Napoli – I 150 anni della Comunità in mostra Una città e la sua storia ebraica
Inaugurata oggi alla Biblioteca Nazionale in Piazza del Plebiscito la mostra “La Comunità ebraica di Napoli 1864 – 2014: 150 anni di storia”, realizzata con il sostegno della Presidenza della Repubblica e il patrocinio della Regione Campania, dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e della Fondazione Beni Culturali Ebraici. L’esposizione sarà visitabile fino al 12 dicembre e farà una seconda tappa all’Archivio di Stato dal 14 gennaio al 28 febbraio con nuovi materiali archivistici. Un viaggio appassionante tra gioie e dolori documentato da fotografie, oggetti liturgici, il raro incunabolo edito nel 1492 e una grammatica ebraico-latina scritta dall’esule pugliese Abramo de Balmes e pubblicata a Venezia nel 1522. Duemila anni di storia ebraica interrotti bruscamente dall’espulsione nel 1510 e ripresi nel 1864 dopo l’Unità d’Italia. A fare gli onori di casa, Simonetta Buttò direttrice della Biblioteca nazionale di Napoli, “Per me è un emozione perché è il primo evento nel quale presenzio in qualità di direttrice della Biblioteca ed è il segno dell’entusiasmo e della vitalità culturale della città. Durante la mia permanenza a Roma, alla Biblioteca di Storia Moderna e Contemporanea a pochi passi dall’antico ghetto ebraico, sono venuta spesso a contatto con la comunità romana, facendo nascere fruttuose collaborazioni. La mostra che oggi inauguriamo è stata realizzata grazie al mio predecessore Mauro Giancastro e al curatore Giancarlo Lacerenza del Centro di Studi Ebraici dell’Università L’Orientale, ma anche a tutto lo staff della biblioteca che ha cercato di integrare, con il proprio fondo, il materiale esposto”. Interviene poi in rappresentanza dell’assessore all’educazione della Regione Campania Caterina Miraglia, Ottavio Di Grazia: “Favorire incontri con le diverse culture che compongono il mosaico della città è per noi frutto di orgoglio”. Imma Ascione, direttrice dell’Archivio di Napoli, svela il percorso della mostra: “A partire da gennaio nel nostro archivio verranno esposti documenti che si focalizzeranno maggiormente sull’espulsione degli ebrei dall’Italia meridionale nel 1510 e sul periodo di reinserimento con Carlo di Borbone attraverso il suo primo ministro Joaquin de Montealegre, considerato il ‘visir’ del regno e probabilmente di origine ebraica (a testimonianza una lettera). A differenza delle passate occasioni, questa esposizione sarà più ambiziosa e coprirà un arco temporale lungo e complesso. Dopo aver messo per anni il focus della ricerca sul periodo della Shoah, analizzeremo gli anni precedenti. Prenderemo in considerazione per esempio l’epoca aurea dei Rothschild che, giunti a Napoli, saranno la svolta per gli ebrei della città”. Sandro Temin, consigliere dell’UCEI, portando di saluti del presidente Renzo Gattegna, esordisce: “Noi ebrei napoletani abbiamo un legame fortissimo con la città. Quando finalmente possiamo smettere di vagare, ci affezioniamo al luogo che ci accoglie. Napoli si distingue dalle altre venti comunità ebraiche italiane per due motivi; il primo è l’assenza di ghetti che coincide con l’assenza degli ebrei, espulsi dietro la volontà dei reali spagnoli. Il secondo è datato settembre 1943, l’anno in cui la città si è battuta strenuamente contro l’occupazione nazista, elemento fondamentale che non dobbiamo mai dimenticare. La nostra città ci ha accolti e dopo un periodo buio, è sempre più curiosa di partecipare agli eventi ebraici a porte aperte”. Il presidente della Comunità ebraica di Napoli Pier Luigi Campagnano sottolinea: “Noi abbracciamo tutto il sud Italia ebraico. Abbiamo una storia ricca di eventi che questa mostra ricostruisce egregiamente”. Dopo i saluti del cardinale Sepe che non ha potuto partecipare, a prendere la parola il professore Alfredo Tedeschi: “Quello che mi preme mettere in evidenza è il legame tra l’espulsione degli ebrei nel Meridione e il crollo economico delle regioni del Sud. Un punto interessante è inoltre il caso di Livorno; una città portuale nata per volere dei Medici e che per essere popolata (dato l’ambiente malsano) fu aperta agli ebrei cacciati da Spagna e Meridione, diventando una delle comunità ebraiche più influenti d’Europa. In qualche modo quello che fu tolto a Napoli con l’espulsione del 1510, ritornò a Livorno”. A concludere, le parole del curatore Lacerenza che espone i sei nuclei tematici di cui si compone la mostra: “Abbiamo impiegato dieci lunghissimi mesi per allestire questo lavoro, diviso in sei teche che comunicano tra di loro. Il primo si incentra sui 2000 anni degli ebrei a Napoli ed espone un Sefer Torah e degli arredi liturgici, oltre che la stampa della Mishnah di Giosuè Soncino datata 1492 e la grammatica del 1522, inoltre c’è una foto di Piazza della Borsa, antica sede della scuola ebraica e dove sorgeva la cartoleria Lattes. La seconda teca è dedicata ai Rothschild e i loro contributi alla città; dall’ospedale a Villa Pignatelli. Per la terza sezione sulla vita religiosa, le foto del primo rav della comunità Beneamino Artom, del quale esponiamo anche il primo discorso tenuto il secondo giorno di Rosh Hashanà del 1864 e l’opera di Giuseppe Cammeo sui cenni storici della comunità israelitica a Napoli oltre che le immagini di rav Isidoro Kahn. La quarta è dedicata alle attività commerciali ebraiche con grande famiglie come i Rouff, i Campagnano, Mario Recanati che porta il cinematografo in città, i Soria e Giorgio Ascarelli, imprenditore tessile e protagonista del calcio napoletano”. Il funerale di Ascarelli ad esempio fu un evento che coinvolse l’intera città. Si termina con il periodo delle persecuzioni, con foto di pochi mesi prima del drammatico autunno del ’38 e si passa alla più rosea situazione attuale della comunità. Esposto inoltre un Parokhet dono di Leone Vita Lattes. “L’ultima immagine che mostro – spiega il curatore – raffigura l’arrivo del nuovo Sefer Torah in comunità. La Torah apre e chiude questa mostra che racconta un popolo in cammino”.
Rachel Silvera twitter @rsilveramoked
(12 novembre 2014)