“I formidabili pionieri irriverenti”

kichka #CharlieHebdoLa prima reazione, forse la più naturale per chi il lavoro degli autori di Charlie Hebdo lo conosceva davvero, è stata di assoluta incredulità: “Un fake, questa la prima cosa che ho pensato quando si è diffusa la notizia dell’attacco alla redazione. Non poteva essere vero, doveva essere l’ennesima provocazione, non riuscivo a pensare stesse davvero succedendo”. Così Giorgio Albertini, collaboratore storico di Pagine Ebraiche, ha raccontato le prime sensazioni di ieri. Michel Kichka, che proprio in quei minuti stava lavorando con la redazione dell’ebraismo italiano è riuscito a dire solo “È uno shock profondo”, per poi ricordare, qualche ora più tardi, le molto occasioni in cui si è trovato a lavorare e confrontarsi con i disegnatori assassinati ieri. “Li conoscevo, certo, ci si trovava a incontri, conferenze, presentazioni… quello a cui ero più legato era forse Tignous, un artista di talento, con un senso dell’umorismo straordinario, che rivolgeva anche contro se stesso. Il giornalismo investigativo a cui si sapeva dedicare con grande competenza e passione lo ha portato a indagare molte questioni sociali ancora irrisolte, tra cui, certo, i problemi dell’immigrazione, l’espulsione degli stranieri, e soprattutto la vita di chi si trovava in situazione di povertà estrema.”
Nella redazione di Charlie Hebdo lavorava un gruppo di pionieri che, come ha ricordato Giorgio Albertini, si era formato già negli anni Sessanta, nella redazione di Hara-Kiri, giornale satirico poi chiuso dalle autorità perché considerato eccessivo. I suoi disegnatori si erano trasferiti in massa a Charlie Hebdo, di cui sono diventati negli anni colonne portanti. “C’è molto testo nei loro disegni – ha aggiunto Kichka – e a volte bisognava conoscere il loro linguaggio per poter afferrare veramente quello che stavano raccontando. Si concentravano sula politica francese, ovviamente, ma non avevano restrizioni o tabù, e hanno fatto satira su tutto, dalla politica mondiale alle religioni. Ogni volta che nel mondo succedeva qualcosa di notevole loro c’erano. Anche sulla politica di Israele sono stati molto critici, esattamente come i disegnatori israeliani”.
Paolo Bacilieri, che ha regalato a DafDaf la testata e le sue varianti, ha reagito disegnando, con una vignetta in cui torna uno dei suoi personaggi più noti, Zeno Porno, che regge il cartello “Je suis Charlie” e commenta “Anche se ho fatto un master avanzato di vigliaccheria, oggi anch’io… sono Charlie”.
Ed era impegnato a disegnare Albertini, e ascoltava le cronache dirette e gli aggiornamenti: “Sono andato avanti così per ore, e forse per questo i primi disegni che ho fatto sono molto scritti, sono pieni di parole, stavo disegnando proprio per Pagine Ebraiche e ho dovuto trattenermi. Sono andati a giustiziarli, li hanno cercati sapendo bene cosa facevano: nelle redazioni, soprattutto in quelle di giornali come Charlie Hebdo, è raro trovare i giornalisti riuniti, devono averli tenuti d’occhio per settimane, andando poi a colpire durante la riunione settimanale di redazione. È orribile anche pensare che avrebbero potuto aspettare l’appuntamento di Angouleme, il festival del fumetto dove Charlie Hebdo ha uno stand sempre molto affollato, con tutti i disegnatori schierati. Sarebbe stata una strage con centinaia di morti.” La reazione è stata immediata, dai social network ai flash mob alle manifestazioni che hanno raccolto decine di migliaia di persone, che si sono trovate ovunque, con il cartello “Je suis Charlie” e alzando al cielo penne e matite. Molti i disegnatori che hanno immediatamente onorato le vittime e il giornale, con vignette che in tutto il mondo inneggiano in queste ora alla libertà d’espressione, e alla sopravvivenza del giornale. “Spero davvero che ci sia una reale comprensione di quanto sia stata colpita la libertà d’espressione – commenta ancora Albertini – Era un giornale satirico, erano disegnatori, è ancora peggio, se possibile, di quello che sarebbe stato se avessero attaccato un altro giornale.”
Il primo commento di Luca Enoch è stato per Wolinski, che ha definito “una formidabile matita cinica e irriverente”, e di cui ha voluto ricordare un’affermazione che lo avvicina ancora di più al direttore del giornale attaccato, Charbonnier, che in una intervista aveva dichiarato “Preferisco morire in piedi che vivere in ginocchio”:
“La mort suit de près ce qui a osé être” (Georges Wolinski)

Ada Treves twitter @atrevesmoked

(8 gennaio 2015)