“Dialogo? Non s’ha da fare”

Donato-GrosserSe si cerca un eccesso di espressioni iperboliche lo si può trovare dall’articolo pubblicato su Pagine Ebraiche 24 del 2 dicembre che tratta dell’incontro interreligioso del Primo dicembre a Ferrara. Il cosiddetto Dialogo tra ebraismo e cristianesimo è descritto come “fulcro per superare la crisi dell’Occidente”! Non viene spiegato quale sia la crisi dell’Occidente. Senza andare troppo lontano la prima crisi è demografica ed economica. In Europa quasi in tutti i paesi la natalità è così bassa che la popolazione si sta contraendo. Se ipotizziamo che la crisi derivi dal declino della religione, è difficile capire come il dialogo possa servire a riportare i credenti, per la maggioranza cristiani, in chiesa.
Tra l’altro va anche detto che in questo dialogo partecipano esponenti di buon calibro della Chiesa cattolica, ma da parte ebraica i partecipanti sono esponenti marginali. I principali chachamim della nostra epoca, dal Rebbe di Lubavich, a rav Moshe Feinstein a Rav Soloveitchik erano contrari al ‘dialogo’ per vari motivi, distinguendo tra diplomazia, cosa necessaria e permessa, e attività comuni di carattere religioso, proibite. Anche i più grandi decisori halachici in Erez Israel, tra loro il centenario rav Shmuel Wozner, avevano proibito le preghiere e le lezioni comuni con i cristiani e proprio nel mese di ottobre scorso, i due rabbini capo dello Stato d’Israele hanno proibito le preghiere comuni tra ebrei e cristiani organizzate dalla International Christian Embassy a Gerusalemme.
Per continuare con le iperboli, il rav professor Irving Greenberg è descritto come “una delle figure più eminenti dell’ebraismo contemporaneo”. Il professor Greenberg è ben conosciuto negli Stati Uniti, eccetto che nel mondo degli ebrei ortodossi nel quale è nato e cresciuto. La sua notorietà deriva dal fatto di avere titoli dalla Harvard University, lauree honoris causa, attività pubbliche in campo ebraico, un buon numero di pubblicazioni, tutte cose lodevoli, ma che non lo fanno un leader in campo religioso.
Piuttosto si può dire che la sua attività nel dialogo ebraico-cristiano lo ha relegato in una posizione marginale senza alcuna influenza nel mondo di coloro che studiano Torah e ne osservano le Mizvot.
Inoltre i suoi scritti e le sue dichiarazioni lo hanno emarginato dall’ebraismo ortodosso e posto nel campo degli ortodossi non più ortodossi (anche la riforma l’hanno pur sempre fatta gli ortodossi). In un’intervista concessa dopo la pubblicazione del suo libro “For the Sake of Heaven and Earth”, il professor Greenberg ha affermato tra le varie cose eterodosse che “There is no explanation for the Holocaust, and I remain deeply troubled, in fact, angry about God and with God for not intervening”. Così un Greenberg qualunque pretende di insegnare al Padreterno cosa avrebbe dovuto fare! Se questa non è eterodossia, “Di che pianger suoli?”.
Fa piangere il cuore leggere di rabbini italiani che nel passato hanno fatto del bene per le comunità cadere nella trappola del ‘dialogo’ ed associarsi a neoeretici come il Greenberg, senza tenere conto delle opinioni e dei consigli dei nostri grandi maestri. Turba anche il fatto che buona parte della stampa ebraica in Italia sia diventata uno strumento di propaganda per il ‘dialogo’, invece di cercare di diventare strumento informativo sulle reali necessita delle comunità ebraiche in Italia nelle quali ci sono forti centri di ripresa della vita ebraica nonostante tutte le difficoltà.

Donato Grosser

(3 dicembre 2014)