Nissim Levy (1924 – 2014)
Nato nel 1924 ad Alessandria d’Egitto, figlio di Itzchak Levy e Rosa Franco, terzo di quattro fratelli, emigrò a soli due anni in Eretz Israel, coi genitori, a Jaffo. Nel 1936 la loro casa venne bruciata da arabi rivoltosi spingendoli a rifugiarsi a Tel Aviv, dove Nissim si arruolò giovanissimo nelle file del Palmach, mentre continuava i suoi studi alla Alliance Israelite. Tutta la sua gioventù fu passata lottando e combattendo per la nascita dello Stato Ebraico, e innumerevoli sono le storie sugli anni ’40 che ha raccontato a chi lo conosceva: dalle notti passate girando a cavallo attorno ai kibbutzim in costruzione in Galilea, alle missioni in Siria per andare a prendere i bambini ebrei in fuga dall’Iraq, alle nuotate trascinando vecchi e bambini che arrivavano in nave dall’Europa e dovevano essere nascosti perché non si poteva immigrare. Arrestato dagli inglesi e condannato per “Attivismo Sionista”, passò diversi mesi nel carcere di Akko, in cella con Moshé Dayan. Nel 1947 entrò nel battaglione Har El e si trovò a combattere a fianco di Itzchak Rabin nella battaglia per liberare Gerusalemme, perdendo molti amici e rimanendo egli stesso ferito. La battaglia successiva fu quella – disastrosa – di Latrun. Negli anni ’50 ha lavorato presso il controller di stato a Gerusalemme, occupandosi di trascrivere le proprieta’ abbandonate dai profughi. In seguito emigrò in Argentina per alcuni anni, dove si sposò e insegnò ebraico nelle scuole di Moisesville. Nel 1964, di nuovo in Israele, fece il camionista, trasportando minerali dal mar morto ad Ashdod. Nel 1967 combatté ancora, durante la guerra dei sei giorni, nella striscia di Gaza. In seguito venne in Italia, dove fece l’operaio in una azienda meccanica e gestì il Keren Kayemet Leisrael. Negli anni ’90 lo si poteva incontrare al Jerusalem Museum, dove per una decina d’anni fece da cicerone ai visitatori, spiegando la storia della città in una delle sei lingue che conosceva. Quando era bambino sognava di fare l’astronomo, ma la vita lo ha portato su un altro percorso, e per i suoi cari resta prezioso il ricordo di quando il venerdì cucinava il Hamin ed i Uevos Haminados per lo Shabbat, cantando in ladino. Che il suo ricordo sia di benedizione.
(8 dicembre 2014)