Dialogo – Bergoglio racconta le sue speranze
al quotidiano Yediot Aharonot

Papa prima paginaDalla condanna inequivocabile dell’antisemitismo alla visita in Israele dall’amico Shimon Peres fino alla delicata questione legata alla valutazione storica dell’operato di Pio XII. Anche se non contiene sostanziali novità rispetto a quanto già annunciato precedentemente da Bergoglio, l’intervista rilasciata a Yedioth Ahronoth (apparsa oggi in edicola) riassume per la prima volta su un quotidiano israeliano l’insieme delle riflessioni del papa sui grandi temi di attualità. La sua immagine a tutta pagina, il suo volto sereno e deciso, aprono le quattro pagine dedicate dall’inserto settimanale di Yedioth al lungo colloquio avuto con il giornalista Henrique Cymerman. Dieci ore di domande ma soprattuto risposte, tre incontri e cinque telefonate. L’ultima, a pochi giorni dal terribile attentato alla sinagoga di Har Nof, a Gerusalemme, un atto che il papa definisce sconvolgente. “Io condanno con rigore ogni sorta di violenza a nome di Dio”, dirà a Cymerman dopo la tragedia, per poi rivolgere un appello perché si fermi la spirale di odio e rabbia che continua a sconvolgere il Medio Oriente. “Seguo con preoccupazione il peggioramento della situazione a Gerusalemme e negli altri villaggi in Terra Santa, – l’allarme di Bergoglio – prego per le vittime e per tutti quello che patiscono una violenza inaccettabile, che non risparmia luoghi religiosi e di culto. Dal profondo del mio cuore io mi rivolgo alle parti coinvolte con il messaggio di mettere fine all’odio e alla violenza e la richiesta di agire per la conciliazione e la pace. Costruire la pace è difficile, ma vivere senza la pace è un vero incubo”. Un incubo come quello che stanno vivendo le minoranze vessate dalla violenza delle milizie jihadiste dell’Isis. “Il grido dei cristiani, dei yazidi e di altre minoranze in Iraq obbliga ad una risposta chiara e audace da parte dei capi religiosi, sopratutto musulmani”, afferma papa Francesco nell’intervista a Yedioth Ahronoth “ma anche leader politici e chi guida le potenze mondiali deve agire con determinazione”. Un appello che probabilmente Bergoglio ribadirà al presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che il pontefice incontrerà nelle prossime ore nel corso della sua tre giorni – che prende avvio oggi – in Turchia. Magari ci sarà anche l’occasione per ribadire la denuncia all’antisemitismo, emersa in modo chiaro e diretto dalle parole del papa espresse nel corso dell’intervista così come in passato. In questo caso però Bergoglio si rivolge più al mondo cristiano. “Bisogna dichiarare in un modo inequivocabile che l’antisemitismo è un peccato. – risponde il papa, interrogato da Cymerman sulla recente ondata di episodi antisemiti in Europa – una delle ragioni per cui sono qua è per ricordare al mondo cristiano che le nostre radici si trovano nell’ebraismo. In ogni cristiano c’è un ebreo, e non puoi essere un vero cristiano se non conosci le tue radici ebraiche. Non intendo l’ebraismo nel senso etnico, le origini del popolo, ma l’aspetto religioso. E penso che il dialogo interreligioso deve mettere l’accento sul legame indistruttibile tra le religioni, del fatto che il cristianesimo è fiorito dall’ebraismo, questa è la nostra sfida”. “L’antisemitismo è un problema molto complesso. Va molto oltre la dimensione religiosa – sottolinea papa Francesco – Ha anche una dimensione politica. Perché l’antisemitismo esiste più nella destra che nella sinistra. E non finisce qui. Ci sono persone che negano la Shoah. Anche oggi. È una pazzia, ma capita ed è una cosa inconcepibile”. Oltre a condannare l’antisemitismo senza se e senza ma, il pontefice richiama poi più volte nell’intervista la necessità di aprire al dialogo, parola spesso adoperata anche dal suo amico Shimon Peres. È stato per lui che Bergoglio ha deciso di visitare Israele lo scorso maggio. “Lui (Peres, ndr) stava per terminare il suo incarico di presidente. E dal momento che mi aveva inviato, sentivo un obbligo morale di andare in Israel prima della fine del suo mandato”, afferma il papa, ritratto nelle pagine del quotidiano israeliano nel corso della preghiera al Kotel e in un abbraccio fraterno con Peres. Di quel viaggio ricorda le emozioni, il programma fitto e sfiancante, la promessa mantenuta di viaggiare con al suo fianco il grande amico Abraham Skorka, rabbino argentino conosciuto anni fa a Buenos Aires. Di Israele, il pontefice parla come del “giardino dell’Eden sulla Terra” ma esprime le sue preoccupazioni per le violenze e per il pericolo del crescere degli estremismi. “Agli occhi della Chiesa cattolica, il Vaticano, Gerusalemme deve essere la capitale delle tre religioni, la città della pace e della fede – sostiene il papa – Ma questo è un punto di vista religioso. Per ottenere la pace bisogna condurre un negoziato politico. È impossibile conoscere a priori quale direzione prenderanno i colloqui. Le parti possono concordare che Gerusalemme sarà la capitale di quello o di quell’altro Stato, ma queste sono questioni che devono essere poste sul tavolo del negoziato”. Poi si rivolge direttamente a Benjamin Netanyahu, primo ministro di Israele, e al presidente dell’Autorità nazionale palestinese Mahmoud Abbas: “Chiedo a Dio che i due leader facciano tutto per andare avanti. Questa è l’unica strada per la pace”. Punto delicato, ampiamente toccato nel colloquio con Cymerman, la questione di Pio XII e il giudizio storico sulla sua figura. Bergoglio al giornalista dichiara, sottolineando la disponibilità ad aprire gli archivi vaticani che racchiudo la documentazione del periodo della Seconda Guerra Mondiale, di essere preoccupato delle posizioni prese nei confronti di Pio XII. Pesa, infatti, sulla valutazione contemporanea rispetto all’agire di Pacelli il suo silenzio ufficiale di fronte alla Shoah. “Da quando Rolf Hochhut ha scritto il dramma Il Vicario nel 1963 si da la colpa al povero Pio XII di ogni sorta di cose – la presa di posizione di Bergoglio – Io non dico che non ha fatto degli errori. Ne ha fatti alcuni. Anch’io sbaglio molto. Ma finché non era stato pubblicato questo pezzo teatrale lui fu considerato un grande difensore degli ebrei. Durante la Shoah Pio XII ha dato rifugio agli ebrei nei conventi in Italia. Nel letto del papa a Castel Gandolfo sono nati quarantadue bimbi di coppie ebraiche che qui trovarono rifugio dai nazisti. Queste sono cose che la gente non sa. Quando Pio XII morì Golda Meir inviò una lettera in cui scrisse: ‘noi partecipiamo al dolore dell’umanità, quando la Shoah si è abbattuta sul nostro popolo, il papa ha alzato la sua voce per le vittime’. Però poi fu messo in scena quello spettacolo teatrale e tutti volsero le spalle a Pio XII”. Alla domanda sui silenzi di Pacelli, papa Francesco risponde con altri interrogativi e si chiede se una presa di posizione pubblica contro il nazismo allora non avrebbe messo in pericolo più ebrei di quanto già non fosse. “E cosa diciamo riguardo le forze alleate durante la guerra? – la pungente domanda del pontefice – Perché loro sapevano cosa accadeva nei campi di sterminio, conoscevano bene i binari dei treni che portavano gli ebrei ad Auschwitz, avevano le foto aeree ma non hanno bombardato i binari. Lascerò la domanda appesa nell’aria e dirò soltanto che bisogna essere molti corretti riguardo a queste cose”.

Daniel Reichel

(28 novembre 2014)