In Belgio torna la paura, aggredito un rabbino

rassegnaIl Belgio torna ad essere nel mirino di violenti attacchi antisemiti: ieri ad Anversa un rabbino è stato aggredito e ferito al collo mentre andava in sinagoga. A dare la notizia, Avvenire: “la vittima è stata ricoverata in gravi condizioni ma la sua vita non è in pericolo. L’aggressione è avvenuta ieri mattina mentre il rabbino, 31 anni, si stava recando in sinagoga. La polizia belga ha aperto immediatamente un’indagine e al momento non è chiaro se si tratti di un’aggressione antisemita o dovuta a motivi criminali. Ad Anversa vive una numerosa comunità ebraica di 15-18mila persone, per la maggior parte ultraortodossi”. E se per il momento i moventi non sono ancora stati confermati, in Belgio torna l’incubo, dopo l’attentato al Museo Ebraico di Bruxelles dello scorso maggio nel quale morirono quattro persone.

Il Giornale dedica oggi un’ampia intervista a Paolo Giachini, il legale che difese l’SS Erich Priebke, condannato all’ergastolo per l’eccidio delle Fosse Ardeatine e lo ospitò in casa propria. Un colloquio nel quale non mancano parole dure nei confronti della comunità ebraica, nel tentativo di riabilitare il nome di Priebke. “Giachini ha assistito Priebke nelle aule di giustizia e lo ha accudito con attaccamento filiale nei 18 anni di detenzione ai domiciliari”. Nella lunga intervista, Stefano Lorenzetto tenta di capire cosa ha portato Giachini a difendere Priebke: “Un’occhiata all’albero genealogico aiuta a capire la metamorfosi. Il padre Bruno, generale di divisione morto nel 1977, combatté a El Alamein e fu l’unico italiano che riuscì, dopo varie fughe, a tornare in patria dal campo di concentramento numero 305 di Kassassin, presso i Laghi amari del canale di Suez, dove a partire dal 1944 gli inglesi avevano concentrato i prigionieri più pericolosi. Il nonno Luigi, anche lui generale, fu al fianco di Rodolfo Graziani, viceré d’Etiopia, nella guerra d’Africa; per il coraggio dimostrato, il maresciallo d’ Italia gli donò un proprio busto bronzeo, un affresco e una rastrelliera di «armi tolte al nemico», recitala targa d’ ottone, tutti cimeli oggi custoditi dal nipote avvocato. Il nonno materno, Gaetano Rossi, fu direttore generale della Gioventù italiana del littorio e venne epurato, come quello paterno, per aver aderito alla Rsi”. Giachini dichiara poi di vedere il ritrovamento di Priebke in Argentina e il conseguente arresto come una messa in scena: “Il mostro doveva essere condannato a prescindere. Una lobby mondiale lo pretendeva. Come crede che si finanzino i centri ebraici che ancora danno la caccia ai criminali di guerra? Tallonano banche come il Credit Suisse, che nel 1998 ha dovuto sborsare 1,25 miliardi di dollari, e aziende. Ne sa qualcosa Ingvar Kamprad, fondatore dell’Ikea, fra i 15 uomini più ricchi del pianeta, costretto a 88 anni a difendersi da accuse pretestuose sul suo passato di filonazista”. “Presumo che lei non sia molto simpatico alla comunità israelitica romana”, aggiunge Lorenzetto e Giachini risponde: “L’ha detto. Ma solo alla frangia estremista oggi al potere. Eppure sono stato invitato in Israele dai professori Michael Tagliacozzo e Marek Herman, ho visitato il museo dell’Olocausto dedicato a Yitzhak Katzenelson e ho studiato con loro per due giorni documenti anche su Priebke custoditi nella Casa dei combattenti del Ghetto ad Haifa”.

Mai Al Kaila è riconosciuta in Italia come l’ambasciatore straordinario e plenipotenziario palestinese. Su Libero Fausto Carioti analizza la sua linea politica mentre Federica Mogherini, responsabile della politica estera europea, mette in cima alla propria agenda il riconoscimento dello Stato palestinese: “una posizione apprezzabile, – scrive Carioti – se non fosse contraddetta dalle frequenti prese di posizione di un personaggio che la Mogherini dovrebbe conoscere bene: la stessa Mai Al Kaila, che non perde occasione per manifestare la propria vicinanza ai terroristi responsabili di azioni contro Israele e i civili israeliani”. “Classe 1955, legata al partito Al Fatah, prima di venire in Italia la signora Al Kaila ha servito come ambasciatore in Cile. Nata a Gerusalemme, ha studiato medicina. Per 17 anni ha lavorato per la Unrwa, l’Agenzia delle Nazioni Unite che si occupa dei rifugiati palestinesi e i cui dipendenti spesso sono stati scoperti essere complici o affiliai di Hamas e altre organizzazioni terroristiche. Nel 1986 è stata prigioniera nelle carceri israeliane. Ha ricevuto il gradimento di Giorgio Napolitano come ambasciatore in Italia nell’agosto del 2013”. Sul proprio profilo Facebook, spiega Carioti, Mai Al Kaila lancia spesso, in lingua araba, invettive contro Israele e omaggi ai terroristi: “Il 6 novembre oggetto degli elogi di Al Kaila è il terrorista Moataz Hijazi, 32 anni, ucciso pochi giorni prima dall’esercito israeliano dopo che costui aveva tentato di assassinare il rabbino ed attivista Yehuda Joshua Glick. ‘Pietà per il mille volte martire Moataz Hijazi e per Abu Ammar, signore dei martiri’, scrive su Facebook l’ambasciatore palestinese, che con ogni probabilità quando parla di Abu Ammar intende riferirsi ad Arafat”.

La Repubblica segnala l’appuntamento al Teatro Verdi di Pisa il 22 e 23 novembre con l’opera lirica Il Ghetto. Varsavia 1943 di Giancarlo Colombini: “La partitura, libretto di Dino Borlone, premiata nel 1970, da Herbert Von Karajan al Concorso ‘Guido Valcarenghi’ parla della Resistenza degli ebrei polacchi. Sul podio Gianluca Martinenghi, regia di Ferenc Anger”.

Monica Perosino su la Stampa, dedica spazio ad una delle vicende più drammatiche del momento: la prigionia delle donne yazide nella mani dell’Isis. “Schiave, le definiscono i jihadisti, o bottino di guerra. Vengono scambiate con armi e favori, vendute al mercato, le più belle e sane costrette a matrimoni forzati dopo essere state convertite all’Islam. Nessuna di loro riesce a descrivere le violenze che hanno subito. Tra le sopravvissute c’è chi ha smesso di parlare, altre si strappano i capelli senza sosta o si tagliano braccia e gambe, molte sembrano distanti, guardano nel vuoto”. Una di loro, di soli quindici anni, è riuscita a fuggire e ha raccontato il proprio calvario al New York Times: “Quando mi hanno preso non volevo lasciare la mano di mia mamma Poi mi hanno puntato una pistola alla testa, e lei mi ha detto: vai, devi vivere”. Dopo aver assistito a barbarie e aver subito soprusi, la ragazza è riuscita a fuggire con una compagnia di prigionia aiutata poi da un uomo arabo.

Sul Corriere della Sera, il programma dell’ultima giornata di BookCity a Milano. Tra gli altri ospiti, alle 15 e 45 lo scrittore israeliano Amos Oz alla Sinagoga centrale, che si focalizzerà sui cambiamenti nell’incontro dal “titolo preso in prestito da Bob Dylan – The times they are a changin’ “.

Ennio Caretto presenta nell’allegato domenicale del Corriere della Sera, la Lettura, l’opera pubblicata in America: “Norton Anthology of World Religions, due tomi di 4.200 pagine in cui sono racchiusi 3.500 anni di storia religiosa con una documentazione straordinaria” e che contiene sorprendentemente anche i discorsi di Bin Laden e del filosofo ateo Bertrand Russell. Suscitano polemiche, spiega Caretto, oltre agli estratti dedicati all’ex leader di Al Qaeda, “nella sezione sull’ebraismo gli scritti di Yeshayahu Leibowitz (1903-1994), il filosofo ortodosso e sionista che contestò la concezione religiosa dello Stato di Israele e disse che i soldati israeliani nei territori occupati rischiavano di diventare giudeonazisti”.

Sul Fatto Quotidiano, Antonio Armano ritorna sul libro di Jan Brokken “Anime Baltiche” (Iperborea) che ha suscitato ben tre tipi di censure diverse: “Ah è un libro meraviglioso ma ci sono troppe storie di ebrei, dicono in Lituania. Ah è un libro meraviglioso ma c’è la parte sulla mafia russa, dicono in Lettonia. Ah è un libro meraviglioso ma c’è la questione della minoranza russa, dicono in Estonia”. Questi i tre motivi, dunque, per il quale il libro, a quattro anni dall’uscita, non sarebbe stato ancora pubblicato proprio nel paesi baltici. A tal proposito Brokken, ospite di BookCity, spiega di aver trattato temi scomodi. “Non si può dire, secondo l’autore, che nei paesi baltici ci sia antisemitismo, anche per il senso di colpa della Shoah, ma a Vilnius hanno osservato che nel libro ci sono troppe storie di ebrei. In realtà ci sono le storie di due ebrei nati in Lituania, compreso il mitico Romain Gary, che farà fortuna in Francia come eroe della Liberazione e scrittore (vince due volte il Goncourt, caso unico), ma anche di due lituani-lituani”.

Ancora sul Fatto Quotidiano, l’intervista allo scrittore arabo-israeliano Ala Hlehel che si confronta con temi come il Califfato e la Terza Intifada: “Gli accoltellamenti, i tentativi di investire con l’auto, non sono frutto di una rivolta organizzata come nelle due intifade precedenti. Si tratta, secondo me, di outsiders che agiscono per loro disperazione, gente che non è in grado di munirsi di una pistola o fucile e cerca di fare terrorismo con i mezzi che ha. Nella West Bank si è sviluppata una borghesia e un’economia di stampo occidentale. Un benessere che una terza intifada potrebbe compromettere, e la gente non lo vuole”. Conclude poi: “A Israele direi: vi restituisco le chiavi, sciolgo l’Autorità Palestinese e chiedo ai paesi stranieri di smettere di inviare aiuti finanziari e altro. A mio avviso, al governo israeliano fanno comodo le lunghe trattative senza accordo. Per i palestinesi sono una tragedia, perciò mi sembra che se Israele tornasse a sostenere i costi immensi dell’occupazione, la trattativa avrebbe una accelerazione”.

Grande spazio sulla Domenica del Sole 24 Ore, alle scritture bibliche: Giulio Busi recensisce il libro di Giampaolo Ardellini “Tu mi hai rapito il cuore. Eros, amore e sessualità nella Bibbia ebraica”, (Wingsbert, Correggio) mentre Gianfranco Ravasi fa un ampio excursus sui saggi che trattano di dottrine politiche nella tradizione delle scritture ebraico-cristiane. Sempre sulla Domenica, la presentazione della mostra dedicata ad Amedeo Modigliani a Pisa (Amedeo Modigliani et ses amis, Palazzo Blu, fino al 15 febbraio) e il rapporto tra Freud e il duce di Giorgio Dell’Arti tratto dal libro di Federico Zapperi “Freud e Mussolini. La psicoanalisi in Italia durante il fascismo” (Franco Angeli).

Rachel Silvera twitter @rsilveramoked

(16 novembre 2014)