…shalom

Vorrei tornare sulla situazione israeliana su cui mi sono soffermato la settimana scorsa e su cui, per proprie vie, hanno scritto Daniel Funaro e Francesco Lucrezi, che leggo sempre con attenzione (entrambi). È certissimamamente vero che il conflitto di oggi ricade in massima parte sulle spalle del mondo palestinese, dilaniato come tutto il mondo arabo e incapace di esprimere una qualunque forma di società civile. Aggiungo che basterebbe osservare gli omicidi di questi giorni per farsi un’idea dell’abisso culturale, sociale e politico che separa le due realtà. Di più, il riconoscimento dello Stato ebraico da parte musulmana è un problema atavico, non certo una contingenza dei giorni nostri dipendente dalle scelte del governo Netanyahu o di chiunque altro. Purtroppo, però, la cornice in cui si vive non è decisa da noi e, proprio tenendo conto di un quadro così desolante, bisognerebbe, a mio giudizio, fare doppia attenzione alle scelte che si fanno. Se, per intendersi, si marcia allegramente verso la Spianata delle moschee, si sa già il risultato, non c’è bisogno di chissà quale mente politica per intuirlo. Allora, resta la questione: ohev shalom ve rodef shalom, in qualunque situazione ci si trovi. Se, poi, serve la guerra per raggiungere la pace, bisogna fare anche la guerra.

Davide Assael, ricercatore

(12 novembre 2014)