Una luce più grande

Francesco Moisés BassanoChissà perché tra tutte le feste ebraiche, Chanukkah sia diventata, specie nella contemporaneità, una festa così popolare e ‘mainstream’ anche nel mondo non ebraico, tanto da essere menzionata persino nella cinematografia della Walt Disney. Sarà perché è ben identificabile con un simbolo più tangibile e vistoso rispetto ad altri, la Chanukkiah: più di un siddur o di un calice per il kiddush, questa menorah è presente in quasi tutti i negozi di antiquariato, nelle piazze cittadine d’Europa e d’America, nelle abitazioni di qualunque famiglia osservante o assimilata. O sarà perché capita sovente in contemporanea con altre festività non ebraiche di fine anno, o perché Ma’oz Tzur è così gioiosa e i latkes e le sufganiyot sono veramente irresistibili, o infine perché rappresenta senza dubbio il miracolo della sopravvivenza di Israele nonostante tutte le persecuzioni, i pogrom, e la Shoah. Oppure ancora perché, di fronte al turbamento e all’inquietudine provocata dagli eventi quotidiani che stanno sconvolgendo il nostro mondo, è impossibile non sentire il bisogno di un po’ di luce, per quanto essa possa provenire solo da otto piccoli lumi, i quali non tutti saranno in grado di vedere o di accogliere nei propri cuori.
Il riferimento a René Magritte, citato nell’edizione internazionale da Francesca Matalon, è più che mai pertinente, e a proposito ripenso alla celebre opera “L’Empire des Lumières” (1954): dove nel dipinto il cielo rimane illuminato dalla luce del sole, ma l’oscurità che avvolge la terra è come se nascondesse i suoi raggi, così che quelle due finestre illuminate e quel lampione, per quanto lumi artificiali, diventano il riflesso di quella luce più grande. Proprio come a Chanukkah…

Francesco Moises Bassano

(19 dicembre 2014)