Qui Torino – Falsità storiche e propaganda
Suscita sconcerto, sdegno e polemiche
la mostra romana sui rifugiati palestinesi
Le immagini falsificate della barriera protettiva che Israele è stata costretta a innalzare per difendere la propria popolazione civile dall’ondata di attacchi terroristici giustapposte ad arte ai monumenti storici delle capitali europee non sono solo un goffo espediente di cattivo gusto della mistificatoria propaganda antisraeliana. Ma anche un’offesa inaccettabile per tutti coloro che conoscono la realtà del Medio Oriente.
Eppure fino a quando erano esposte negli scorsi giorni a Roma nella sale di Montecitorio, con un manifesto che vanta fra l’altro l’adesione all’iniziativa del Quirinale, della Camera dei deputati, del ministero degli Affari esteri, del Comune di Roma, della Compagnia di San Paolo, dell’Unesco e di varie rappresentanze diplomatiche occidentali, a quel video nessuno aveva prestato attenzione. E tantomeno ai testi che attribuivano falsificando la storia le responsabilità del massacro di Sabra e Chatila alle truppe israeliane in Libano.
Ora che l’esposizione è stata trasferita a Torino chi fino a ieri aveva preferito tacere o non si era reso conto della realtà comincia ad aprire gli occhi ed entra in gioco in una polemica che molti nel capoluogo piemontese vedono piuttosto come merce di importazione.
La mostra realizzata dall’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East UNRWA), ha traslocato da Roma e ha aperto infatti da pochi giorni a Torino. “Il lungo viaggio della popolazione palestinese rifugiata”, questo il suo titolo, sta suscitando grandi perplessità e parecchi malumori non solo per i suoi contenuti, ma anche per la sede che la ospita: si tratta infatti del Museo Diffuso della Resistenza, della Deportazione, della Guerra, dei Diritti e della Libertà, un ente centrale nel tessuto culturale cittadino, capofila delle istituzioni che organizzano le attività per il Giorno della Memoria e che con la Comunità ebraica ha un rapporto basato su collaborazione e fiducia reciproca.
La comunità ebraica è uno degli enti aderenti al Museo Diffuso (i fondatori sono Città di Torino, l’Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza, l’Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea, nonché la Regione Piemonte e la Provincia di Torino) e con esso ha progetti di collaborazione a lungo termine sul tema della Memoria e il presidente della Comunità, Beppe Segre, ancora questa mattina ha ribadito fiducia e stima nei confronti di presidente, direttore e dello staff.“Ho saputo di questa mostra ben prima che venisse portata a Torino in quanto Pietro Mercenaro, da poco nominato presidente, mi aveva avvertito della decisione di ospitarla, garantendo anche che il Museo avrebbe vigilato, cosa possibile anche perché l’esposizione – che al Museo è stata proposta da un ente esterno – non era originariamente pensata per Torino, ma sarebbe arrivata da Roma”. Prima di creare disagio nel capoluogo piemontese infatti “Il lungo viaggio della popolazione palestinese rifugiata” si trovava a Roma, in una sala esterna di Montecitorio, in via Valdina, dove a inizio ottobre era stata inaugurata alla presenza di numerose autorità.
Guido Vaglio, direttore del Museo Diffuso ha spiegato che “Questa esposizione temporanea tratta delle attività dell’UNRWA, non del conflitto israelo-palestinese e come tale ci è stata proposta e – tengo a sottolinearlo – né il Museo che dirigo né Comune, né Regione hanno partecipato alla copertura dei suoi costi. Come compare anche sul materiale della mostra i finanziamenti vengono dalla Compagnia di San Paolo mentre noi avevamo specificato subito che non avremmo messo a disposizione alcun fondo”.
Durante l’inaugurazione il primo problema: gli esponenti della Comunità, che stavano visitando l’esposizione, hanno notato e segnalato che la didascalia di una delle immagini esposte conteneva una manifesta distorsione della realtà storica. Immediatamente segnalato, il testo che era stato esposto a Roma è stato coperto e sarà sostituito: “Appena il presidente della Comunità, che stava visitando l’esposizione, mi ha fatto notare il problema – spiega Vaglio – ho a mia volta fatto presente ai rappresentanti del Comitato Italiano per l’UNRWA che erano con noi che era necessario intervenire. È stato fatto immediatamente e loro stessi, dopo essersi scusati per l’errore, stanno preparando il materiale sostitutivo”.
Ben consapevoli della delicatezza dell’argomento i vertici del Museo hanno programmato per il 2 dicembre una tavola rotonda sull’argomento, a cui parteciperanno il sindaco, Piero Fassino, Filippo Grandi, già Commissario Generale dell’UNRWA) e lo storico Claudio Vercelli.
Nonostante le buone intenzioni e la fattiva collaborazione di tutti per evitare polemiche sterili, la questione è stata dibattuta ieri sera durante la riunione del Consiglio della Comunità che, pur partendo da posizioni diverse, ha comunicato di essere unanime nel condannare l’iniziativa: “La Comunità Ebraica di Torino si dissocia con fermezza e decisione dal contenuto della Mostra ‘Il lungo viaggio della popolazione palestinese rifugiata’ a cura del Comitato italiano per l’UNWRA esposta in questi giorni al Museo Diffuso della Resistenza, della Deportazione, della Guerra, dei Diritti e della Libertà. Pur essendo socia del Museo sin dalla sua fondazione, la Comunità non può non esprimere la sua più netta opposizione nei confronti di un’iniziativa che non si rivela fonte di informazione storica e politica, ma operazione di propaganda smaccatamente faziosa. Il Consiglio della Comunità sta preparando una dura lettera di presa di distanza e di condanna nei confronti dell’esposizione come dell’intero programma organizzativo che l’ha portata a Torino.”
Parallelamente il direttore Guido Vaglio, dopo aver ribadito che “dire che il museo sia contro Israele non è solo un controsenso, ma un’affermazione davvero insensata e insostenibile” ha reso noto che il Museo Diffuso diffonderà un comunicato. Nel documento viene ribadito che la Comunità ebraica è stata informata e coinvolta sino dall’inizio proprio per la consapevolezza della complessità dell’argomento, e che sono ingiuste sia le accuse al Museo che le critiche alla comunità “che ha il solo difetto di difendere la sua identità, il suo legame con lo stato di Israele e il suo punto di vista in un confronto pluralistico che non pratica la via dell’isolamento e della contrapposizione pregiudiziale. Al Museo della Resistenza gli ebrei torinesi e la loro Comunità si sono sentiti e continueranno a sentirsi a casa loro.”
Leggi il documento diramato dal Museo diffuso della Resistenza di Torino
Ada Treves twitter @atrevesmoked
(18 novembre 2014)