Qui Roma – 1940-1943: gli italiani al fronte e la propaganda fascista

copertinaVincerePresentato ieri all’Istituto Luigi Sturzo di Roma il libro di Mario Avagliano e Marco Palmieri “Vincere e vinceremo!” (ed. Il Mulino). Un volume che, attraverso fonti diverse (lettere personali, documenti istituzionali e d’archivio), ricostruisce la vita e sentimenti degli italiani al fronte tra 1940 e 1943. A discuterne con gli autori, Ernesto Nassi, Presidente Anpi del Comitato Provinciale di Roma, il giornalista e scrittore Roberto Olla e Alessandra Tarquini, docente di storia all’Università La Sapienza. Invia il suo messaggio anche il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Luca Lotti: “Questa è un’opera ambiziosa e una conquista storica. Per capire veramente la Seconda Guerra Mondiale bisogna studiare anche le vite di coloro che combatterono dalla parte sbagliata. I due autori hanno dimostrato una grande passione e impegno civile e scientifico”. Vengono letti, da Rosario Tronnollone alcuni stralci del libro, missive di soldati al fronte che inneggiano alla guerra: “Dobbiamo vincere e vinceremo!” scrive Emilio Petrelli, e ancora “Le madri e le spose d”Italia non devono piangere”.
avagliano libroErnesto Nassi si dichiara entusiasta: “L’opera di cui parliamo oggi fa capire davvero cosa era l’Italia quando decise di entrare in guerra. In alcune lettere ancora si respira il senso di illusione, mentre in altre si intuisce la progressiva crescita della consapevolezza. Mi ha colpito rilevare il rapporto fortissimo tra alcuni soldati e i propri parroci, ai quali indirizzavano numerose lettere e il rapporto tra gli stessi e il duce. Scrivono continuamente: ‘se il duce scoprirà questa cosa saranno guai!’, quando si presentavano dei soprusi. Mussolini, nonostante la sua vita affatto cristallina, veniva sollevato da qualsiasi responsabilità. Spero dunque che questo libro venga studiato nelle scuole”. Interviene poi Alessandra Tarquini: “Vincere e vinceremo, è stato scritto con chiarezza e maestria. Vuole dimostrare una tesi fondamentale, ovvero come la guerra non sia stata subita da popolo italiano ma voluta; viene quindi intessuto nella narrazione un apparato di fonti pubbliche e private tenute insieme con cognizione di causa. Gli autori la definiscono una storia emozionale, ma credo che, sia che si parli di singoli soldati che di macro-eventi, la storia sia sempre emozionale. Il mito del duce inoltre è stata una caratteristica non delle classi più basse e meno istruiti: molti intellettuali come Giuseppe Bottai lo sostenevano e ne subivano il fascino”. “Il dramma è che la Seconda Guerra Mondiale non viene studiata o spiegata abbastanza in Italia – aggiunge Olla – da bambino passavo sempre davanti al ‘palazzo vinceremo’ di Cagliari; non ci fu mai una volta che qualcuno mi spiegò il significato di quel nome bislacco. La storia fascismo è stato per troppo tempo una materia inerte e ancora adesso in televisione vengono trasmessi documentari nei quali non si condanna fino in fondo la figura di Benito Mussolini, come se quel mito fosse rimasto intatto”.

Rachel Silvera, twitter @rsilveramoked

(14 novembre 2014)