Georges Wolinski (1934 – 2015)
Se esistessero un umorismo ebraico sefardita e un umorismo ebraico askenazita distinti, si potrebbe sostenere che Georges Wolinski aveva preso il meglio di entrambe le tradizioni. Nato nel 1934 a Tunisi, era figlio di Lola Bembaron, ebrea italiana fuggita in Tunisia per evitare le persecuzioni in Europa e di Siegfried Wolinski, ebreo polacco ucciso quando lui aveva soli due anni il cui fantasma, come ha dichiarato negli ultimi anni, sarebbe stato “l’ossessione di una vita”.
È stato grazie ai soldati americani di stanza in Tunisia che ha scoperto, ancora bambino, il mondo del fumetto, mentre esplorava Tunisi dividendosi fra la panetteria-pasticceria del nonno paterno, che si chiamava “Chez le nègre”, e Sid Abdel Aguèche, uno dei quartieri più malfamati della città. Portato dalla madre in Francia a guerra finita, dopo il diploma in discipline artistiche (e in quegli anni aveva già iniziato a disegnare per il giornale della scuola) aveva avuto un nuovo incontro con il fumetto durante il servizio militare, in Algeria. A Reggane, dove si trovava con i suoi commilitoni, era rimasto molto colpito da un poster disegnato da Roland Topor, a sua volta ebreo polacco, che pubblicizzava il giornale satirico francese “Hara-Kiri”.
E proprio per “Hara-Kiri” iniziò a lavorare nel 1961, insieme a quel Topor che aveva tanto ammirato e che diventò uno dei suoi primi sostenitori, per passare con tutto lo staff a “Charlie Hebdo” – altro giornale satirico, nato nel 1970 – quando “Hara Kiri” venne chiuso “per motivi di ordine pubblico”. La vena dissacratrice di Hara Kiri era addirittura più forte della linea poi adottata in Charlie Hebdo, e Wolinski l’aveva coltivata negli anni Sessanta e Settanta insieme a quelli che sarebbero poi diventati i colleghi più anziani, colonne portanti di “Charlie Hebdo”. Dopo aver abbandonato il settimanale negli anni Ottanta per lavorare come indipendente – fra le sue testate “Action”, “Paris-Presse”, “Le Journal du Dimanche”, “L’Humanité”, “Le Nouvel Observateur” e “Paris Match”, ma non bisogna dimenticare gli oltre ottanta libri pubblicati – a “Charlie Hebdo” Wolinski e la sua matita dissacratrice erano tornati nel 1992. Molto noto anche in Italia anche per la sua collaborazione con Linus, durata dagli anni Settanta fino all’inizio dei Novanta, Wolinski non si è mai allontanato dalle sue radici ebraiche, come si vede anche da due libri: la versione francese del bestseller internazionale di Dan Greenburg “How to be a Jewish Mother: a very lovely training manual” aveva sicuramente guadagnato in arguzia e spirito satirico grazie alle sue illustrazioni. Nel 2007 insieme a Pierre-Philippe Barkats, aveva lavorato a “Merci, Hanukkah Harry”, una sorta di giallo, “le premier polar polaire” il cui personaggio affronta una lunga serie di crisi ecologiche. Dissacrante, irritante, geniale, Wolinski, nelle parole del disegnatore israeliano Michel Kichka è stato “un pioniere, senza restrizioni né tabù”.
Ada Treves twitter @atrevesmoked
(8 gennaio 2015)