Qui Roma – De Castro, un filosofo inquisito

orobio-de-castroOrobio De Castro era colui che viene comunemente definito un marrano, figlio di genitori ebrei convertiti con la forza al cristianesimo. Fu tradito e denunciato al tribunale dell’Inquisizione. Un avvenimento invero piuttosto comune, segnato nel suo caso da un particolare: Orobio aveva come amico un religioso armeno. Credendolo un correligionario con il quale condivideva la stessa sorte, gli disse: ‘Devo confidartelo, anche io sono ebreo’, sollevò dunque l’abito e gli mostò il talled katan, un elemento davvero inusuale per un criptogiudaicizzante, prova inconfutabile della sua fede. L’amico però era realmente un religioso cristiano e quel gesto fu uno dei diversi capi d’accusa. Questo, uno dei tanti racconti che ripercorrono le vicende di Isaac Orobio De Castro, autore del libro “Prevenciones divinas contra la vana idolatrìa des la gentes” (Leo S. Olschki Editore), curato dalla professoressa Myriam Silvera e presentato ieri presso l’Istituto dell’Enciclopedia Italiana di Roma. Nato in Portogallo nel 1617, Orobio fu un medico e filosofo. Insegnò Metafisica a Salamanca e, dopo la denuncia, fu recluso per tre anni senza mai confessare. Venne dunque liberato e si trasferì prima in Francia, dove fece il medico e poi ad Amsterdam, riappropriandosi delle proprie radici ebraiche. Con la sua opera “Prevenciones divinas contra la vana idolatrìa des la gentes”, inflisse una durissima critica al cristianesimo, mettendo in discussione le pietre miliari dei dogmi, fino ad arrivare a rivedere il concetto del peccato originale. A rievocare la vis che lo caratterizzava, insieme alla curatrice dell’opera, la storica Anna Foa, il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni, il deputato, ex Ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo e direttore dell’Istituto della Enciclopedia Italiana Massimo Bray e il filosofo Tullio Gregory. “De Castro – spiega Gregory – fu un punto di riferimento per l’illuminismo radicale, che declinò la sua posizione nella polemica razionalista e antireligiosa. Senza alcuna remora, definì falso l’incarico messianico di Gesù e negò con forza il deicidio di cui era accusato il popolo ebraico”. Bray aggiunge: “Mi piace ricordare le parole di Giulio Busi, sulla Domenica del Sole 24Ore, che ha scritto: ‘La si potrebbe chiamare filosofia dell’angustia. È il pensiero che nasce dalla privazione della libertà fisica. Da Boezio a Campanella, da De Sade a Gramsci: c’è chi è stato capace di amare la sapienza anche nel fondo di un carcere. Prigionieri e filosofi, o filosofi perché prigionieri, allievi, per forza o per scelta, di quel primo maestro recluso, di Socrate,che alla fuga preferì la verità. Nel catalogo di pensatori che conobbero l’inferno, Balthasar Isaac Orobio De Castro merita un ruolo di tutto rispetto’. De Castro, anche senza libertà, è sempre stato un uomo libero”. Anna Foa ripercorre l’Odissea seicentesca del filosofo in Europa: “Nato a Braganza da una famiglia già convertita, fece parte di un gruppo criptogiudei di alto livello culturale. Ebbe grande fama come medico a Siviglia ma fu denunciato e imprigionato. Una volta liberato insegnò medicina a Tolosa. Poi come molti uomini nella sua stessa situazione, approdò ad Amsterdam. Nelle sue opere apologetiche contro il cristianesimo insiste in particolar modo sulla presunta idolatria dello stesso cristianesmo. Attacca al cuore la religione, non certo temi marginali. Il suo attacco è così forte perché viene dall’interno: Orobio conosce molto bene i precetti che lo fondano”. Rav Riccardo Di Segni analizza poi la versione curata da Myriam Silvera: “Non è solo il manoscritto ad essere degno di nota, ma anche la ricerca filologica di estrema accuratezza che contraddistingue questa edizione. De Castro subisce l’attenzione perversa dell’Inquisizione al fenomeno del marranesimo e di conseguenza, indurisce radicalmente le sue posizioni contro il cristianesimo, smonta tutto quanto. Adesso come adesso mettersi a parlare, come fece lui nei suoi scritti, di cristianesimo come idolatria, scatenerebbe un vero putiferio. Durante la sua epoca, per contrastare le conversioni, alcuni ebrei tentarono di frenare i loro correligionari attraverso inquietanti credenze magiche: Orobio si differenziò perché usò la propria cultura sull’argomento, inserendosi in un certo modo nella tradizione dei Toledot Yesu, i racconti su Gesù che confutano la tradizione religiosa che ne deriva. Non solo il filoso non si scusa di far parte del popolo accusato di aver ucciso Gesù, ma attacca la stessa credenza. Trasferitisi entrambi ad Amsterdam nello stesso periodo, Orobio De Castro e Baruch Spinoza sono in qualche modo antitetici”. La curatrice aggiunge: “Per il lavoro sul testo, mi sono state di grande aiuto le opere di Benzion Netanyahu, padre del premier israeliano Benjamin e studioso degli ebrei in Spagna. Il suo libro “Le origini dell’Inquisizione” è stato il regalo che il premier Netanyahu ha donato a papa Bergoglio durante la sua visita. Viene segnalato da Benzion Netanyahu uno spartiacque ben preciso: fino al 1391 gli ebrei avevano una posizione difensiva nei confronti del cristianesimo, dopo questa sata la polemica diventa attiva, si iniziano ad attaccare le verità del cristianesimo. Per Orobio, Gesù è un falso profeta perché nega la legge ebraica. Il precetto che vede Gesù come risoluzione del peccato originale viene attaccata; per De Castro infatti il riscatto non può essere nelle mani di una figura ma avviene attraverso il digiuno di Kippur. Per il filosofo non esistono uomini che diventano messia, proprio per questo lui stesso non cede alle lusinghe del falso messia Shabbetai Zvi. De Castro nell’attaccare il cristianesimo è molto insistente e sistematico”. “Questo – conclude Tullio Gregory – è un testo radicale, importante”.

(3 dicembre 2014)