Europa Ebraica – La vita condivisa della Moishe House

moishe houseLo squillo ritmato e gocciolante di Skype e dall’altra parte dello schermo compaiono facce sorridenti e una cucina dall’atmosfera familiare. È la vigilia di Sukkot, gli inquilini di Moishe House Moscow hanno appena finito di costruire la Sukkah per la festa e ora si dedicano a friggere le latkes, frittelle di patate tipiche della cucina ashkenazita. “Profumo eccezionale” assicurano Anna, Anna e Daria. Sono loro le attuali abitanti della dimora affiliata all’organizzazione che, nata in California nel 2006, conta oggi oltre sessanta case, di cui una quarantina negli Stati Uniti e le altre sparse nei cinque continenti. “Un’organizzazione internazionale e pluralista, che fornisce esperienze ebraiche ricche di significato ai giovani” si presenta Moishe House sul suo sito internet. A offrire qualche dettaglio ulteriore sui suoi principi cardine è Jeremy Borovitz, americano, 27 anni, direttore europeo per l’educazione ebraica, in Russia per un giro dei quattro centri affiliati, dalla capitale a Khabarovsk, estremità orientale del paese, 30 chilometri in linea d’aria dalla Cina. “Tipicamente, dentro ogni Moishe House vivono dai tre ai cinque giovani fra i 20 e i 30 anni di ogni tipo di background ebraico, che ricevono supporto economico per coprire le spese di affitto e in cambio si impegnano ad aprire le porte alla comunità, offrendo eventi e momenti di aggregazione di diverso genere” sottolinea, specificando pure che le case, solitamente appartamenti, non sono di proprietà, ma vengono appositamente affittate. “Generalmente, l’organizzazione non possiede immobili, e questo consente la massima flessibilità, compreso il fatto che noi membri dello staff viviamo davvero in tutto il mondo, dagli Stati Uniti a Gerusalemme”. La vocazione internazionale è davvero evidente dando uno sguardo alla geografia dei centri aperti, da Pechino a Cape Town. Forte la presenza anche in Europa. Due anni fa, la Moishe House di Londra è stata prescelta dall’Economist per raccontare “un nuovo approccio all’ebraismo” in uno dei servizi che componevano lo speciale “Alive and well” dedicato alla vita ebraica del XXI secolo. E solo nell’estate 2014, due nuove case hanno aperto i battenti a Praga e a Parigi, quest’ultima proprio nella zona della Synagogue de le Roquette, tristemente nota negli ultimi mesi per essere stata oggetto dell’assalto antisemita di una manifestazione filopalestinese. Precauzioni sì, ma niente paura, hanno assicurato i neo inquilini, esprimendo tutto il loro entusiasmo di fronte alla sfida di creare una comunità giovane e per tutti. Moishe House è nata nell’idea di offrire un’opportunità di aggregazione a chi ha terminato gli studi, e si trova dunque fuori dalle attività delle associazioni studentesche. Nel 2013 sono stati 80mila i partecipanti ai suoi programmi in tutto il mondo. Per Sukkot, la capanna costruita a Mosca ha fatto bella mostra di sé sulla terrazza di una delle vie più importanti della città, e l’agenda si è riempita di eventi: una conferenza sul significato della festa, un Cooking Party, lezione di massaggi e club d’inglese. “Gli inquilini di tutte le case si impegnano a offrire un certo numero di eventi mensili in proporzione ai fondi che ricevono – spiega Jeremy – Quella di Mosca è una delle più finanziate, per questo devono organizzarne almeno sette”. L’attenzione alla popolazione ebraica in lingua russa è molto forte in Moishe House. Sono nove le case nei paesi dell’ex Unione sovietica (oltre che in Russia, in Ucraina, Lettonia e Moldavia), a cui si aggiungono tre Moishe House dedicate negli Stati Uniti. “Ogni casa ha la sua personalità, e risponde alle caratteristiche dell’ebraismo locale, alle sue esigenze, e non a quelle dell’organizzazione centrale – spiega ancora Jeremy – Per quanto diversi tra loro però, tutti gli inquilini hanno in comune la voglia di condividere e di fare qualcosa per la comunità”. Proprio per riflettere sul significato di “casa ebraica” e di cosa la rende tale, si terrà a Budapest a metà novembre una conferenza che vedrà la partecipazione di attuali inquilini, alumni e simpatizzanti, puntando su un mix di aggregazione e momenti educativi, compreso lo studio dei testi ebraici sull’argomento. “Mi sono innamorato di Moishe House quando ho cominciato a frequentare quella di Kiev, dove ho vissuto per un certo periodo. Le opportunità che offre sono incredibili, e soprattutto sono incredibili le persone che ti permette di incontrare, tutte diverse e tutte speciali” conclude Jeremy. Che poi sottolinea: “Moishe House non vede l’ora di aprire le porte anche in Italia”.

Rossella Tercatin

Europa Ebraica novembre 2014

(13 novembre 2014)