sentimenti…

I sentimenti di un paese, i pensieri pubblici condivisi, i dolori e le gioie di un popolo non sono facilmente descrivibili, ma possono essere illuminati o meno dalla luce dei mass media e dei mezzi di comunicazione.
Il terribile massacro accaduto ad Har Nof, ai miei occhi di cittadino di Gerusalemme, sembra essere accompagnato da sentimenti molto diversi rispetto a quelli che collettivamente si avvertirono a giugno per il rapimento e poi la morte dei tre giovani adolescenti. Sembra quasi che l’importanza dei due tragici eventi o degli eventi tragici in genere dipenda da dettagli usati ed indirizzati in maniera molto diversa da chi li racconta. Eppure i tragici dettagli sono esattamente gli stessi in entrambi i casi (l’orrore, il brutale assassinio, lo sfondo nazionalista, la mano terrorista assassina) ed in entrami i casi le famiglie in lutto hanno risposto con messaggi d’amore e senza alcun confine.
L’opinione pubblica di Israele e di conseguenza del mondo intero non hanno però osservato gli eventi con lo stesso pathos, con la stessa empatia.
Con gelida onestà temo che questa differenza vada cercata nel fatto che i morti di Har Nof non sono ragazzi adoloscenti, elemento che abbassa i livelli di pathos coinvolti, così come l’immediatezza della tragedia, senza rapimento e senza attesa e vana speranza, ha tolto spazio ad una ulteriore condivisione empatica.
Sento che, però, non sono solo questi gli elementi che differenziano la reazione pubblica in questo caso.
I morti di Har Nof sono, infatti, vittime appartenenti ad uno specifico settore della società ebraica di Israele e del mondo: il mondo Charedi, mentre i tre ragazzi adolescenti erano figli del mondo Datì Leumi o religioso-sionista che dir si voglia. Questa differenza sociale ha fatto sì che il linguaggio stesso usato per descrivere le due tragedie è stato significativamente diverso: nel caso di Har Nof si è parlato spesso di “ebrei”, per i tre ragazzi si usava spesso la parola “israeliani”. Quasi come se si volesse indicare diversamente il motivo della morte ed il contesto del loro brutale assassinio: una sinagoga nel caso di Har Nof ed un rapimento in pieno territorio israeliano, sebbene conteso, nel caso dei tre ragazzi.
Altra differenza, fortemente legata alla prima, è il fatto che la comunità Charedi è poco connessa al resto della società israeliana, mentre il mondo Dati Leumi è parte integrante ed integrata dell’intera società di Israele.
Trovo terribile questo mio pensiero ed è terribile sentire che anche di fronte ad una simile tragedia i muri sociali di Israele non sono crollati ed il dolore è stato vissuto al di là o al di qua del muro, senza però abbatterlo.
Nella solitudine di questi mie pensieri e seduto ben protetto al di là del mio muro sociale non posso non pensare al principe Antonio de Curtis, a Totò e ad una sua poesia: “’A morte ‘o ssaje ched”e?…è una livella…”. Ma nel freddo di Gerusalemme a’ livella mi pare cosa assai lontana.

Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino

(28 novembre 2014)