Qui Parigi – “L’unità la nostra forza”

hollande netanyahu sinagoga parigiFrederic Boisseau, Philippe Braham, Frank Brinsolaro, Jean Cabut, Elsa Cayat, Yohan Cohen, Yoav Hattab, Philippe Honoré, Clarissa Jean-Philippe, Ahmed Marabet, Bernard Maris, Mustapha Ourad, Michel Renaud, Francois Saade, Bernard Verlhac, Georges Wolinski. Sono i nomi delle 17 vittime cadute a Parigi per mano del fanatismo, dell’odio antisemita, dell’oppressione della libertà di pensiero. Sono i nomi risuonati nella Grande Synagogue di rue de la Victoire di Parigi, nel corso della cerimonia in loro onore, a conclusione della straordinaria marcia in difesa dei valori democratici e repubblicani andata in scena ieri nella Capitale francese. “Nelle strade di Parigi, c’ero, c’eravamo tutti. Abbiamo visto che questa è la Francia – ha dichiarato il Gran Rabbino di Francia rav Haim Korsia nel suo intervento al Tempio Maggiore, alla presenza del presidente francese Francois Hollande e del primo ministro di Israele Benjamin Netanyahu – Un luogo in cui se incrociavamo qualcuno sorrideva, non c’era nessuno di scontroso, nessuno di triste”. “Ci è voluta la morte di diciassette persone per arrivare a questo”, le parole di rav Korsia, piene di amarezza ma rivolte con fiducia al futuro. “La Francia – ha sottolineato il rav – ha ritrovato oggi 11 gennaio i valori che l’hanno resa faro del mondo”. E in questa Francia l’ebraismo transalpino si riconosce come dimostra lo spontaneo canto della Marsigliese, intonato dal pubblico presente in sinagoga dopo il saluto del premier israeliano Netanyahu, ricevuto da grande applauso. Poco dopo l’ovazione per quel “Am Israel chai! Am Israel chai!” scandito due volte da Netanyahu, qualcuno ha iniziato a cantare l’inno nazionale francese, si sono aggiunte le voci di tutti, fino a diventare un coro unico. Siamo ebrei, siamo francesi e amiamo Israele ha ribadito ieri al mondo l’ebraismo transalpino. “Oggi la Francia era per le strade, tutta la Francia… e anche gli ebrei di Francia erano per le strade – ha spiegato con calore Joel Mergui, presidente del Consistoire central israélite de France – per difendere la libertà di espressione, per difendere Charlie Hebdo, per difendere la democrazia… perché il popolo ebraico è la democrazia”. “Non c’è differenza tra chi ci uccide a Tolosa, Parigi, Bruxelles o a Gerusalemme: sono animati dallo stesso odio – ha continuato Mergui, ricordando gli attentati di matrice islamica perpetrati in Francia, in Belgio e in Israele nel recente passato – Non voglio più sentir dire che noi ebrei francesi abbiamo paura; continueremo a portare la kippah in testa, continueremo a mangiare kasher. Dobbiamo essere fieri di essere ebrei, di essere francesi e di vivere nella Democrazia”. Sul parallelismo tra i diversi attacchi che hanno ferito Europa e Israele si è soffermato anche Netanyahu, accolto da grida festanti che chiamavano “Bibi, Bibi”. “Coloro che hanno ucciso ebrei in sinagoga a Gerusalemme, coloro che hanno ucciso ebrei e giornalisti a Parigi sono parte dello stesso movimento terroristico globale. Dobbiamo condannarli e combatterli”, ha dichiarato Netanyahu, ricordando che il “nostro nemico è l’Islam radicale”, non l’Islam in sé, sottolineando l’eroico coraggio di Lassana Bathily, il dipendete musulmano del supermarket casher che ha aiutato alcuni clienti a salvarsi dalla strage. Poi l’invito all’Europa a procedere unita e a schierarsi al fianco di Israele nella lotta al terrorismo. E su Israele Netanyahu è tornato a ribadire come sia “la casa per tutti gli ebrei”. “Gli ebrei hanno diritto di vivere in sicurezza dove vogliono, ma sanno che oggi hanno un’opportunità che prima non avevano, di vivere liberamente nell’unico Stato ebraico, nello Stato di Israele”. Un’affermazione che vuole stemperare i toni di una polemica nata dall’invito in questi giorni da parte del premier israeliano agli ebrei d’Europa di trasferirsi in Israele in risposta all’antisemitismo crescente. Sul punto è stata chiesta un’opinione a Moshe Sebbag, rabbino della Grande Synagogue di Parigi, intervistato dall’emittente Franceinfo. “Il nostro posto è in Francia – ha dichiarato rav Sebbag – Assolutamente. Se volete vedere la nostra fedeltà, basta la preghiera per la Repubblica pronunciata tutti i sabati in sinagoga. Il nostro amore, la nostra storia, la nostra cultura, non c’è alcun dubbio che la Francia sia casa”. “Naturalmente sappiamo molto bene quale sia la storia ebraica – la riflessione del rav – non si può negare la storia, sappiamo bene che siamo stati esiliati dopo la distruzione del Secondo Tempio, sappiamo bene che abbiamo questa speranza, questo sogno della terra d’Israele”. Il rav poi si sofferma sulle inquietudini condivise da tutto l’ebraismo francese per il crescere dell’antisemitismo nel paese, con le stragi di Parigi e Tolosa ben impresse nella memoria. “Avevamo bisogno di essere rassicurati – dice il rav – il primo ministro Manuel Valls ci ha rassicurato, il presidente della Repubblica Francois Hollande ci ha rassicurato, il ministro dell’interno Bernard Cazeneuve ci ha rassicurati. Penso che oggi (ieri ndr), dopo questa serata, possiamo dirci molto più forti, con molta più speranza e sappiamo bene che casa nostra è la Francia”.

Daniel Reichel
ha collaborato Francesca Matalon

(12 gennaio 2014)