La resistenza curda

Francesco Moisés BassanoL’eroica resistenza dei curdi di Kobane assediati dai terroristi dell’IS, sembra destinata all’abbandono e a risvolti tragici, dal ruolo ambiguo e doppiogiochista della Turchia, al disinteresse della Sinistra internazionale più occupata a condannare e a boicottare Israele, all’incapacità della presidenza USA ad optare per un intervento più risolutivo, con il quale verrebbe in tal caso puntualmente tacciata di imperialismo.
Curioso che la realizzazione di un’entità curda nella regione del Rojava, porterebbe con sé il modello politico del pensatore ebreo-americano d’ispirazione libertaria Murray Bookchin: il cosiddetto ‘municipalismo libertario’, tradotto dal PYD e dalla dirigenza del PKK come ‘confederalismo democratico’. Dopo aver abbandonato la classica impostazione marxista-leninista, lo scopo del PYD/PKK sarebbe infatti la costruzione non di uno stato curdo, ma di una società democratica, composta da una confederazione di libere comunità fondate sull’autogoverno, sulla democrazia diretta e sulla cooperazione economica, che accolgano al loro interno le diverse entità etniche e religioni locali e facciano propria l’emancipazione femminile. L’attivista americano di origine ebraica David Graeber, in un recente articolo sul Guardian, “Why is the world ignoring the revolutionary Kurds in Syria?” non tarda a paragonare il conflitto in corso tra i guerriglieri curdi del YPG e le milizie dell’Is alla Guerra Civile Spagnola – nella quale il padre aveva partecipato con le Brigate Internazionali – sottolineando le caratteristiche democratiche della regione siriana sotto controllo dei curdi: “Sono state create assemblee popolari che costituiscono il supremo organo decisionale, consigli che rispettano un attento equilibrio etnico (in ogni municipalità, per esempio, le tre cariche più importanti devono essere ricoperte da un curdo, un arabo e un assiro o armeno cristiano, e almeno uno dei tre deve essere una donna), ci sono consigli delle donne e dei giovani, e un’armata composta esclusivamente da donne, la milizia YJA Star.
Difficile appurare se questo esperimento sociale, che ricorda il sogno comunitarista di Martin Buber per Eretz Israel, possa realmente funzionare o se invece si rivelerà fallimentare come altre esperienze analoghe, facendo emergere invece derive autoritarie. Certamente, la situazione attuale con l’IS costantemente alla conquista di nuovi territori e posizioni strategiche, stanno mettendo seriamente in pericolo, le popolazioni minoritarie dell’area e ogni tentativo di stabilità politica nelle zone sotto controllo curdo, e forse a complicare il contesto è proprio anche il delicato equilibrio etnico-religioso della regione – non mancano curdi musulmani che si sono uniti nelle file dell’Is, e una parte della popolazione araba del Nord-Est della Siria non nega una qualche collaborazione con gli islamisti –
Al di là dei progetti utopici, o dell’eventuale condivisibilità ideologica nei confronti dei guerriglieri curdi, costituenti comunque un universo complesso ed eterogeneo, l’Occidente non può continuare ad ignorare, che per il momento, essi rappresentano l’unica resistenza all’indiscriminata barbarie dell’IS, che ha ormai poco da invidiare alle furie fasciste che si abbatterono sull’Europa del secolo scorso.

Francesco Moises Bassano

(24 ottobre 2014)