“Una sentenza storica”
La Corte della Costituzionale ha deciso: contro i crimini di guerra e i diritti umani non può valere il principio dell’immunità degli Stati dalla giurisdizione civile degli altri Stati. Le vittime italiane del nazismo potranno dunque chiedere risarcimenti alla Germania. “Una sentenza storica”, queste le parole del presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna riprese dal Sole 24 Ore. Dalla Germania la risposta è però gelida, su La Stampa la dichiarazione del ministro degli Esteri tedesco: “Il governo tedesco sta analizzando la sentenza. E in conseguenza di ciò saranno da decidere eventuali necessari passi per far valere l’interpretazione giuridica del governo tedesco, confermata appieno dalla Corte internazionale dell’Aja nel febbraio del 2012”. Su la Stampa si ripercorrono dunque i tre momenti chiave della vicenda: nel “2008 la Cassazione italiana condanna la Germania a risarcire i familiari delle vittime italiane delle stragi naziste, è il 2012 quando la Corte internazionale dell’Aja accoglie il ricorso della Germania per ottenere il blocco delle indennità. Arriviamo dunque al 2014, anno in cui la Consulta giudica incostituzionale la norma che recepisce la sentenza dell’Aja sull’immunità della Germania”.
“Crisi nella Comunità ebraica”, questo l’incipit dell’articolo di Alberto Giannoni sull’edizione milanese de il Giornale. Dopo la giunta comunitaria, il presidente Walker Meghnagi ha infatti deciso di dimettersi. Una spaccatura aperta – secondo le parole di Giannoni – dall’ala della ‘sinistra’: “Le dimissioni sono il risultato dell’offensiva della ‘sinistra’ interna, che si è rifiutata di votare l’atto più importante, il bilancio, non tanto – lo riferiscono fonti vicine alla comunità – per problemi legati al contenuto del bilancio, ma per la richiesta di un rimpasto nell’organo esecutivo dell’ente. Questo nuovo assetto di giunta è stato rigettato, non tanto nel merito, quanto per il tono ultimativo della proposta”. Per la comunità, conclude Giannoni, il momento è “delicatissimo”.
Dopo l’attentato dello scorso mercoledì a Gerusalemme, nel quale un terrorista a bordo di una macchina ha travolto dei civili, uccidendo una bimba di tre mesi, Fiamma Nirenstein firma sul Giornale una riflessione: “Per i nuovi terroristi l’auto è un’arma e i passanti l’obbiettivo”. Nirenstein ripercorre le drammatiche ore: “La mamma si liscia la gonna, il padre spinge la carrozzina, anche loro sono quasi ragazzi. E, un attimo dopo, sui viaggiatori piomba un’auto bianca. Si avventa a tutta velocità sulla pensilina affollata, uccide Chaia, ferisce 7 persone. Niente rende un attacco più letale della sua domesticità, e che cosa può essere più usuale di un’utilitaria che si avvicina”. È sempre una macchina il folle mezzo utilizzato per l’attacco a “Patrice Vincent, il soldato ucciso lunedì scorso a Montreal con un’automobile dal neoconvertito islamista Martin Couture Rouleau, che voleva unirsi all’Isis e glorificava il martirio sul sito del gruppo islamista”. Il Canada sembra essere nel mirino: a Ottawa mercoledì un terrorista si è infiltrato in Parlamento. Carlo Panella su Libero collega la vicenda a due errori già compiuti dai Servizi di sorveglianza francesi che non riuscirono a fermare gli attentatori della scuola ebraica di Tolosa e del Museo ebraico di Bruxelles, Mohammed Merah e Mehdi Nemmouche.
Presentata ieri a Montecitorio la campagna contro il pregiudizio “Anche le parole possono uccidere”, diffusa sulle testate cattoliche e che arriverà nelle scuole e negli oratori. A supporto dell’iniziativa – scrive Avvenire – SWG ha realizzato un’indagine demoscopica per verificare quanto pesi la ‘narrazione collettiva’: “Il 24% degli intervistati non gradirebbe un vicino ebreo”.
Grande intervista al direttore d’orchestra Daniel Barenboim a firma di Giuseppina Manin sul Corriere della Sera, che lo definisce “un uomo di pace”. Il nove novembre Barenboim dirigerà la alla Porta di Brandeburgo di Berlino la Nona di Beethoven, un’occasione per riflettere sui ‘muri’. Alla domanda “Quale muro vorrebbe veder cadere”, risponde: “Quello di Gerusalemme. Ma la speranza è sempre più flebile, tutti hanno perso di vista i vantaggi della pace. Gaza soffre e Israele non vince. Una partita di sangue in eterno pareggio”.
Sono diversi e interessanti gli spunti del Corriere della Sera Sette: da un approfondimento di Gian Arturo Ferrari su Giorgio Bassani e le sue Cinque storie ferraresi: una città che “da luogo di serenità e armonia diventa luogo dell’indicibile e dell’orrore”, all’articolo di Paolo Pagani che ricostruisce il combattuto e dibattuto pensiero di Baruch Spinoza, aprendo uno spazio alla polemica. Dall’archivio storico del Corriere, infine, una menzione a Francesco Ruffini, collaboratore del giornale, che nel 1920 pubblica un suo articolo dal titolo Sionismo. Una causa, quella dello Stato ebraico, che sosteneva con forza.
Da venerdì 31 ottobre il bunker antiaereo costruito a Villa Torlonia per proteggere Benito Mussolini, sarà aperto al pubblico e visitabile su prenotazione. A scriverne la Repubblica che lo definisce “il bunker più celebre d’Italia”.
Grande spazio su il Venerdì per il libro inchiesta Anime Baltiche di Jan Broken (ed. Iperborea) che ripercorre le biografie di grandi intellettuali come Gidon Kremer e Romain Gary. Sebastiano Triulzi commenta: “Ne è uscito fuori il ritratto di una generazione di figli devastati da genitori rovinati dalla storia, dai nazionalismi, dal razzismo, dall’antisemitismo, dall’assurdità della guerra, figli che talvolta appaiono stupendi in confronto a quello che hanno dovuto subire”.
Su IL, mensile del Sole 24 Ore, Nadia Terranova fa un viaggio letterario “Tra i venti-trentenni di Yehoshua e Oz – con una’avvertenza – Tra gialli e storie di migranti, non si parla più solo di guerra e memoria”.
Il Giornale, infine, annuncia che ad aprire il Bookcity di Milano, il 13 novembre al Teatro Dal Verme, ci sarà lo scrittore israeliano David Grossman.
Rachel Silvera twitter @rsilveramoked
(24 ottobre 2014)