e la soggezione personale alle Leggi derivano dalla consapevolezza che queste siano state comandate dal Signore, Benedetto Egli sia, nella Torah e trasmesse tramite Moshe, nostro maestro, sul Monte Sinai; e che in precedenza queste siano state comandate dall’Onnipotente direttamente ai discendenti di Noach.
Fonte 1: chiunque s’impegni nel rispetto delle Sette Leggi universali per mera convinzione intellettuale, non è definibile né come residente straniero, né come Pio tra i Gentili, né come Saggio. Tuttavia esiste una versione diversa del testo che ha fatto tanto discutere anche a livello accademico.
Fonte 2: ad ogni modo, chiunque s’impegni nel rispetto delle Sette Leggi universali per mera convinzione intellettuale, non è definibile né come residente straniero, né come Pio tra i Gentili, ma esclusivamente quale Saggio.
Questa seconda versione sembrerebbe voler includere tra i Beneh Noach anche coloro (la figura del Saggio) che aderiscono ai principi universali delle Sette leggi del Noachismo solo per mera speculazione razionale (senza una necessaria rivelazione). Tuttavia trovo quanto mai sorprendente questo modo di interpretare il Maimonide sulla base di questa “nuova” versione del testo. Se è pur vero che il Maimonide propende per una via speculativa razionale verso la conoscenza del Creatore, è anche vero che lo stesso Rambam pone a termine del suo percorso un “salto nella fede” (mi si permetta l’espressione) sulla scia dei Profeti. Su queste basi trovo difficile sostenere un’interpretazione come quella sopra citata basata sulla “seconda” versione del testo di Maimonide. Si tenga presente anche che all’interno della proibizione dell’idolatria all’interno delle stesse Sheva Mitzvoth Beneh Noach (secondo la maggioranza delle interpretazioni) è implicita la fede nel D-o unico, Creatore dell’universo. Sarebbe quindi questa fede un presupposto del Noachismo. Come conciliare questo presupposto di fede con una eventuale accettazione delle Sette Leggi Noachidi per mera via speculativa razionale?

Paolo Sciunnach, insegnante

(20 ottobre 2014)