Qui Roma – Lettere dal Fronte, gli ebrei romani nella Grande Guerra
Una bustina con dentro 44 lettere e 19 cartoline dal fronte. Una bustina, che nonna Graziella Anticoli conservava gelosamente e che le ricordava la sua infanzia fatta di piccole gioie e stenti, condivisa con tredici fratelli e con un papà pasticcere a Largo Argentina. Un enorme tesoro, testimonianza fondamentale della presenza ebraica italiana della Grande Guerra, che Esther Di Porto, nipote di Graziella, decide di leggere, esaminare e condividere con la Comunità ebraica di Roma. Così, per una serie fortunata di eventi, nasce la mostra “Prima di tutto italiani”, inaugurata ieri al Museo ebraico di Roma e che sarà possibile visitare fino al 16 marzo 2015. La curatrice Lia Toaff è entusiasta: “Mi preme sottolineare come l’idea sia nata fluidamente e sia tutta made in comunità. Abbiamo raccolto materiali d’archivio e, a partire dalle lettere, allargato a macchia d’olio la nostra ricerca. Ci siamo poi soffermati su due punti particolari; la testimonianza del senso di lealtà degli ebrei romani verso l’Italia, dopo l’emancipazione e l’apertura del Ghetto, e la forza delle tradizioni ebraiche. Nella mostra sono infatti presenti le richieste da parte del rabbino militare della farina per preparare il pane azzimo durante Pesach e quella di permessi speciali per rispettare Kippur. Un equilibrio armonioso tra italianità ed ebraismo che verrà poi spazzato dalle leggi razziste”. Un’esposizione, che ha visto ieri l’intervento del ministro della Difesa Roberta Pinotti: “C’è un particolare che voglio portare alla luce; lo scopo delle leggi razziste, e le chiamo così perché questo è il termine più adatto, era quello di togliere l’identità alle persone. Un esempio? Agli ebrei che combatterono la Prima guerra mondiale, che si sacrificarono per il paese, furono tolti tutti i riconoscimenti e gli onori. L’umiliazione più grande per cancellare il proprio senso di appartenenza”. A concordare, anche il presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici: “La relazione con il ministero della Difesa si è rafforzato dopo la fiaccolata organizzata annualmente dalla Comunità di Sant’Egidio in ricordo delle persecuzioni. Proprio in quell’occasione ricordai infatti il ruolo dei cittadini ebrei in Italia sia nella Grande Guerra che nella Resistenza, il cui riconoscimento è inciso su due piccole lapidi dietro il Tempio Maggiore. Mi ha molto colpito leggere inoltre il dibattito che, alla soglia dell’entrata in guerra dell’Italia, venne fatto sul giornale ebraico ‘Il Vessillo israelitico’, nel quale si discuteva se fosse giusto o meno combattere. Ma poi non ci furono dubbi e l’identità nazionale accese i cuori di molti”. “La preparazione dell’esposizione ci ha davvero entusiasmato – spiega la direttrice del museo Alessandra Di Castro a Pagine Ebraiche 24 – le lettere della famiglia Anticoli ci hanno catapultati nel vissuto di una delle guerre più difficili e agghiaccianti della storia del mondo. Allo stesso tempo però è stato un incontro avvolgente; ritrovavo le parole dei nonni con le quali sono cresciuta, il lessico degli ebrei romani”. Esther Di Porto ci racconta infine l’appassionante vicenda della sua famiglia: “Le lettere erano da sempre state custodite da mia nonna Graziella, una delle più piccole di tredici fratelli, quattro dei quali si trovavano al fronte. Ho iniziato a leggerle e riscoprirle solo due anni fa e da lì ho capito la loro importanza. L’idea migliore mi è sembrata quella di affidarle al museo e devo ammettere che sono completamente soddisfatta del lavoro che è stato fatto e del taglio che è stato dato. Me l’ero immaginata esattamente così. Le missive oltre ad essere importante testimonianza del conflitto offrono una visione inedita sulla vita di Roma e degli ebrei della città; il bisnonno raccontava la vita difficile, la crisi e il lavoro in pasticceria. Una vita quotidiana resa meno dura solo dall’aiuto economico di alcune zie. Parlava delle sue visite alla scola, la sinagoga, quando il Tempio Maggiore era ancora in costruzione. Era un signore effettivamente romanzesco il bisnonno, diceva di essere l’inventore del cocco fresco (in realtà latte di mandorla) e quando lo vedeva in vendita in altri luoghi rispondeva piccato: Ma questo l’ho scoperto io!”.
Rachel Silvera twitter @rsilveramoked
(17 dicembre 2014)