Ahmed e Lassana fra gli eroi
“Sventurata la terra che ha bisogno di eroi”, affermava amaro il Galileo brechtiano in Vita di Galileo. Eppure gli eroi, quelli in carne ed ossa, servono per continuare ad avere fiducia nel prossimo, per sentirsi rassicurati davanti all’odio, servono alla Francia e all’Europa per ritrovare l’unità di fronte alla violenza. Per credere che ci siano più Lassana Bathily o Ahmed Merabet rispetto a uomini intrisi di rabbia omicida come Amedy Coulibaly o i fratelli Cherif e Said Kouachi. Perché l’eroe Bathily, ventiquattrenne musulmano di origini malesi, è la risposta al fanatismo islamico e antisemita di Coulibaly, l’uomo che venerdì scorso è entrato in un supermarket kasher di Parigi e ha ucciso quattro persone. Il terrorista che in nome di una presunta fede ha assassinato quattro ebrei perché ebrei. All’odio di Coulibany ha infatti risposto Lassana, proteggendo alcuni clienti in fuga dalla follia del terrorista e nascondendoli in una cella frigorifera del supermarket. Un gesto istintivo e immediato, racconta il giovane malese che del market kasher è uno dei dipendenti. Un gesto salutato dal mondo democratico come un atto di eroismo, come un segno che la società multiculturale ha ancora un futuro. Lassana è il simbolo di una barriera possibile contro l’antisemitismo dei fondamentalisti islamici. Così come Ahmed Merabet sarà ricordato come un simbolo della difesa della libertà di espressione. #Jesuisahmedmerabet è l’hashtag che corre sulla rete per ricordarlo: Ahmed è il poliziotto intervenuto per fermare i fratelli Cherif e Said Kouachi, gli assassini di Charlie Hebdo, poco dopo che i due avevano compiuto la strage all’interno della redazione del giornale satirico parigino. “Mio fratello era musulmano ed è stato ucciso da persone che dicono di essere musulmane. Ma sono terroristi, niente di più”, ha dichiarato ieri tra le lacrime il fratello di Ahmed, Malek Merabet. 42 anni, poliziotto di quartiere, membro della brigata Vtt del commissariato del XIesimo arrondissement di Parigi, Ahmed pattugliava in bicicletta le strade del suo quartiere. Mercoledì era intervenuto davanti alla redazione di Charlie Hebdo per fermare la follia omicida dei fratelli Kouachi. “Io non sono Charlie. Io sono Ahmed, il poliziotto morto. Charlie ridicolizzava la mia fede e la mia cultura e io sono morto per difendere il suo diritto di farlo”, le aspre parole di uno scrittore libanese, Dyab Abou Jahjah, in risposta al motto di solidarietà verso la rivista satirica francese diffusosi in tutto il mondo, ovvero Je Suis Charlie. In ogni caso Ahmed è un eroe. La sua vita è finita sul marciapiede di Boulevard Richard Lenoir, sul retro della redazione di Charlie Hebdo. Ferito e poi freddato dai terroristi con un colpo alla testa. La Francia non vuole dimenticare il suo nome. Così come quello di Lassana, la cui storia è emersa solo in un secondo momento, dopo le ore concitate della strage al supermarket ebraico di Porte de Vincennes. Durante la strage il giovane maliano ha avuto il coraggio e la freddezza di proteggere alcuni clienti nella cella frigorifera sotterranea del negozio mentre Amedy Coulibaly seminava sangue e terrore al piano terra. “Sono sceso nella cella frigorifera, ho aperto la porta, diverse persone sono entrate con me. Ho spento la luce e il congelatore. Li ho messi dentro, poi ho detto: Voi state calmi, io esco”, racconta Lassana, di origini maliane, intervistato da BFM-TV. Il ragazzo ha quindi avuto l’idea di «uscire dal montacarichi e scappare all’esterno”. “Ma gli altri – racconta – hanno avuto paura e non hanno voluto”. Una volta salvo, fuori dal supermarket del terrore, un’altra azione meritevole: la consegna delle chiavi della saracinesca di ferro alle forze speciali del Raid. Un gesto che ha facilitato il buon esito del blitz.
Ahmed e Lassana storie di eroi normali di cui l’Europa, e non solo, ha bisogno.
d.r.