Periscopio – Controversie

lucreziIn un tempo in cui i conflitti, di ogni tipo, sembrano lacerare, con crescente violenza, la faccia del pianeta – entrando di prepotenza, grazie all’accresciuto potere dei mezzi di comunicazione, ogni giorno nelle nostre case -, va segnalata con particolare interesse l’attività di una significativa Associazione accademica, di alto prestigio culturale, che da anni è impegnata in una ricerca, di tipo insieme scientifico ed etico, proprio intorno alle tematiche del conflitto, la “International Association for the Study of the Controversies” (IASC). L’Associazione, fondata dallo scienziato e filosofo israeliano Marcelo Dascal, riunisce numerose personalità, di varia estrazione (ingegneri, filosofi, giuristi, bioeticisti ecc.) e diversa nazionalità, uniti dal comune proposito di ragionare insieme sull’origine e la natura delle umane controversie, e sui possibili modi di trovare strade pacifiche per la loro estrinsecazione.
Perché alla base del pensiero di Dascal, e di tutta la IASC, c’è la presa d’atto di come le contrapposizioni e i contrasti tra gli uomini – per motivi di interesse o appartenenza, o ideologici, culturali, emotivi ecc. – siano ineliminabili, in quanto consustanziali alla stessa natura umana, anzi, alla natura “tout court”, che non è certo fatta di pace, armonia e serenità. Anziché, quindi, rimuovere l’idea del conflitto, considerandolo una sorta di ‘errore’ o di ‘deviazione’ da un presunto ‘retto cammino’, meglio partire – sulla scia di Jaspers ed altri – dalla considerazione di esso come una delle manifestazioni dell’umana energia vitale, per poi studiare in che modo il contrasto possa essere limitato, gestito, superato, incanalato in un sistema condiviso di regole e principi.
Intorno a tali tematiche, dal 2 al 4 dicembre, numerosi membri della IASC si sono riuniti in una International Conference sul tema “Paradoxes of Conflicts”, organizzata presso l’Università di Lecce dai Dipartimenti di Studi Umanistici e Ingegneria dell’Innovazione. Impossibile dar conto dei tanti spunti interessanti emersi dal dibattito congressuale, del quale il merito maggiore mi sembra essere stato quello di aver posto a confronto un’ampia pluralità di saperi – umanistici, scientifici, tecnici -, generalmente non comunicanti gli uni con gli altri, uniti da un comun denominatore dato dalla consapevolezza non solo dell’utilità, ma della necessità di un percorso comune di ricerca. Mai come al giorno d’oggi, infatti, secondo Dascal, il dialogo tra le diverse discipline appare doveroso e ineludibile, trovandosi tutte a fronteggiare delle sfide comuni. E, come nota Giovanni Scarafile, Vice-Presidente della IASC, la moltiplicazione dei conflitti, e la loro crescente interazione, impone il coraggio di un approccio comune, partendo da un’idea di fondo di unità del sapere e da una considerazione unitaria della comunità scientifica internazione.
Certo, sappiamo bene che, allorquando due contendenti si siedono intorno a un tavolo, per cercare di superare, o almeno di esprimere civilmente la loro contesa, ciò vuol dire che il conflitto tra gli stessi è, in pratica, già risolto. La storia insegna che le guerre non scoppiano per un mancato accordo al tavole delle trattative, ma per il rifiuto di qualcuna delle parti riconoscere le altrui ragioni e quindi di sedersi al tavolo stesso. E sarà sempre difficile fare comprendere a tutti che le espressioni pacifiche del conflitto siano preferibili a quelle violente, per il semplice motivo che la violenza, ai vari livelli, ha sempre esercitato sugli uomini un straordinaria forza di seduzione, presentandosi come una ‘scorciatoia’ comoda e attraente, proprio per il suo essere semplice, diretta, brutale. Cosa è più complicato e faticoso, parlare, mediare, comprendere, oppure odiare, rifiutare, uccidere?
Un cammino tutto in salita, dunque, quello della IASC. Ma, proprio in quanto “mission impossible”, il suo obiettivo ci pare affascinante.
Tra i partecipanti, molti provenivano da Israele, la terra dei conflitti per eccellenza, logicamente interessati, in prima persona, alle tematiche congressuali. E sentirli parlare, in pubblico e privato, delle gravi minacce incombenti sul loro Paese, e sul mondo, con fiducia, serenità e ironia, senza paura, ansia e ostilità, è stato una vera iniezione di fiducia e speranza.

Francesco Lucrezi, storico

(10 dicembre 2014)